di Paolo Berdini
Nella notte che ha devastato e portato lutti nell’aquilano, alcuni imprenditori se la ridevano allegramente pensando ai lauti appalti pubblici che avrebbero spartito. Dopo otto anni il terremoto ancora sconvolge un’area geografica enorme. Il sisma nell’area compresa tra Marche, Abruzzo e Umbria, nota per le grandi qualità storiche e ambientali, diventa purtroppo l’occasione per assestare un colpo micidiale all’architettura dello Stato, come l’abbiamo fin qui conosciuta. Il governo della delicata fase di ricostruzione deve contemperare la dovuta tempestività nell’emettere i pareri sulle opere di ricostruzione da eseguire e il rigore nel difendere un patrimonio culturale fatto di meravigliosi centri storici, di pievi, di monasteri, di paesaggi e reticoli idrici.
La guerra ingaggiata da anni contro la «burocrazia» che blocca l’economia e lo sviluppo di un paese in crisi non poteva mancare di portare l’ultimo e definitivo assalto al sistema delle tutele statali che fa capo al Ministero dei beni ambientali e culturali. Eppure, se ci fosse lo spazio per una intelocuzione seria, nessuno potrebbe negare che le tanto detestate Soprintendenze di Stato hanno operato in modo perfetto ogni volta che sul territorio italiano si è prodotto un terremoto. E i casi sono molti e ricorrenti. Il sisma che ha colpito l’Umbria ha praticamente concluso la fase di ricostruzione e tutto è avvenuto con tempestività nel rispetto delle tutele monumentali o ambientali.
La guerra ingaggiata da anni contro la «burocrazia» che blocca l’economia e lo sviluppo di un paese in crisi non poteva mancare di portare l’ultimo e definitivo assalto al sistema delle tutele statali che fa capo al Ministero dei beni ambientali e culturali. Eppure, se ci fosse lo spazio per una intelocuzione seria, nessuno potrebbe negare che le tanto detestate Soprintendenze di Stato hanno operato in modo perfetto ogni volta che sul territorio italiano si è prodotto un terremoto. E i casi sono molti e ricorrenti. Il sisma che ha colpito l’Umbria ha praticamente concluso la fase di ricostruzione e tutto è avvenuto con tempestività nel rispetto delle tutele monumentali o ambientali.
Da allora ad oggi sono accaduti due fatti che stanno provocando il crollo dell’intera architettura dello Stato. Da un lato, il personale a disposizione delle Soprintendenze è sempre più esiguo e i pensionamenti non vengono da tempo reintegrati. C’è il vuoto negli uffici dello Stato. E, ancora, i mezzi strumentali sono ormai merce rara: così tecnici e soprintendenti vanno spesso con la propria autovettura a compiere sopralluoghi. D’altro canto, nel recente terremoto dell’Emilia è stata per la prima volta violata la regola che prevedeva la ricostruzione degli edifici crollati «com’erano e dov’erano», preferendo una arbitrarietà che ignora sempre le ragioni della storia e della cultura.
Con i provvedimenti varati dal governo Renzi nel 2016 si compie il passo successivo poiché con il combinato di due articoli di legge si consente addirittura di sanare gli abusi edilizi – e di ricostruirli- senza avere il parere obbligatorio delle Soprintendendenze. Una mostruosità giuridica che avrà effetti devastanti sia sui paesaggi storici sia per la perdita di autorità di un settore dello Stato.
Ma sulla frenesia semplificatoria e sul completo esautoramento delle funzioni dello Stato è stato creato un vulnus gravissimo il 28 novembre dello scorso anno, quando nell’ordinanza n. 4 del commissario Errani è stata istituita una Soprintendenza speciale per fornire gli indispensabili pareri di competenza esautorando le Soprintendenze di Stato. È il ministro pro tempore a decidere chi occuperà il ruolo guida, una gravità istituzionale in sintonia con la cultura dell’uomo solo al comando, tanto cara a Renzi e come sembra piacere ancora al nuovo presidente del consiglio. La questione rischia invece di avere conseguenze devastanti sull’ordinamento dello Stato: con incarico discrezionale politico è stato infatti nominato a capo della struttura un tecnico ingegnere, Paolo Iannelli – che avrà rapporti con il segretario generale del Ministero cancellando in tal modo la Direzione generale per l’archeologia, le belle arti e il paesaggio e, insieme ad essa, il Consiglio dei beni culturali e i Comitati tecnici di settore importanti organi di cui fanno parte i migliori docenti e studiosi della materia.
Insomma la lotta ai burocrati e ai «professoroni» procede spedita anche se, passo dopo passo si sta disarticolando la struttura dello Stato e la tutela prevista solennemente dall’articolo 9 della carta costituzionale che scompare nel gorgo della discrezionalità di una politica senza autorità.
Fonte: Il manifesto
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