di Roberto Ciccarelli
Settantamila studenti hanno manifestato giovedì in più di 50 città contro l’alternanza-lavoro, resa obbligatoria dalla «Buona Scuola» e per il No al referendum costituzionale del 4 dicembre. «Non saremo schiavi» era lo striscione di apertura del corteo di Torino dove, in piazza Castello, alcuni manifestanti hanno scaricato sacchi di letame davanti a una filiale di McDonald’s, una delle multinazionali che hanno sottoscritto con il ministero dell’Istruzione un protocollo sui tirocini obbligatori degli studenti in azienda.
«È un regalo fatto alle imprese, a noi studenti resta soltanto la fregatura di lavorare gratuitamente e senza alcuna tutela» sostiene Silvia Basano (Fronte gioventù comunista). A Roma in migliaia sono arrivati al ministero in viale Trastevere e hanno chiesto «il ritiro dell’accordo tra Miur e grandi aziende perché gli studenti andranno a lavorare gratis per imprese come McDonald’s, Zara, Eni e Poste Italiane senza rimborsi né garanzie». Azioni di protesta e flash-mob sono stati organizzati in tutto il paese già l’11 novembre dalla Rete della Conoscenza e, il 15 novembre, dalle Camere del lavoro autonomo e precario.
Per il ministro del lavoro Giuliano Poletti «la protesta è assolutamente sbagliata, l’alternanza scuola-lavoro – che non è un anno, ma degli ultimi tre anni della secondaria superiore – è la possibilità di costruire delle conoscenze e di fare esperienze». Tra le «opportunità» e le «competenze» da sviluppare – così si esprimono i protocolli firmati – rientra il saper friggere patatine o assemblare panini con ketchup o maionese. Secondo un monitoraggio del Miur 630 mila studenti sono stati già coinvolti nei tirocini in azienda. Entro tre anni, sarà obbligatorio per tutti gli studenti italiani: 1,5 milioni.
Una ricerca Cgil, Flc Cgil e Rete degli Studenti Medi, realizzato dalla Fondazione Di Vittorio, ha accertato l’occasionalità dell’alternanza scuola-lavoro e la mancanza di un progetto complessivo.
La stragrande maggioranza è nata in modo occasionale e non risponde a una progettazione pluriennale. Scarso è il controllo sul valore formativo dell’esperienza. Non sono stati definiti criteri e procedure di accreditamento delle capacità formative delle strutture ospitanti. Critiche anche alla legge di stabilità che stanzia qualche spicciolo in più per scuola e università. Per l’Udu la no tax area per studenti universitari è troppo poco inclusiva per essere efficace. Critiche anche ai criteri con i quali saranno attribuite le «superborse» ai 400 studenti delle superiori, il bonus ai 18enni, e alle 500 «cattedre Natta».
Giovedì a Valle Giulia, alla facoltà di architettura della Sapienza di Roma, il sottosegretario Tommaso Nannicini ha partecipato a un incontro organizzato dalla Rete 29 aprile dove ha risposto alle obiezioni contro il criticatissimo provvedimento con il quale Palazzo Chigi nominerà i commissari che esamineranno i «super-prof». In un question-time durato oltre due ore Nannicini ha ribattuto alle serrate argomentazioni dei sindacati (Flc-Cgil, Uil, Cisl tra gli altri), della rivista Roars, dei dottorandi dell’Adi, degli studenti di Link e Udu. Per loro le «cattedre Natta» sono una sospensione del principio costituzionale dell’autonomia universitaria e una misura che delegittima i criteri del reclutamento. Invece di misure straordinarie, l’università ha bisogno di fondi per il funzionamento ordinario. Per Nannicini, invece, si tratta di un «programma sperimentale di premio al merito basato sulle chiamate dirette dei docenti». Il governo andrà avanti su questa strada.
Quelle di giovedì sono state anche manifestazioni contro la riforma costituzionale definita «antidemocratica» da Francesca Picci, (Unione degli Studenti): «La Buona Scuola è stata una riforma fortemente autoritaria, non lasceremo che Renzi introduca nella Costituzione lo stesso principio». Domenica 27 novembre, insieme a molte altre sigle e movimenti sociali, gli studenti torneranno a Roma in un corteo nazionale per il «No sociale».
Fonte: Il manifesto
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