Come annunciato durante la conferenza di Blockupy domenica, Yanis Varoufakis ha lanciato il suo movimento europeo DIEM (Democracy in Europe Movement) dal Volksbuhne a Berlino. Tra i presenti diverse personalità del mondo partitico e sindacale di tutto il continente, ma anche attivisti delle organizzazioni di movimento, prime tra tutte coloro che compongono Blockupy.
Nonostante tutti i ragionevoli dubbi espressi già da qualche settimana da una lettera inviata all’ex Ministro delle Finanze greco da un attivista, ripresi dagli interventi alla conferenza di domenica e nell’intervista che abbiamo condotto, i militanti dei movimenti hanno fatto un intervento dal palco del famoso teatro simbolo della sinistra tedesca.
Certamente l’intervento da parte della coalizione Blockupy non voleva trovare compatibilità a priori, tantomeno battezzare una convergenza di prospettive politiche successive ad un’iniziale fase di discussione o interlocuzione. La consegna di uno degli ormai famosi passamontagna arcobaleno ha voluto dire tutt'altro. Dal microfono del teatro Anna Stiede (Interventionistische Linke) parla molto chiaro: se DIEM vuole essere una piattaforma di movimento e avere interazioni con questo, non può evitare di parlare con coloro che negli ultimi anni hanno animato le piazze di Francoforte coinvolgendo i cittadini europei; non è possibile bypassare questo piano, soprattutto se si propone un approccio “dal basso” invece che il solito cartello di rappresentanza “dall’alto”.
Certamente l’intervento da parte della coalizione Blockupy non voleva trovare compatibilità a priori, tantomeno battezzare una convergenza di prospettive politiche successive ad un’iniziale fase di discussione o interlocuzione. La consegna di uno degli ormai famosi passamontagna arcobaleno ha voluto dire tutt'altro. Dal microfono del teatro Anna Stiede (Interventionistische Linke) parla molto chiaro: se DIEM vuole essere una piattaforma di movimento e avere interazioni con questo, non può evitare di parlare con coloro che negli ultimi anni hanno animato le piazze di Francoforte coinvolgendo i cittadini europei; non è possibile bypassare questo piano, soprattutto se si propone un approccio “dal basso” invece che il solito cartello di rappresentanza “dall’alto”.
“Non abbiamo bisogno della classica politica dei programmi. Più che continuare a dare rappresentanza politica, abbiamo bisogno di creare spazi veri e forme politiche nuove dal basso. A partire da noi”, scandisce bene Anna. Proprio qui sta il punto che non può essere subordinato ad alcuna tattica di convenienza. Fare la somma di tutte le forze politiche, sindacali, della società civile in Europa nella speranza di convogliare il consenso dell’opinione di sinistra non è, appunto, tanto più che fare una fotografia. Una fotografia che rischia di sbiadirsi presto nel caso in cui dovesse servire per conquistarsi democraticamente la Commissione Europea, il Consiglio o l’Eurogruppo. Affermare con forza che c’è la necessità di creare nuovi presupposti per spazi politici inediti significa non limitarsi a prendere in mano un obiettivo che si rivolge ad una realtà data, ma trasformare quella realtà, rompere le basi sociali che ancora legittimano l’estremismo di centro oppure diventano oggetto dei movimenti reazionari e xenofobi. E la forma di questo cambiamento non può assumere vecchi modelli degli istituti della rappresentanza moderna, che trovano dei limiti di governo in un paradigma di governance e in un qualche modo sono opposti ad una pratica radicale della democrazia; quella che hanno messo in atto quotidianamente i movimenti nella costruzione dei processi di mobilitazione europei e nella costanza dell’intervento nei territori, mai in contraddizione con la proposta politica sul piano transnazionale. “Come trasformiamo il nostro modo di far politica?”, riassume in poche parole Anna.
E’ vero che, come dice Varoufakis, senza democrazia l’Europa collasserà, e con sé l’intero progetto politico. Proprio per questo l’innovazione resta imprescindibile, in particolare in un periodo di forti cambiamenti europei che ne mettono in questione i fondamenti costituzionali (formali e materiali). Cosa significa democrazia, altrimenti? Per conquistarci il presente, dobbiamo ripensare ad una Costituzione d’Europa che vada nella direzione di ciò che hanno espresso le lotte e renda conto dei loro istituti della decisione – la sfida posta a DIEM si riferisce, evidentemente, a questo. Fare alleanze, anche ibride, non può schiacciarsi sull’affidarsi a chi può “provvedere a fornire una struttura di connessione” tra le esperienze politiche europee di sinistra, perché “le reti di alleanze potenti hanno bisogno di una materialità quotidiana, di ogni giorno. Altrimenti non si può sconfiggere la paura”. Le lotte concrete, qui ed ora, riescono a superare questo stato di assoggettamento; e, senza di queste, la proposta di una piattaforma transnazionale diviene pura astrazione.
Ecco spiegato il passamontagna arcobaleno dato a Varoufakis: simbolo di una lotta che ha sfidato la BCE e il governo poliziesco di Francoforte, bloccandone le arterie; che rappresenta la moltitudine di colori dei differenti percorsi politici di movimento accomunati da un grande sogno: immaginarsi un’Europa fondata sulla libertà, i diritti sociali, la democrazia radicale, l’indipendenza. Questo è l’auspicio affinché – anche se sappiamo che Varoufakis ha “una maschera a gas dai giorni di piazza Syntagma” – non ci si fermi soltanto ai discorsi, ma si riconquistino le strade e le piazze di questa maledetta fortezza Europa, inespugnabile dall’esterno per i migranti e dall’interno per chi la vuole sovvertire. L’ora di tornare per le sue strade non è scaduta. Ci vediamo, intanto, a Berlino questo autunno per occupare la capitale dell’Europa tedesca.
Fonte: Global Project
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