di Tonia Mastrobuoni
Con quegli occhi tristi e la sobrietà semi-penitenziale, John Cryan sembrava l'Enrico Bondi dei tedeschi, sette mesi fa. Approdato d'estate ai vertici della Deutsche Bank, si era messo le mani nei radi capelli e aveva cominciato a rivoltare un colosso uscito con i piedi di argilla da anni di scandali giganteschi e gestioni spericolate. Ma dinanzi all'attuale ecatombe sui listini - metà del valore bruciato in un anno, da oltre 40 a meno di 20 miliardi di euro - forse Cryan ha promesso "too little, too late", come amano dire gli anglosassoni. Troppo poco e troppo tardi.
Sicuramente, il titolo sconta in questi giorni un'isterìa che ha investito ormai tutti i mercati finanziari e non risparmia neanche una banca che sulla carta ha ancora un margine di serenità elevato, con riserve di liquidità che superano i 220 miliardi di euro. Anche la patrimonializzazione, pur non essendo entusiasmante, non giustifica la pioggia di vendite cui si è assistito soprattutto da lunedì. Tuttavia, è anche vero che alcune incognite pesano sui bilanci e mettono in ombra la liquidità o i cuscinetti anti crisi. A fronte di un quinto del bilancio costituito da investimenti immobiliari e prestiti alle imprese tedesche, gli analisti guardano con preoccupazione a un terzo abbondante di bilancio investito in derivati e generiche "altre" esposizioni.
Inoltre, il coinvolgimento in innumerevoli scandali - dalla manipolazione del tasso Libor, a quella dell'oro e delle valute, dalle operazioni altrettanto dubbie su oro e argento al sospetto di evasione fiscale, dal riciclaggio all'aggiramento delle sanzioni in Russia - è costata già oltre 12 miliardi di euro alla banca tedesca, negli ultimi tre anni. E i guai giudiziari sono lunghi dall'essere finiti. Cryan ha rassicurato nei giorni scorsi i mercati sostenendo di avere accantonato abbastanza liquidità per far fronte ai contenziosi futuri. Ma ad elencarli, fanno impressione. E ai tedeschi che commentano con orrore i tonfi e le malefatte delle banche italiane di questo periodo bisognerebbe ricordare ogni tanto il numero di volte che l'ammiraglia del sistema creditizio tedesco è finita sulle prime pagine dei giornali.
Cryan non subisce solo gli umori del momento di un quadro finanziario sovraeccitato. Paga anche, in estrema sintesi, la scelta di aver cominciato a rivoluzionare il più importante istituto di credito della Germania senza avergli ancora offerto un orizzonte chiaro. Ha promesso una seria razionalizzazione ed è stato trasparente in ogni passaggio. Ridurrà di un quarto i dipendenti, si ritirerà da dieci mercati esteri - tra cui la Russia dov'era coinvolta in vari scandali - e azzererà i dividendi per anni, finché la banca non ricomincerà a respirare. Ma se il suo rigorosissimo programma di austerità rimpicciolisce un istituto che in questi ultimi vent'anni aveva cercato di gonfiarsi a dismisura scimmiottando i colossi americani, il manager britannico non ha offerto prospettive solide di rilancio e di redditività. Non ancora, almeno. Per la prima volta dal 2008, Deutsche Bank ha archiviato un bilancio con una pesantissima perdita: 6,8 miliardi, Quanto il clima sia elettrico attorno a Francoforte lo dimostrano anche i cosiddetti credit default swap, le assicurazioni sui fallimenti, che martedì sono arrivati a costare quanto nei momenti più acuti della Grande crisi. Dinanzi al crollo del titolo di lunedì, poi, Cryan ha scelto una strategia che sembra aver aumentato la diffidenza degli investitori. Dopo un pesantissimo capitombolo in Borsa, l'ad ha scritto una lettera ai dipendenti definendo Deutsche Bank "solida come una roccia" e dettagliando poche ore dopo in una nota tutte le risorse a disposizione per gli impegni futuri: 4,3 miliardi per le cedole del 2017 e 350 milioni per una in scadenza ad aprile che aveva già innervosito i mercati. Il manager starebbe addirittura pensando, secondo un'indiscrezione rimbalzata sul Financial Times, di ricomprarsi del debito per frenare l'emorragia in Borsa. Ma agli investitori in fuga dal titolo, evidentemente, non basta che Cryan fletta il bicipite. O che il ministro delle Finanze, Wolfgang Schaeuble, scenda in campo sostenendo di non essere preoccupato. Ha scritto ieri la Frankfurter Allgemeine Zeitung: "Cosa si deve pensare di una banca che è costretta a promettere ai clienti e agli investitori di essere in grado di ripagare i debiti? Quanto è solida una banca che ha distrutto un terzo
del valore dei suoi azionisti in un mese, e metà in un anno? Non sono più soltanto i clienti di un paio di banche greche che si stanno facendo queste domande toste, ma i clienti di Deutsche Bank". E la sfida è trovare banche greche coinvolte in altrettanti scandali.
Fonte: La Repubblica
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