di Ivan Cavicchi
Permettetemi senza tanti giri di parole di invitarvi a leggere il mio ultimo libro La quarta riforma. Un e-book scaricabile gratuitamente su “quotidiano sanità.it”. Il libro propone di riformare il rapporto tra sanità ed economia. Questo rapporto da almeno 40 anni ha una forma subordinata cioè la sanità pubblica dipende totalmente dal Pil una dipendenza che se non ridiscussa nel tempo rischia per tante ragioni di mettere in pericolo la sopravvivenza del sistema pubblico.
A parte il fatto che se il Pil cala, o non cresce o cresce poco, la sanità quindi i diritti delle persone rischiano di pagare uno scotto molto alto, il dato vero è la natura incrementale della spesa sanitaria: la spesa per la cura è intrinsecamente insostenibile cioè è destinata a crescere sempre di più.
A parte il fatto che se il Pil cala, o non cresce o cresce poco, la sanità quindi i diritti delle persone rischiano di pagare uno scotto molto alto, il dato vero è la natura incrementale della spesa sanitaria: la spesa per la cura è intrinsecamente insostenibile cioè è destinata a crescere sempre di più.
La sanità è un settore che da decenni cresce più rapidamente del resto della economia, finendo per assorbire porzioni molto grandi del Pil. Tale crescita purtroppo non è mai stata contenuta o ridiscussa significativamente da nessuna delle tre riforme sanitarie (diritto alla salute, azienda e razionalizzazione) fatte sino ad ora (78/92/99). Nel 1980, quindi, all’indomani della riforma del 78, la spesa sanitaria rappresentava una quota del Pil compresa tra il 5% e l’9% nei paesi considerati. Nel 2013 ovvero 35 anni dopo essa è cresciuta in tutti i paesi di almeno un paio di punti percentuali e negli Stati Uniti addirittura del 9% circa. Insomma oggi tutti i sistemi di cura a partire dal nostro hanno importanti problemi di sostenibilità economica.
La risposta del nostro governo a questi problemi è il de-finanziamento della sanità proprio in rapporto al Pil. In che modo? L’incontinenza della spesa sanitaria è banalmente risolta con dei tagli progressivi fino a prevedere un riduzione della sua incidenza sul Pil nel giro di pochi anni. Questa politica è pericolosamente nichilista perché alla lunga:
– i finanziamenti diminuiscono ma la domanda, la spesa corrente quindi il fabbisogno continua a crescere;
– le regioni e le aziende nonostante il fabbisogno cresca tagliano direttamente sui diritti sulle tutele i servizi;
– cresce la tassazione sulle persone;
– crescono le diseguaglianze;
– cresce la morbilità e la mortalità.
Due esempi dimostrativi:
– nel 2016 oltre 12 milioni di italiani e 5 milioni di famiglie hanno dovuto limitare il numero di visite mediche o gli esami di accertamento per motivazioni di tipo economico (Nuovo report del Banco Farmaceutico);
– le liste di attesa sono diventate ormai uno strumento per selezionare la domanda di cura e per ostacolare l’accesso delle prestazioni. Ben 13,5 mln di persone ricorrono alle raccomandazioni per saltare le liste d’attesa (Censis).
Il dramma è che:
– cala la spesa mentre il bisogno di cura continua a crescere e siccome cresce oltre i limiti della sostenibilità di bilancio si crea abbandono sociale;
– si deteriora il sistema, la qualità dei servizi, si colpiscono le professioni condizionandole in ogni modo, si imboccano strade pericolose per contenere i consumi ecc;
– per un problema irrisolto di rapporto tra sanità ed economia si campa di meno, cala l’attesa di vita media, e ci si ammala di più.
La “quarta riforma” propone di mettere fine a tutto ciò prendendo il toro per le corna cioè risolvendo i problemi irrisolti da oltre 40 anni del rapporto sanità e economia. Come?L’economia si impegna a finanziare ragionevolmente la sanità ma la sanità si impegna a produrre a sua volta economia cioè prima di tutto salute, a costare di meno, a garantire maggiori utilità impegnandosi a rimettere in equilibrio la domanda con l’offerta ecc.
La “quarta riforma” propone di abbandonare le politiche di pura compatibilità tra sanità e Pil per assumere politiche di coesistenza con il Pil. Più che adattarci a limiti sempre più stringenti si tratta di rimuovere tutte le contraddizioni che esistono tra domanda di salute e risorse disponibili. Per riuscire in questa impresa bisogna riformare il sistema sanitario a 360 gradi (per ragioni di spazio mi riservo successivamente di entrare nel merito delle proposte).
Se dal 1978 ad oggi non siamo riusciti, come ci dicono i dati, a governare la natura incrementale della spesa sanitaria vuol dire che le nostre riforme non hanno funzionato. Dalle mutue siamo passati alla super mutua cambiando certamente tante cose ma senza incidere sulla cultura, l’organizzazione, le prassi, i modelli, le professioni, i costi del sistema tutto. Se questo è vero dobbiamo ammettere due cose:
– l’attuale sistema ha ereditato da quello precedente (le mutue fallite per ragioni di insostenibilità) il problema della sostenibilità senza risolverlo;
– la sostenibilità della sanità pubblica oggi è condizionata dai costi di una pesante e costosa invarianza del sistema.
Oggi il ruolo dell’invarianza rispetto al Pil è decisivo molto più di ieri perché essa anziché raffreddare il reattore della spesa continua a surriscaldarlo sempre di più producendo regressività, inadeguatezze, inappropriatezze, diseconomie, anti-economie quindi maggiore costosità.
Non voglio in alcun modo giustificare le politiche del governo contro le quali si muove la quarta riforma ma è chiaro che in mancanza di un pensiero riformatore di fronte a un reattore che continua a surriscaldarsi non resta che de-finanziarlo fino al suo spegnimento. La quarta riforma si propone a valori etici invarianti quindi riconfermando universalismo e solidarietàdi riformare il nostro glorioso servizio sanitario nazionale perché alla prova dei fatti inadeguato nei confronti della domanda e inutilmente costoso nei confronti dell’offerta.
Cioè di raffreddare il reattore ma senza spegnerlo. Per fare ciò serve una presa di coscienza, una discussione collettiva, un movimento di opinione per convincere questo governo a cambiare strategia. Per questo l’ebook è gratuito.
Fonte: Il Fatto Quotidiano - blog dell'Autore
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