di Andrea Pertici
Il testo di revisione costituzionale che procede verso l’approvazione definitiva da parte delle Camere non è stato praticamente mai discusso nel merito. L’obiettivo da porsi, anche in vista del referendum, è anzitutto quello di spiegarne i contenuti, perché i cittadini, finora totalmente esclusi (di questa riforma non parlava neppure nessun programma elettorale), possano pronunciarsi in modo consapevole.
E quindi bisogna chiederci: a cosa serve questa riforma?
Risolve davvero i problemi di funzionamento delle istituzioni che da alcuni anni sono emersi? Riduce davvero i costi della politica? E, in definitiva, poiché il cuore di tutto l’impianto è la eliminazione dell’elezione a suffragio universale dei senatori: era davvero tutta colpa del Senato?
Risolve davvero i problemi di funzionamento delle istituzioni che da alcuni anni sono emersi? Riduce davvero i costi della politica? E, in definitiva, poiché il cuore di tutto l’impianto è la eliminazione dell’elezione a suffragio universale dei senatori: era davvero tutta colpa del Senato?
Per rispondere a queste domande è necessario guardare dentro la riforma e offrire un’alternativa.
Vogliamo partire proprio recuperando in sede pubblica quel dibattito che non si è svolto durante la fase di approvazione parlamentare, in vista del voto dei cittadini nel referendum oppositivo: lo strumento che la Costituzione offre alle minoranze per contrastare, oltre la sede rappresentativa, la sua revisione. E che, invece, in totale frode all’articolo 138, il governo vorrebbe trasformare in un voto sul governo, in un plebiscito.
Emergeranno così i punti più discutibili della riforma: la bizzarra composizione del Senato, non più eletto dai cittadini; l’affastellamento di funzioni incerte per la seconda Camera; il sempre più macchinoso procedimento legislativo (reso più complesso anziché semplificato); la mancata valorizzazione degli istituti di partecipazione popolare; l’indebolimento delle autonomie territoriali e delle funzioni di garanzia.
Tutte ragioni che spingono a dire NO a questa riforma ma anche a lavorare da subito insieme – con i cittadini, da rendere protagonisti, come nella fase costituente – per un’alternativa che risponda alle necessità che realmente si pongono: una riduzione del numero dei parlamentari in entrambe le Camere (collegata a una riduzione delle indennità, con risparmi reali, e al superamento di immunità espressione di una stagione passata), un superamento del bicameralismo paritario, che mantenga un procedimento legislativo ordinato e anzi più efficiente, un aumento di poteri di controllo dei cittadini – attraverso i propri rappresentanti (realmente eletti) – sul governo; una valorizzazione e responsabilizzazione delle autonomie; un rafforzamento dei poteri di garanzia (da separare dalla politica). E questo sempre tenendo presente che le difficoltà istituzionali dell’Italia sono legate più che alle previsioni costituzionali alsistema dei partiti e alla incapacità di questi ultimi di rappresentare quello strumento di partecipazione alla determinazione della politica nazionale previsto all’articolo 49 della Costituzione. In questo senso servirebbe una legge sui partiti politici, una nuova legge sulla partecipazione popolare, una diversa legge elettorale (per entrambe le Camere).
Si tratta di proposte che sono state al centro delle iniziative di Possibile sin dalla sua fondazione (e che prima erano state portate avanti da Civati e gli altri parlamentari poi riconosciutisi nel movimento). Da queste nascevano i referendum per l’abrogazione dell’Italicum proposti la scorsa estate e che avrebbero fatto saltare quello che è ormai comunemente definito il “combinato disposto” tra la revisione costituzionale e il sistema elettorale, per togliere peso e voce ai cittadini.
L’impegno soltanto più recente di altre associazioni e movimenti per evitare che questo accada pone adesso al centro dell’attenzione la riforma costituzionale, che, per come formulata, rappresenta la perdita di un’occasione, finendo per non risolvere le questioni aperte. Ed è proprio per recuperare un’occasione altrimenti perduta che è necessario mettere da parte questa revisione (attraverso un “no” al referendum) e presentare insieme, con il contributo di tutti, con un dibattito che parte proprio domenica a Firenze, un’alternativa. Una riforma capace di restituire davvero la sovranità al popolo. Dal “NO” al “NOi” per la Costituzione.
Fonte: Possibile
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