di Matteo Miavaldi
Martedì 8 novembre, alle 20, il primo ministro Narendra Modi in un messaggio televisivo alla nazione ha annunciato – a sorpresa – una manovra senza precedenti nel sistema economico nazionale. Dalla mezzanotte dello stesso giorno le banconote da 500 e 1.000 rupie (pari, rispettivamente, a 6,8 e 13,6 euro) in uso in tutto il paese erano da considerarsi fuori corso, «carta straccia», pezzi di filigrana senza valore riscattabili fino al 30 dicembre 2016 presso le banche e gli uffici postali. Provando a rendere l’idea dell’impatto, è come se da un giorno all’altro tutte le banconote superiori a 10 euro non valessero più nulla.
EVASORI E CORROTTI L’iniziativa è stata presentata come un colpo di grazia improvviso contro i corrotti e i grandi evasori fiscali, nell’immaginario collettivo impegnati da decenni ad ammassare valuta corrente non dichiarata da utilizzare per pagare mazzette o transazioni illegali, i cosiddetti «black money».
Alla messa fuori corso delle «vecchie banconote», l’86 per cento dei contanti in circolazione nel sistema monetario indiano, corrisponde l’introduzione di una nuova banconota da 2.000 rupie e, «presto», di nuove banconote da 500 e 1.000 rupie.
Dopo due giorni di chiusura di banche, bancomat e poste per permettere il ricambio dei contanti, l’11 novembre, col potere d’acquisto cartaceo sostanzialmente azzerato, centinaia di milioni di indiani si sono messi in coda per cambiare le proprie banconote senza valore seguendo le indicazioni governative: cambio immediato fino a 4.000 rupie presentando un documento d’identità, depositi su conto corrente illimitati e senza controllo di provenienza dei fondi fino a 250mila rupie, prelievo dagli sportelli fino a 10mila rupie al giorno e 20mila a settimana.
LIMITI LOGISTICI Il sistema, con solo 48 ore di tempo per prepararsi alla novità senza correre il rischio di soffiate ai corrotti, ha mostrato tutti i limiti logistici e umani di un’impresa tanto ambiziosa quanto inquietante. Banche e uffici postali esauriscono i contanti da distribuire nel giro di un paio d’ore dall’apertura; i bancomat fino a domenica scorsa non erano stati tarati per la distribuzione delle nuove banconote da 2.000 rupie e distribuivano solo banconote da 100, rimanendo a secco in pochi minuti.
Milioni di persone, sia nelle città sia nelle zone rurali, non dispongono ancora oggi di nuove banconote correnti e sono costretti alla fame o a cambiare i propri soldi da strozzini che offrono tassi di cambio indecenti: una banconota da 500, senza valore, per tre banconote da 100.
L’economia in contanti del paese ha subìto una paralisi quasi totale, con mercati deserti durante il weekend e venditori ambulanti costretti a buttare la propria merce deperibile o a vendere a credito: nessuno disponeva di banconote di piccolo taglio per la spesa quotidiana, nell’ordine di poche centinaia di rupie.
GUERRA DI CLASSE La narrazione promossa dal governo ruota attorno a una sorta di «guerra di classe» contro gli evasori e la corruzione. Il primo ministro Modi e il ministro delle finanze Arun Jaitley a più riprese hanno fatto appello allo spirito di sacrificio della popolazione indiana, esortando l’«uomo comune» a resistere agli «inconvenienti» di questi giorni. Un male temporaneo ma necessario per stanare gli evasori, ora che siedono su montagne di banconote senza valore e, per non perdere tutto, sono costretti a dichiarare il proprio denaro al fisco depositandolo in banca.
Le opposizioni e gli ambienti progressisti della stampa nazionale hanno sollevato proteste anche ufficiali, sottolineando l’inefficacia sul lungo termine della manovra. Secondo le stime del fisco indiano, dei beni non dichiarati sequestrati dalle autorità tra aprile e ottobre 2016, solo il 6 per cento era in banconote: gli evasori preferiscono depositare denaro nei conti offshore o investirlo nel mercato immobiliare, in terreni, oro o gioielli.
CASHLESS ECONOMY L’unico effetto di questa «campagna anticorruzione», lamentano la chief minister del Bengala occidentale Mamata Banerjee e il chief minister di New Delhi Arvind Kejriwal, è rendere la vita impossibile a milioni di indiani lower middle class tagliati fuori dalla cosiddetta «cashless economy», fatta di transazioni telematiche, pagamenti con carta di credito o debito, app per smartphone legate ai conti correnti attraverso le quali si può acquistare di tutto: dalle verdure ai biglietti del cinema, pagare le bollette e ricaricare il cellulare. Un lusso a cui hanno accesso solo una piccola percentuale degli indiani urbani.
Nonostante le vecchie banconote possano essere ancora usate alle pompe di benzina, nei chioschi del latte, nelle farmacie e ospedali governativi, per i pedaggi autostradali e nelle biglietterie di treni e autobus a lunga percorrenza (fino al 24 novembre), la poca informazione e il panico spingono tutti, anche chi potrebbe, a non accettare banconote da 500 o 1000 rupie, risultando in disagi enormi che si riversano a cascata su altri settori dell’economia.
CIBO E BENI DI CONSUMO La sospensione forzata dei pagamenti in contante, ad esempio, secondo alcune indiscrezioni filtrate sulla stampa nazionale potrebbe bloccare nel giro di pochi giorni il sistema di distribuzione di cibo e beni di consumo primario, che in India al 90 per cento viaggiano su strada.
Gli autotrasportatori, secondo Wion News, sono bloccati da due giorni in autostrada poiché ai pedaggi e nei benzinai non accettano le vecchie banconote. Stesso discorso per la vendita all’ingrosso di verdura e frutta, fino a cinque giorni fa condotta sempre utilizzando denaro cartaceo.
Il ministro delle finanze Arun Jaitley, svelando forse il reale obiettivo della campagna, nella giornata di domenica ha dichiarato: «Una volta che il denaro sarà di nuovo in circolazione e, soprattutto, nelle banche, i vantaggi per l’economia e il business saranno crescenti.
La capacità delle banche di prestare capitali e sostenere le imprese, con tutta questa liquidità, sarà largamente aumentata».
Fonte: Il manifesto
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