di Maya Evans
Questo mese, le autorità francesi (appoggiate e finanziate dal governo del Regno Unito per un totale di 62 milioni di sterline) [1], hanno demolito la ‘Giungla’, un desolato terreno tossico ai margini di Calais. In precedenza sede di una discarica di 4 km quadrati, è ora popolato da circa 5.000 rifugiati che durante l’anno scorso sono stati radunati lì. La Giungla è costituita da un’impressionante comunità di 15 nazionalità che aderiscono a varie fedi religiose, I residenti hanno creato una rete di negozi e ristorantini che, insieme ai ‘bagni turchi’ e ai negozi di barbiere, contribuiscono a una microeconomia all’interno del campo. L’infrastruttura della comunità comprende ora scuole, moschee, chiese e ambulatori.
Gli Afgani, che ammontano approssimativamente a 1000, costituiscono il più vasto gruppo nazionale. Al suo interno ci sono persone di ognuna delle principali etnie presenti in Afghanistan: Pashtun, Hazara, Uzbechi e Tagichi.
La Giungla è un esempio notevole di come persone di nazionalità e di etnie diverse possono vivere insieme in relativa armonia, malgrado avversità oppressive e violazioni dei diritti universali e delle libertà civili. Ogni tanto scoppiano litigi e zuffe che sono però di solito catalizzate dalle autorità francesi o dai contrabbandieri.
La Giungla è un esempio notevole di come persone di nazionalità e di etnie diverse possono vivere insieme in relativa armonia, malgrado avversità oppressive e violazioni dei diritti universali e delle libertà civili. Ogni tanto scoppiano litigi e zuffe che sono però di solito catalizzate dalle autorità francesi o dai contrabbandieri.
All’inizio di questo mese Teresa May ha vinto una battaglia significativa per riprendere i voli che ‘deportano’ gli afgani a Kabul, sulla base del fatto che ora è sicuro ritornare nella capitale afgana. [2]
Proprio tre mesi fa ero seduta nell’ufficio di Kabul dell’organizzazione: ‘Fermate la deportazione in Afghanistan.’ [3]. La luce del sole si riversava attraverso la finestra come melassa, in un appartamento all’attico, con la città di Kabul avvolta nella polvere e estesa come in una cartolina. L’organizzazione è un gruppo di sostegno gestito da Abdul Ghafoor, un afgano nato in Pakistan che ha trascorso 5 anni in Norvegia, solo essere poi ‘deportato’ in Afghanistan, un paese che in precedenza non aveva mai visitato. Ghafoor mi ha parlato di un incontro cui aveva di recente partecipato insieme a ministri del governo e a delle ONG; rideva quando mi descriveva come gli operatori non afgani delle ONG arrivavano al compound protetto, indossando giubbotti antiproiettile ed elmetti di protezione, e tuttavia Kabul è considerato uno spazio sicuro per i rifugiati che ritornano. L’ipocrisia e l’uso di due pesi e due misure sarebbero una battuta se il risultato non fosse così ingiusto. Da una parte abbiamo il personale delle ambasciate straniere che viene aerotrasportato (per ragioni di sicurezza) [4] da elicotteri nella città di Kabul, ed dall’altra vari governi europei che dicono che non c’è rischio per migliaia di rifugiati di ritornare a Kabul.
Nel 2015, la Missione di Assistenza delle Nazioni Unite in Afghanistan ha documentato 11.002 vittime civili (3.545 morti e 7.457 feriti) che superano il precedente dato del 2014 [5].
Essendo stata in visita Kabul 8 volte negli ultimi 5 anni, mi sono resa realmente conto che la sicurezza all’interno della città è diminuita drasticamente. Dato che sono straniera non vado a piedi per più di 5 minuti, le gite in giornata nella bella Valle del Panishir o al lago Qarga sono ora considerate troppo rischiose. Nelle strade di Kabul si dice che i talebani siano sufficientemente forti da prendersi la città, ma che non hanno tempo da perdere con la seccatura di gestire questa azione; nel frattempo, cellule indipendenti dell’ISIS vi hanno stabilito un punto di appoggio [6]. Sento dire regolarmente che in Afghanistan oggi la vita è meno sicura di quanto lo era con i talebani; 14 anni di guerra appoggiata da Stati Uniti e NATO sono stati un disastro.
