La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

venerdì 12 febbraio 2016

La salute come merce






di Giovanna Cambiano
La crisi economica imperante, è la causa della crescente difficoltà dei ceti più svantaggiati a far fronte ai costi per la salute. Anche grazie ai tagli relativi alla santità, che hanno come conseguenza il fatto di dover sborsare somme ingenti per i tiket imposti su viste mediche, diagnostica e farmaci, molte persone smettono di curarsi, e in casi di estrema necessità devono rivolgersi ad associazioni per ricevere sostegno. In base ad un recente rapporto dell’Osservatorio sulla Donazione dei farmaci del Banco Farmaceutico nel 2015, la richiesta da parte degli enti caritativi che ogni giorno aiutano anziani, famiglie italiane e immigrati in difficoltà è cresciuta del 6,4%, passando’ dalle 818 mila confezioni di medicinali richieste nel 2014, alle 870.352 del 2015.
Gli italiani in difficoltà sono in aumento, il numero complessivo di persone (405.423) che non possono acquistare un farmaco sono 182.400, contro i 179 mila del 2015 (+1,9%), anche se gli stranieri restano maggioritari 222.982 (55%), contro i 230 mila dell’anno passato. In particolare, tra gli italiani sono gli adulti tra i 18 e i 64 anni i maggiori beneficiari dei farmaci (58,2%), seguiti dagli over 65 (23,6%) e dai minori da 0 a 17 anni (18,2%)”.
Resta bassa la spesa sanitaria per le fasce più indigenti, è di soli 69 euro (-8%). Ciò significa che se nelle famiglie non povere si destina il 3,8% del budget domestico per curarsi, in quelle povere si scende all’1,8%. All’interno di questa spesa, 52 euro annui pro capite sono dedicati all’acquisto di farmaci. Se ogni individuo povero spende 52 euro in medicinali (-2,1% rispetto all’anno precedente), in media gli italiani ne spendono 206,20 (+2,7). Il 3,9% degli italiani ha rinunciato ad acquistare farmaci necessari a causa di motivazioni economiche.
Il dato più drammatico è che la povertà delle famiglie ricade in particolare sui bambini che qualora necessitino di cure non accessibili, vedono fortemente a rischio la possibilità di accesso a farmaci e servizi sanitari.
Recentemente il Governo ha varato un piano di sostegno alla povertà, questo potrebbe apparire come un allineamento dell’Italia ad altri paesi europei che hanno una rete di protezione per le fasce più disagiate; in realtà nel nostro caso si tratterebbe di un numero esiguo di persone che riceverebbero un sostegno minimo. Infatti sono 800 milioni di euro per il 2016 subordinati ad assegno di disoccupazione, e le persone aventi diritto ad un sussidio sarebbero solo 280 mila di quelle che sono circa 1.470.000 famiglie in povertà assoluta, la metà delle quali sono minori. In realtà la metà dei minori in povertà assoluta non riceverà alcun sostegno economico.
In ogni caso il sussidio sarà così esiguo da non coprire nemmeno il gap tra il reddito della famiglia e la bassissima soglia necessaria per ottenerlo, si è quindi ridotto il numero dei potenziali beneficiari definendo una soglia di Isee di 3 mila euro. La cosa si commenta da se, del resto è stato più propagandistico eliminare la Tasi sulla prima abitazione, cosa che sulla povertà non inciderà minimamente, cosa che certamente toglie fondi destinati agli indigenti; per non parlare degli sprechi come i 500 euro ai diciottenni, che sarebbero potuti confluire su sostegni sanitari a chi non riesce più a curarsi, ma del resto è in atto una propaganda che decanta la ripresa economica, e l’inesistenza della povertà crescente.
Questo è certamente funzionale a non farsi carico dei problemi delle sempre più numerose persone che per motivi vari si ritrova nella fascia degli indigenti. Si consideri che gli 80 euro di detrazione fiscale per i lavoratori dipendenti a basso reddito, ma fiscalmente capienti, costano più del doppio di quanto stimato necessario per coprire tutta la platea dei poveri assoluti.

Fonte: Caratteri liberi

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