di Michele Faleschini
“L’Europa è da tempo in prima linea nella lotta contro il cambiamento climatico e nella promozione di un uso responsabile delle limitate risorse del pianeta. Ma è necessario fare di più. Una delle sfide che ci attendono consiste nel far passare la nostra economia da un modello “lineare” a uno “circolare”. Molte risorse naturali non sono inesauribili. Pertanto è necessario cambiare la mentalità “prendi, costruisci, usa e butta via”, che pervade gran parte della nostra economia”. Così scriveva Frans Timmermans, vicepresidente della Commissione Europea a margine dei negoziati della Cop21 di Parigi, dello scorso dicembre.
Un modello circolare prevede che il valore dei prodotti e dei materiali si mantenga il più a lungo possibile, che i rifiuti e l’uso delle risorse siano minimizzati e che le risorse vengano mantenute nell’economia quando un prodotto ha raggiunto la fine del suo ciclo vitale, al fine di riutilizzarlo più volte e creare ulteriore valore.
In Europa è da parecchi anni che ci si impegna per l’attuazione di un modello economico di questo tipo, ma finora i risultati non sono stati quelli voluti. Anche per questo è stato da poco adottato dalla Commissione europea un nuovo pacchetto di misure che, secondo la visione – certamente ottimistica – delle istituzioni europee, potrà incentivare la transizione dell’Europa verso un’economia circolare, che ne rafforzerà la competitività a livello mondiale e stimolerà la crescita economica sostenibile e la creazione di nuovi posti di lavoro.
Tra i primi traguardi raggiungibili c’è sicuramente quello di una maggiore autosufficienza relativamente alle materie prime: già oggi il consumo di una quota compresa tra il 6 e il 12% di materia – combustibili fossili compresi – è attualmente evitata grazie al riciclo e al riuso. Percentuali che possono arrivare con i giusti sforzi fino al 10-17%, dando un taglio di quasi un quarto all’import di materie prime entro il 2030.
Tra le novità maggiori si segnalano delle proposte legislative sui rifiuti. Secondo i dati della Commissione, attualmente in Europa vengono persi circa 600 milioni di tonnellate l’anno di materiali contenuti nei rifiuti che potrebbero essere potenzialmente riciclati o riutilizzati. Solo circa il 40% dei rifiuti generati dalle famiglie nell’UE è riciclato, con tassi di riciclaggio che vanno dal 5% fino all’80%, a seconda delle zone (in Italia, la raccolta differenziata è arrivata lo scorso anno al 45,2%, un valore molto inferiore all’obiettivo del 65% che la legge prevedeva già per il 2012).
Secondo i piani della Commissione, l’obiettivo è quello di riciclare il 65% dei rifiuti urbani entro il 2030 (e il 75% dei rifiuti di imballaggio) e di fissare un obiettivo vincolante di collocamento in discarica per ridurre tale pratica al massimo al 10% di tutti i rifiuti entro lo stesso termine. Inoltre si intende rafforzare la collaborazione con gli Stati membri per migliorare concretamente la gestione dei rifiuti, semplificare e migliorare le definizioni della terminologia relativa ai rifiuti e armonizzare i metodi di calcolo ed infine proporre criteri minimi relativi a un regime di responsabilità estesa del produttore, che preveda di ricompensare i produttori che commercializzano prodotti più verdi e ne incoraggiano il recupero e il riciclaggio alla fine del ciclo di vita.
Inoltre, al fine di fermare le spedizioni illegali di rifiuti verso paesi non UE, gli Stati membri sono tenuti a stabilire piani di ispezione entro gennaio 2017 per determinare il numero minimo di ispezioni da svolgere.
La Commissione mette sul piatto finanziamenti per oltre 650 milioni di euro provenienti da Orizzonte 2020 – un programma di finanziamento per la ricerca e l’innovazione – e per 5,5 miliardi di euro dai fondi strutturali.
Sono previste altresì misure nell’ambito del piano di lavoro 2015-2017 sulla progettazione ecocompatibile per promuovere la riparabilità, longevità e riciclabilità dei prodotti, oltre che l’efficienza energetica. Citando nuovamente Timmermans, non si può accettare” che i prodotti siano progettati per rompersi immediatamente dopo la scadenza della garanzia”.
Dopo l’annuncio di queste misure, nonostante l’intenzione ferma ed evidente della Commissione di accelerare su questo percorso, non sono mancate le polemiche. In Parlamento europeo, c’è chi ha ritenuto inadeguate e insufficienti le proposte: Simona Bonafè, europarlamentare della commissione Ambiente (Envi) e relatrice del nuovo pacchetto attualmente in esame al Parlamento europeo, le giudica “deboli”, sottolineando come si debba porre rimedio alle criticità, tra cui quella di non includere la fase di progettazione dei prodotti nel progetto di economia circolare. Secondo l’eurodeputata italiana, l’anello debole del pacchetto sull’economia circolare “è la prevenzione”. Sulla riduzione dei rifiuti a monte, prosegue, “è previsto troppo poco, generiche azioni non vincolanti” che rappresentano “un punto di debolezza”. Inoltre, denuncia, “non è previsto niente sullo spreco di cibo”, se non “una generica affermazione”.
Se quindi non si può bollare di certo la proposta fatta dalla Commissione come scadente, occorre tuttavia una presa di posizione più netta a favore di uno sviluppo in ogni ambito possibile dell’economia circolare. Le discussioni che seguiranno a Bruxelles nei prossimi mesi saranno fondamentali per comprendere da quale parte l’Europa si stia muovendo, se verso un progetto ambizioso e solido oppure un surrogato fatto più di annunci che di misure concrete.
Fonte: sconfinare.net
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