Tornando alla Giungla, nel nord della Francia, a circa 34 km. dalle Isole Britanniche, circa 1.000 afgani sognano una vita sicura in Gran Bretagna. Alcuni hanno precedentemente vissuto in Gran Bretagna, altri hanno la famiglia nel Regno Unito, molti hanno lavorato con l’esercito britannico o con delle ONG inglesi. Le emozioni vengono manipolate dai contrabbandieri che descrivono le strade della Gran Bretagna come lastricate di oro. Molti rifugiati sono scoraggiati dal trattamento che hanno ricevuto in Francia, dove sono stati soggetti alla brutalità della polizia e agli attacchi di teppisti dell’estrema destra. Per molte ragioni pensano che la migliore occasione di una vita tranquilla sia in Gran Bretagna. La deliberata esclusione dal Regno Unito serve a rendere soltanto più desiderabile questa prospettiva. Certamente il fatto che la Gran Bretagna abbia accettato di prendere soltanto 20.000 rifugiati siriani nei prossimi 5 anni [7] e che in totale il Regno Unito stia accettando 60 rifugiati su 1.000 cittadini locali, che hanno richiesto asilo nel 2015, rispetto alla Germania che ne sta accogliendo 587 [8], ha avvalorato il sogno che la Gran Bretagna è la terra delle possibilità esclusive.
Ho parlato con Sohail, capo della comunità afgana, che mi ha detto: “Amo il mio paese, voglio tornare a vivere là, ma non è sicuro e non abbiamo alcuna opportunità di vita. Guarda tutti le piccole attività commerciali che ci sono qui nella Giungla: abbiamo dei talenti e ci serve soltanto l’opportunità di usarli.” Questa conversazione si svolgeva nel Caffè Kabul, uno dei posti di incontro “alla moda” nella Giungla, appena un giorno prima che l’area venisse data alle fiamme e che tutta la parte sud della strada principale con negozi e ristoranti venisse rasa al suolo. Dopo l’incendio ho parlato con lo stesso capo della comunità afgana. Eravamo in piedi tra i resti della demolizione dove avevamo preso il tè nel Caffè Kabul. E’ profondamente rattristato dalla distruzione. “Perché le autorità ci hanno messo qui, ci hanno permesso di costruirci una vita e poi ce l’hanno distrutta?”
Due settimane fa la parte sud della Giungla è stata demolita: centinaia di ricoveri sono stati bruciati o distrutti dai bulldozer lasciando 3.500 rifugiati senza un luogo dove andare [9]. Le autorità francesi vogliono ora spostarsi nella parte nord del campo allo scopo di assegnare una nuova sistemazione alla maggior parte dei rifugiati dentro dei container bianchi usati per trasporti di merci, molti dei quali sono già installati nella Giungla e che attualmente “ospitano” 1.900 rifugiati. Ogni container dà ricovero a 12 persone, con poca privacy, e le ore di sonno vengono determinate dai vostri ‘compagni di cassa’ e dalle loro abitudini di uso dei cellulari. Ancora più allarmante è il fatto che a un rifugiato si chieda di registrarsi presso le autorità francesi: questo comporta la registrazione digitale delle impronte digitali: di fatto è il primo passo verso l’asilo forzato in Francia.
Il governo britannico ha coerentemente usato le il Regolamento di Dublino [10] come motivo fondamento legale per non prendersi la sua giusta quota di rifugiati. Questo prescrive che i rifugiati dovrebbero cercare asilo nella prima terra sicura in cui sbarcano. Tuttavia quel regolamento è ora semplicemente inattuabile. Se fosse applicato in modo appropriato, la Turchia, l’Italia e la Grecia rimarrebbero i soli paesi a dover ospitare milioni di rifugiati.
