di Luca Mistrello
Nella prima domenica di Aprile più di mille persone provenienti da tutta Italia e da alcuni Paesi europei si sono radunate al Brennero per opporsi alla chiusura del confine tra Italia e Austria.
La decisione del governo austriaco è stata ribadita in questi giorni dal ministro della difesa Peter Dosizil, che ha confermato l’intenzione di dispiegare forze militari lungo la frontiera. Decisione in linea con un progressivo ripiegamento dei paesi europei di fronte all’arrivo di milioni di persone in fuga da guerra e disperazione nonché di un reciproco isolamento e deresponsabilizzazione tra gli Stati in palese contrasto con gli accordi di Schengen.
I manifestanti si sono ritrovati nel primo pomeriggio davanti alla stazione ferroviaria, grande la partecipazione da parte dei centri sociali di tutta Italia, promotori dell’iniziativa, ma diverse anche le partecipazioni da parte di singoli, associazioni e realtà impegnate nell’accoglienza e nei diritti civili tra cui anche una delegazione di pastafariani, che non potevano sottrarsi a questo simbolico atto di pirateria. L’intento della manifestazione infatti era quello di violare il confine: «Con i nostri corpi abbattiamo le frontiere. Open the borders!» era lo slogan scritto sullo striscione che apriva il corteo. L’obiettivo era attraversare, senza sottostare a nessun controllo, la frontiera che separa a metà il borgo di Brennero, frontiera su cui il Governo austriaco vuole costruire una rete per impedire l’accesso ai migranti.
Una rete come quella che a Idomeni sta bloccando almeno diecimila persone in condizioni disumane, che vivono nelle tende e aspettano che i governi europei decidano chi di loro può essere considerato abbastanza umano da godere del diritto di approdare a una vita dignitosa.
Alla testa del corteo erano presenti simbolicamente alcune di queste tende, con gli stessi appelli che i rifugiati vi avevano scritto sopra, portate da alcuni degli attivisti con le pettorine arancioni che appena la settimana prima erano stati a Idomeni a portare aiuto e beni di prima necessità assieme alla carovana di #Overthefortress.
Dal microfono diversi di loro hanno riportato quell’esperienza, assieme agli appelli dei diversi rappresentanti dei movimenti presenti. Appelli che reclamavano un’Europa accogliente e solidale verso i migranti, ma anche verso gli stessi Europei. La politica dei governi che ha destinato sei miliardi di euro alla Turchia, un Paese la cui politica nazionalista e criminale non può essere ritenuta capace di gestire in maniera umana l’emergenza delle persone provenienti da Siria, Iraq, Pakistan e Kurdistan, sta lasciando invece sole tutte quelle comunità di confine che si ritrovano gioco forza a dover affrontare il problema dei migranti, ma rischia di compromettere anche la libertà di circolazione dei cittadini europei, con politiche che limitano progressivamente lo spostamento delle persone e la possibilità di godere dei diritti sociali all’interno dell’Unione.
Questi appelli e diversi slogan venivano pronunciati mentre il corteo attraversava pacificamente il confine italo-austriaco a ridosso del quale sorge un grosso centro commerciale, su due edifici collegati da un ponte vetrato. Dall’interno decine di persone assistevano con un certo stupore allo spettacolo che scorreva sotto i loro occhi, in molti casi attraverso l’obiettivo dei loro smartphone, quasi a rappresentare simbolicamente buona parte della società che osserva inerte le tragedie e le lotte che ci riguardano tutti attraverso il filtro dei social e l’unica interazione dei commenti.
A cinquecento metri dal confine un cordone di polizia era schierato, pronto a bloccare la manifestazione. A proteggere il NULLA che si dipanava lungo quella strada che fuoriusciva dal centro di Brenner verso le valli. Il gruppo di manifestanti che reggeva le tende e portava i giubbotti di salvataggio si è diretto verso i binari della ferrovia che costeggiava la strada, per bloccare con quegli oggetti i binari percorsi dai treni merci come a Idomeni le tende dei rifugiati occupano i binari e la stazione. Il gruppo è stato subito respinto dalla polizia che li ha minacciati con bombolette di spray al peperoncino.
Nel frattempo un nutrito gruppo di manifestanti ha continuato la sua avanzata verso il blocco, scatenando in breve tempo la reazione delle forze dell’ordine, che hanno risposto con pepper spray e manganellate. I tafferugli sono durati pochi minuti e ad alcuni partecipanti sono costati ferite e contusioni oltre al dolore accecante provocato dai getti di liquido urticante.
Dopo aver ristabilito la calma e guadagnato un po’ di spazio dal cordone di polizia, sull’asfalto sono state dipinte le parole “Refugees Welcome to Europe”, un appello significativo quanto ironico e amaro di fronte al risultato evidenziato da questa manifestazione. Ovvero che l’Europa picchia e respinge chi prova ad attraversare i suoi confini, magari con il pudore di farlo qualche centinaio di metri oltre il centro abitato.
Che cosa difendevano quei poliziotti dai manifestanti, quali danni potevano fare se non continuare il loro cammino per qualche centinaio di metri o bloccare la linea ferroviaria per qualche minuto?
Forse era l’idea stessa della fortezza Europa che andava difesa, una fortezza entro la quale le merci e il denaro possono circolare liberamente, me le persone devono esibire un documento e l’umanità conta meno del profitto.
Una fortezza che vuole resistere a un fenomeno inarrestabile e inevitabile, quello delle migrazioni, che dovrebbe essere gestito in maniera razionale, offrendo accoglienza e assicurando l’inclusione delle persone e un proficuo scambio tra le culture ma a cui invece si reagisce con barriere, deportazioni e soluzioni parziali e illegittime che non fanno che aumentare il conflitto, inasprire le differenze sociali e alimentare l’odio tra i popoli.
Il prossimo appuntamento lanciato dai movimenti è per il 1 Maggio, a Roma, sotto l’ambasciata Turca, per protestare contro i vergognosi accordi con uno Stato canaglia che ha dirette responsabilità nei conflitti in corso e invece di fornire sicurezza ai rifugiati in fuga dalle guerre li respinge con i muri e con le armi.
Per reagire a questo a ad altri scempi serve una partecipazione che non coinvolga solo chi è sempre in prima linea nella lotta al razzismo, ma anche tutte le realtà e le persone che non possono accettare che la nostra umanità venga svenduta in nome di paure irrazionali ed interessi economici. Siamo tutti chiamati a non stare con le mani in mano di fronte alla banalità del male, e di fronte all’orrore che si consuma davanti a noi scegliere da quale parte della storia vogliamo stare.
Fonte: ilcorsaro.info
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