di Luca Tancredi Barone
Centonove giorni dopo le elezioni e a 22 giorni dallo scioglimento automatico del parlamento in mancanza di un nuovo governo, i tre principali partiti dello scacchiere politico alternativi al partito popolare si sono incontrati per 2 ore e mezzo, ma senza raggiungere nessun risultato. Finora, come in ogni telenovela che si rispetti, fra i personaggi principali, tutti hanno litigato e fatto l’amore con tutti. Ora siamo al punto in cui lo sceneggiatore non sa come sbloccare la situazione. E non è chiaro se il gioco è quello del cerino acceso, ma si andrà a elezioni, o c’è una volontà di approdare a un governo.
L’unica cosa chiara è che il partito popolare è sempre più solo. Nonostante gli sforzi di Ciudadanos, che però nel frattempo ha firmato un accordo col Psoe, il Pp non si è scrollato di dosso il peso di Mariano Rajoy, che continua come uno zombie a resistere arroccato alla Moncloa, con l’unica speranza che nuove elezioni possano ridargli forza.
L’idea, mai nascosta da Albert Rivera e dai suoi, era quella di coinvolgerli per scongiurare l’arrivo del temuto Podemos nella stanza dei bottoni. Ma la manovra non è riuscita. Nel frattempo Podemos, che aveva tuonato contro l’accordo, ha cambiato strategia virando di 180 gradi. Complici le tensioni interne, che hanno visto Pablo Iglesias scontrarsi con il suo numero due, Íñigo Errejón, quelli di Podemos hanno scelto di abbassare i toni che dal giorno delle elezioni erano stati spesso sopra le righe. Iglesias era arrivato a pretendere la vicepresidenza del governo in conferenza stampa, senza averne parlato con Sánchez. Ma nelle ultime settimane, rimangiandosi il suo ego, ha detto che è pronto a farsi da parte. Fino ad arrivare, in una sorprendente inversione dei ruoli, a chiedere a Ciudadanos, sempre più nervoso per l’avvicinamento dei socialisti con i viola, di abbassare i toni e di prepararsi ad appoggiare un governo rosso-viola. Esattamente la stessa richiesta, a parti invertite, fatta a Podemos rispetto all’accordo socialisti-Ciudadanos.
L’idea, mai nascosta da Albert Rivera e dai suoi, era quella di coinvolgerli per scongiurare l’arrivo del temuto Podemos nella stanza dei bottoni. Ma la manovra non è riuscita. Nel frattempo Podemos, che aveva tuonato contro l’accordo, ha cambiato strategia virando di 180 gradi. Complici le tensioni interne, che hanno visto Pablo Iglesias scontrarsi con il suo numero due, Íñigo Errejón, quelli di Podemos hanno scelto di abbassare i toni che dal giorno delle elezioni erano stati spesso sopra le righe. Iglesias era arrivato a pretendere la vicepresidenza del governo in conferenza stampa, senza averne parlato con Sánchez. Ma nelle ultime settimane, rimangiandosi il suo ego, ha detto che è pronto a farsi da parte. Fino ad arrivare, in una sorprendente inversione dei ruoli, a chiedere a Ciudadanos, sempre più nervoso per l’avvicinamento dei socialisti con i viola, di abbassare i toni e di prepararsi ad appoggiare un governo rosso-viola. Esattamente la stessa richiesta, a parti invertite, fatta a Podemos rispetto all’accordo socialisti-Ciudadanos.
Pantomima a parte, sono anche accadute cose significative dal punto di vista politico. Per la prima volta le camere hanno iniziato a funzionare senza un governo eletto. E in un’inedita ma pericolosissima sfida, il governo si rifiuta di rendere conto dei suoi atti al nuovo parlamento. Proprio questa settimana, per questo le Cortes hanno chiesto l’intervento del tribunale costituzionale. Rajoy ha solo accettato di illustrare l’accordo europeo con la Turchia, ma non ha accettato le critiche che gli hanno mosso tutti gli altri partiti. Non solo. Questa settimana è iniziato il cammino legislativo di varie mozioni che hanno l’obiettivo di bloccare alcune delle leggi più controverse della stagione popolare: la riforma educativa, la legge bavaglio sulle manifestazioni, la riforma del codice penale. Significativamente, sul blocco della riforma educativa Ciudadanos non ha votato con i socialisti, ma si è astenuto. La mozione è stata approvata coi voti di tutti gli altri (eccetto il Pp, ma compresi i partiti indipendentisti catalani, il cui voto favorevole all’investitura Sánchez dice di non volere). Ma lo scontro più aspro c’è stato fra Ciudadanos e Podemos proprio due giorni fa quando si è discusso in parlamento della questione rifugiati. Rivera e Iglesias si sono lanciati accuse piuttosto pesanti che non lasciavano presagire nulla di buono per l’incontro di ieri. Izquierda Unida, unico partito che chiede esplicitamente di evitare le elezioni, ha presentato ieri una denuncia criminale contro il governo di Rajoy per aver firmato l’infame accordo con la Turchia.
Formalmente, per quanto la distanza nelle ricette sociali ed economiche di Ciudadanos e Podemos è piuttosto elevata, il vero nodo del dibattito fra i tre partiti resta la questione catalana. Non a caso Sánchez ha incontrato la settimana scorsa il presidente catalano Puigdemont, oggi lo farà Iglesias e venerdì lo farà Rivera. E non a caso proprio ieri il parlament catalano ha riapprovato, con piccole modifiche, la mozione di rottura con la Spagna già sospesa dal tribunale costituzionale. Podemos ha già annunciato di aver messo da parte la questione e ha elaborato 20 proposte di minima più moderate pur di ottenere l’appoggio di Ciudadanos. Che però non vuole scostarsi dall’accordo firmato coi socialisti. La presenza simultanea di arancioni e viola in un esecutivo socialista, opzione preferita da Sánchez, sembra impossibile. La telenovela continua.
Fonte: il manifesto
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