Molti rifugiati stanno richiedendo un centro di ricovero del Regno Unito all’interno di La Giungla che dia loro la possibilità di iniziare le pratiche per avere asilo in Gran Bretagna. La realtà della situazione è che i campi dei rifugiati come la Giungla non impediscono alle persone di entrare realmente nel Regno Unito. Di fatto questi “golpe” sui diritti umani stanno rafforzando le industrie illegali e dannose come il traffico illegale, la prostituzione e il contrabbando di droga. I campi profughi in Europa stanno diventando un vantaggio per i trafficanti di esseri umani: un afgano mi ha detto che la tariffa attuale per essere portato di nascosto nel Regno Unito è di 10.000 euro [11], dato che il prezzo è raddoppiato nei mesi scorsi. Aprire un centro di asilo per il Regno Unito eliminerebbe anche la violenza che spesso nasce tra gli autisti dei camion e i rifugiati e anche gli incidenti fatali che capitano durante il viaggio per il Regno Unito. E’ assolutamente possibile avere lo stesso numero di rifugiati che entrano nel Regno Unito con mezzi legali rispetto a quello di coloro che vi entrano con i i mezzi che esistono oggi.
La parte sud del campo è ora desolata, bruciata completamente tranne che per poche strutture sociali. Un vento gelido sferza veloce la distesa di terra desolata disseminata di rifiuti. I rottami sbattono nella brezza, una triste combinazione di spazzatura e oggetti personali bruciacchiati. La polizia francese anti sommossa ha usato i gas lacrimogeni, gli idranti e le pallottole di gomma per aiutare la demolizione. Attualmente c’è una situazione di stallo alcune ONG e volontari sono riluttanti a rifare le case e altre costruzioni che potrebbero essere rapidamente demolite dalle autorità francesi.
La Giungla rappresenta un’incredibile ingegnosità umana ed energia imprenditoriale dimostrata dai rifugiati e dai volontari che hanno investito la loro vita per creare una comunità della quale essere fieri; allo stesso tempo è un riflesso sconvolgente e vergognoso del declino dei diritti umani e delle infrastrutture in Europa, dove la gente che scappa per salvarsi la vita è costretta a vivere in contenitori per trasporto di merci, una forma di detenzione indefinita. Commenti non ufficiali fatti da un rappresentante delle autorità francesi indicano una possibile politica futura per mezzo della quale i rifugiati che scelgono di rimanere al di fuori del sistema, optando o di restare senza casa o di non registrarsi, potrebbero potenzialmente affrontare una carcerazione che può arivare a 2 anni.
La Francia e la Gran Bretagna stanno attualmente determinando la loro politica per l’immigrazione. E’ specialmente disastroso per la Francia che ha una costituzione fondata su “Libertà Uguaglianza, Fraternità”, basare quella politica sulla demolizione di case provvisorie, sull’esclusione e la carcerazione dei rifugiati, e costringendo i rifugiati a un asilo forzato. Dando alle persone il diritto di scegliere il paese di asilo che vogliono, aiutandoli nelle necessità elementari come alloggio e cibo, rispondendo con umanità invece che con la repressione, lo Stato attiverà la migliore soluzione pratica possibile e rispetterà anche i diritti umani internazionali, le leggi formulate per proteggere la sicurezza e i diritti di tutto nel mondo, oggi.
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Maya Evans coordina nel Regno Unito l’organizzazione Voices for Creative Non-Violence (Voci per la non-violenza creativa), negli scorsi 5 anni è stata 8 volte a Kabul, dove lavora in solidarietà con i giovani volontari Afghani operatori di pace.
Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo
Originale : non indicato
Traduzione di Maria Chiara Starace
Traduzione © 2016 ZNET Italy – Licenza Creative Commons CC BY NC-SA 3.0
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