di Teodoro Andreadis Synghellakis
Il messaggio che hanno voluto mandare Alexis Tsipras e Laura Boldrini, dal loro incontro di Atene, è che la questione dei profughi riguarda tutti e ventotto i paesi membri dell’Unione europea, senza eccezioni di sorta. Un problema europeo che deve essere affrontato, quindi, con una strategia comune, e non caricandone il peso solo sulle spalle di Grecia, Italia, Germania o Svezia. Accogliendo la presidente della Camera nel palazzo del governo, Megaron Maximou, il primo ministro greco ha voluto sottolineare che oggi l’Europa si trova in una fase molto delicata e che un elemento che rende la situazione più difficile, è costituita dalle forze di estrema destra che si stanno rafforzando.
Si tratta, quindi, per Tsipras, di «una battaglia politica» e il suo timore è che «se si dovesse continuare a non assumere delle iniziative, ci si potrebbe trovare in condizioni realmente molto difficili».
Da parte sua, Laura Boldrini — che oggi vola a Lesbo per incontrare volontari e popolazione locale che hanno fornito un aiuto esemplare ai migranti — ha dichiarato che «gli europei devono essere fieri per il modo in cui il popolo greco sta affrontando l’emergenza profughi» aggiungendo, però che «siamo parte di una famiglia europea e dovremmo condividere, tutti insieme, le nostre responsabilità».
Il rapporto del leader di Syriza con la presidente della Camera ed ex portavoce dell’ Unhcr per il Sud Europa è stretto, e la loro analisi politica è convergente da molto prima che la sinistra greca salisse al governo. Non è un caso che già nel 2014, nel suo primo viaggio in Italia, Tsipras abbia voluto discutere di crisi economica, Europa sociale e questione migranti con Boldrini.
Un’analisi politica coincidente fatta di toni e concetti molto chiari: «La fine di Schengen o una mini Schengen sarebbe la tomba dell’Ue», ha dichiarato la Presidente, nell’ intervista concessa ieri all’agenzia stampa Athens and Macedonian News Agency. «Non possiamo credere che chiudendo i confini risolveremo un problema, perché in questo modo si creerebbe — al contrario — una serie di problemi molto maggiore», ha aggiunto.
E in un momento in cui la Grecia sta attendendo la conclusione della valutazione dei creditori, sull’attuazione del compromesso firmato nello scorso agosto, per poter poi passare alla fase cruciale della ristrutturazione del debito, non poteva mancare un esplicito riferimento alle politiche economiche seguite sinora dall’Europa. Nel comunicato della presidenza del consiglio greca si sottolinea che nell’incontro di ieri ci si è concentrati anche «sulla necessità che le forze democratiche dell’Europa collaborino contro le politiche di dura austerità e contro la chiusura delle frontiere». Il messaggio appare molto chiaro: un’Unione incapace di affrontare in modo coeso le difficoltà economiche, non saprà mai rispondere in modo realmente solidale alla crisi dei migranti.
In una Grecia che si sente ingiustamente accusata, come capro espiatorio, per la gestione della crisi dei profughi, la visita della presidente della Camera italiana provoca forte interesse. È anche un riconoscimento del lavoro fatto da Tsipras, del suo essere riuscito a mettere al centro del dibattito politico europeo la constatazione che questa austerity crea solo macerie, dal punto di vista sociale e dell’occupazione. «Vado a Lesbo per portare un regalo alla signora 85enne che ha nutrito con del latte un neonato appena sbarcato. Questa donna ha salvato e onorato i valori europei», ha detto Boldrini, suscitando, nei greci, grande partecipazione emotiva.
E mentre si cercano soluzioni dignitose per i profughi, gli agricoltori greci continuano le loro mobilitazioni: ieri hanno manifestato nella capitale, piantando le loro tende anche davanti al parlamento, in Piazza Syntagma, per protestare contro l’aumento dei contributi previdenziali e la riforma del sistema fiscale.
Non sono mancati momenti di forte tensione, con un gruppo di coltivatori cretesi che ha fatto uso di pietre, bastoni di legno, mattoni e fumogeni. La polizia è ricorsa all’uso di lacrimogeni e l’unica nota positiva, se così si può dire, è che non ci sono stati feriti.
Il governo chiede agli agricoltori di tornare al tavolo, ma i sindacati chiedono che sia ritirato il progetto di riforma del sistema previdenziale. Un’impasse da cui, per ora, non sembra facile uscire, visto anche il tentativo delle forze conservatrici di strumentalizzare parte della protesta per indebolire l’esecutivo.
Fonte: il manifesto
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