di Leonardo Clausi
Dopo due scioperi in due mesi, di cui l’ultimo mercoledì, varie manifestazioni di protesta e la cancellazione di 6.000 interventi chirurgici, sul rinnovo di un contratto di lavoro i cui termini attuali risalgono agli anni Novanta, è muro contro muro fra governo e circa 45.000 giovani medici inglesi (junior doctors).
Una situazione esacerbata giovedì dalla decisione del ministro della sanità Jeremy Hunt di imporlo legalmente dopo il reiterato rifiuto della categoria, che non incrociava le braccia dagli anni Ottanta.
Il contendere tra i medici in tirocinio negli ospedali — un periodo che dura circa un decennio dopo la laurea — e il ministro verte soprattutto sulla decisione governativa di estendere il servizio sanitario al weekend, così come da manifesto programmatico del partito conservatore, che aveva promesso in campagna elettorale una sanità operativa sette giorni su sette. Secondo i nuovi termini, che dovrebbero entrare in vigore dal prossimo primo agosto, da un punto di vista retributivo la giornata lavorativa di un sabato su quattro diventerebbe feriale, escludendo dunque l’attuale percezione di straordinari da parte dei tirocinanti per il lavoro effettuato dopo le sette di sera infrasettimanali e la domenica. Una proposta cui la British Medical Association (Bma), l’organo rappresentativo della categoria, ha opposto un netto rifiuto.
Per ammorbidire la resistenza dei medici, il governo ha dunque proposto di intensificare le pene pecuniarie inflitte a ciascun ospedale — qui organizzati in trust semiprivati — che imponesse troppe ore di lavoro a una categoria già sotto enorme pressione per volume e durata della giornata lavorativa. Ma mitigata o no, questa misura — che va peraltro ad aggiungersi all’estensione dell’orario alle nove di sera dei giorni feriali — i medici non la digeriscono affatto: si sono rifiutati di negoziare con gli amministratori del National Health Service e hanno tacciato Hunt di essere un bugiardo.
Dal canto suo, il ministro si è più di una volta sottratto al confronto diretto, rifiutandosi di rispondere direttamente alle domande rivoltegli più volte dai medici davanti a microfoni e telecamere.
Ha invece preferito giocare la carta della fermezza, imponendo unilateralmente il contratto, nonostante la mossa desti più di una perplessità anche tra le fila del governo. E innescando così la possibilità di altri scioperi da parte della Bma, che sulla questione degli straordinari non arretra di un passo.
Benché l’agitazione riguardi solo l’Inghilterra — Galles e Scozia non hanno in vista il rinnovo — si tratta di un momento particolarmente delicato per il primo servizio sanitario pubblico europeo del secondo dopoguerra, sulla cui progressiva privatizzazione, avallata dai precedenti governi laburisti e accelerata da quello conservatore in carica, infuria il dibattito.
Di fronte a un simile taglio della retribuzione la categoria dei medici, già afflitta da croniche carenze d’organico, rischia infatti la decimazione. In molti, già usciti indebitati fino al collo dall’università, potrebbero decidere di abbandonare del tutto la professione. O di migrare, se non in Galles e Scozia, addirittura in Australia e Nuova Zelanda. Anche per questo, unitamente al forte attaccamento nazionale all’idea di un servizio sanitario pubblico, celebrato in pompa magna dalla cerimonia di apertura dei giochi olimpici del 2012 a firma Danny Boyle, i giovani medici godono dell’appoggio dell’opinione pubblica, con i sondaggi che mostrano un favore diffuso nei confronti della protesta. Tanto che una raccolta di firme in loro favore ha totalizzato in breve tempo 70000 adesioni.
Fonte: il manifesto
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