di Andrea Incorvaia
La fase storico politica che stiamo attraversando non è sicuramente tra le più serene. Tra annunci “referendari” e marchettate televisive è ormai consuetudine assistere a show poco piacevoli ed escludenti rispetto alle vite di ogni collettività; andando per nulla a rispondere ai bisogni reali delle comunità. Bisogni reali che a dirla tutta vengono toccati, ma secondo un ragionamento alla rovescia. Pochi giorni fa il sindaco di Napoli, Luigi De Magistris ha reso “omaggio” alla zona rossa del cantiere Tav in val Susa.
Il discorso pronunciato davanti il casermone che ingloba la struttura è un'ulteriore denuncia verso la “moda” delle grandi opere. Parole importanti, ed un gesto (quello della violazione della zona rossa) ancora più incisivo - “Uno stato che va alla rovescia, dove chi lotta per i diritti è considerato un sovversivo, mentre chi risulta essere deviato viene considerato assolutamente nella norma”- il riferimento va soprattutto al caso riguardante l'attivista Nicoletta Dosio, sulla quale pende la misura cautelare degli arresti domiciliari con consequenziale e giornaliero obbligo di firma.
Il discorso pronunciato davanti il casermone che ingloba la struttura è un'ulteriore denuncia verso la “moda” delle grandi opere. Parole importanti, ed un gesto (quello della violazione della zona rossa) ancora più incisivo - “Uno stato che va alla rovescia, dove chi lotta per i diritti è considerato un sovversivo, mentre chi risulta essere deviato viene considerato assolutamente nella norma”- il riferimento va soprattutto al caso riguardante l'attivista Nicoletta Dosio, sulla quale pende la misura cautelare degli arresti domiciliari con consequenziale e giornaliero obbligo di firma.
La disobbedienza come arma riscoperta in un mondo che sembra tornare ai primordi delle lotte socio-politiche. Le comunità sotto un perenne e deflagratorio attacco, la svolta costituzionale in questo senso non darebbe una mano. Pochi giorni fa hanno fatto riflettere le parole di Anna Finocchiaro, senatrice del Partito Democratico e presidente della I° commissione permanente (affari costituzionali), relatrice di maggioranza del disegno di legge di riforma costituzionale al Senato.
La Senatrice democratica denunciò, nella cornice di un'iniziativa a favore del Si, in quel di Lecce l'assurdità nel richiedere autorizzazioni regionali per costruire opere come oleodotti e gasdotti (il riferimento chiaro è il grande progetto del TAP interessante parte della regione Puglia, la notizia è stata riportata anche dal Corriere Salentino ndr). Dichiarazioni che mettono alla luce il pericolo centralista e la possibile svolta autoritaria in seno a questa riforma, il tutto sulle spalle di collettività rese sempre più deboli e attaccabili.
Del resto la via tracciata è chiara, proporre sempre più grandi progetti a vantaggio dei soliti noti per foraggiare spesso corruzione e speculazione, quando i bisogni sono ben altri. Andando a sbirciare sul sito del Ministero dell'Ambiente ad oggi sono presenti 283 procedure in corso delle quali 110 di valutazione ambientale.
Queste ultime riguardano certamente opere necessarie per la quotidianità, ma tra le varie presenze più o meno corrette nella gestione del territorio, si annoverano progetti che lasciano un po' perplessi. Trentotto sono infatti le richieste di VIA per progetti riguardanti gli idrocarburi, in tutte le loro forme (rinnovo concessioni, istanze di permessi, concessioni di coltivazione e così via), procedimenti che andranno in qualche maniera ad incidere sul modello di sviluppo e sulla vita intera di alcuni comparti territoriali, la domanda all'interno del caos odierno è la seguente: la riforma come può pretendere di tutelare microcomunità altrimenti bypassate da un sistema assolutamente verticistico? Inoltre, per favorire l'astensione al referendum di aprile il premier si era detto favorevole ad un utilizzo sempre più forte e progressivo di risorse sostenibili, a che punto saremmo quindi? Sono punti nodali per capire la via che nel futuro prossimo questo Paese andrà a percorrere.
Del resto il mantra dell'investimento per mettere in sicurezza i territori ormai è entrato di diritto all'ordine del giorno di ogni discussione; dai salotti mediatici alle riunioni di condominio. Siamo sicuri che tutto sarà recepito seguendo un interesse comune e collettivo? È necessario ripensare a nuovi modelli partecipativi riguardanti ampi progetti territoriali, basati sulla piena sostenibilità e sul rispetto di caratteristiche insite dei luoghi d'origine.
Esempi positivi sono presenti un po' lungo tutto lo Stivale; basti pensare agli ecomusei del Salento, ai processi partecipativi (non istituzionalizzati e dal basso) in Toscana, come il progetto della Madonne Bianche a Lucca o il Distretto 42 a Pisa: la sfida è tradurre tutto questo in prassi, non in sporadico spontaneismo territoriale. Basterebbe forse solo applicare l'articolo 9 della nostra legge fondamentale.
Fonte: Il Becco
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