di Giuseppe Dolei
Indubbiamente Uwe Johnson (1934-1984) appartiene a quella sfortunata categoria di scrittori la cui importanza è tanto proclamata quanto sottintesa è l’ignoranza delle loro opere. Colpa di un destino avverso? Certamente, in parte almeno. Il taciturno cittadino Uwe Johnson fa presto a scoprire la vera sostanza del regime comunista della Germania orientale, in cui nasce e va a scuola. Si trasferisce perciò nella Germania occidentale, nella quale però respira aria di arrivismo e di corsa al denaro, companatico privilegiato della rimozione del passato nazista. Pertanto Johnson sceglie la scomoda esistenza dell’esule (prima in America, poi in Inghilterra) e il ruolo impegnativo di scrittore delle due Germanie. Tale ruolo Johnson assolve in modo precipuo nella vasta tetralogia Jahrestage (I giorni e gli anni, 1970-1983), completata appena un anno prima della morte. La traduzione italiana si era fermata presso Feltrinelli ai primi due volumi.
La casa editrice L’orma ha avuto il merito di riprendere la pubblicazione dell’opera, affidandola ai valenti traduttori dei volumi precedenti (Delia Angiolini e Nicola Pasqualetti). Sono così usciti il terzo volume (2014) e ora il quarto: Uwe Johnson, I giorni e gli anni (pp. 519, euro 26,00). Per l’occasione L’orma organizza anche due colloqui, il primo a Milano questo pomeriggio, ore 15:00, al «Book Pride!» negli spazi dell’ex Ansaldo, sala Aleph: «Un mistero di nome Uwe Johnson. Storia di un classico, della sua scomparsa e del suo ritorno», con Fabrizio Cambi, Marco Federici Solari, Roberto Keller e Alberto Rollo; il secondo a Roma, il 4 maggio, ore 18:00, Casa di Goethe.
La casa editrice L’orma ha avuto il merito di riprendere la pubblicazione dell’opera, affidandola ai valenti traduttori dei volumi precedenti (Delia Angiolini e Nicola Pasqualetti). Sono così usciti il terzo volume (2014) e ora il quarto: Uwe Johnson, I giorni e gli anni (pp. 519, euro 26,00). Per l’occasione L’orma organizza anche due colloqui, il primo a Milano questo pomeriggio, ore 15:00, al «Book Pride!» negli spazi dell’ex Ansaldo, sala Aleph: «Un mistero di nome Uwe Johnson. Storia di un classico, della sua scomparsa e del suo ritorno», con Fabrizio Cambi, Marco Federici Solari, Roberto Keller e Alberto Rollo; il secondo a Roma, il 4 maggio, ore 18:00, Casa di Goethe.
Quali le caratteristiche peculiari del quarto volume all’interno della tetralogia? Seguendo l’impianto del romanzo, fondato su una doppia prospettiva cronologica, lo scrittore narra direttamente da Nuova York gli avvenimenti compresi tra il 20 giugno e il 20 agosto 1968, mentre la memoria si sposta ai fatti di un passato tedesco ormai vicino, cioè il dopoguerra toccato alla Germania orientale, sottoposta al regime comunista. Grande è l’impegno dello scrittore a smascherare la natura del nuovo regime attraverso il destino di personaggi della vita quotidiana, uomini e donne del Meclemburgo. La protagonista del romanzo Gesine Cresspahl, suo padre, falegname e già sindaco di Jerichow, gli insegnanti di liceo, ecc. avvertono la differenza tra la propaganda filo-sovietica e la realtà di ogni giorno. Non solo le condizioni di arretramento economico, ma anche le menzogne più eclatanti inserite nella scuola (il culto del compagno Stalin, padre della pace e luminare della linguistica, in quanto interpretata secondo la dottrina marxista, ecc.). Nei programmi scolastici grande importanza viena data alla materia di «educazione all’attualità», ottimo puntello per l’indottrinamento. Nei comizi elettorali si parla sempre degli «interessi tedeschi», mentre in prima linea si guarda agli interessi dell’Unione Sovietica. Il Quotidiano Tedesco del Popolo viene sostituito dal Neues Deutschland, più fedele al regime. Anche il forte partito social-democratico (SPD) deve attenuare le sue proteste e sciogliersi poi nel nuovo partito comunista (SED). Nel frattempo la ‘compagna’ Unione Sovietica procede allo smantellamento delle installazioni industriali tedesche (Carl Zeiss, AEG) e all’internamento di chi ci lavorava. Si tratta dunque di un programma sistematico di inserimento nell’orbita del fratello maggiore, non limitato alla sola Repubblica Democratica Tedesca. Johnson riporta per esteso una lettera-appello che gli uomini di scienza cecoslovacchi rivolgono agli operai, contadini e ai tecnici del loro paese. Si tratta di un documento attraversato dal pathos patriottico, che trapela nonostante la cautela imposta dalle circostanze. Quali le cause del fallimento della Primavera di Praga? Il documento lo riconduce principalmente a un difetto di natura costituzionale: «L’intima connessione tra Stato e partito ha tolto a quest’ultimo il vantaggio che gli sarebbe derivato da una netta separazione dal potere esecutivo». Si condanna cioè la forma del partito-Stato( che però è di derivazione sovietica). Manco a dirsi, la lettera viene stigmatizzata dal Presidio del partito comunista cecoslovacco, in quanto minaccia la politica del fronte nazionale e fomenta disordini e incertezza del diritto.
Se gli Stati del blocco orientale hanno un deficit di democrazia, non è tanto più felice la realtà del mondo occidentale, a partire dall’America dove al pari del suo autore si è trasferita la protagonista del romanzo, Gesine, impiegata presso una banca di New York. Con l’aiuto del New Jork Times, assiduamente letto e commentato in compagnia della figlia, l’undicenne Marie, Gesine si tiene al corrente dei difetti della società americana, nonché dei guasti della politica estera statunitense. Il giornale, ironicamente definito come una «zia, non proprio zitella, ma avanti negli anni e ispirante castità», offre giornalmente al lettore un vasto spettro di notizie. Riguardo alla politica estera, la parte del leone spetta alla guerra in Viet Nam. La presenza americana nel Viet Nam del sud passa dalle mille unità del 1958 a cinquantamila militari e dodicimila civili del 1968. Perciò il paese è funestato non solo dalla guerra con tutti i suoi orrori. L’intera struttura sociale viene devastata dalla presenza americana nell’economia, nella politica e nella cultura del Viet Nam. Viene infatti distrutta la classe media del paese. I contadini, impoveriti e allontanati dalle zone agricole per fare posto alla linea del fuoco bellico, vanno a Saigon, dove svolgono i più vari e improvvisati mestieri. Passano da un lavoro che conoscevano a lavoretti di cui non sanno nulla, come lavare le auto degli americani o vendere i giornali per le strade o fare i lustrascarpe. I figli si danno anche a fare i ladruncoli, mestiere più redditizio di quello esercitato dai padri. I valori tradizionali sono sovvertiti. Della civiltà americana vengono diffusi nel paese gli aspetti più superficiali, come la musica d’intrattenimento e i locali notturni. Nei quali una ragazza di poche pretese può guadagnare cinque volte più di un professore universitario. Il governo, dalla sua parte, essendo scarsi i redditi e i profitti commerciali, deve aumentare le imposte sulle derrate alimentari e altre merci, che gravano sulle spalle dei poveri. Un vero e proprio disastro economico. Piuttosto che salvare il Viet Nam, l’intervento americano ha sperperato ingenti somme nazionali e sacrificato una propria classe di soldati. Il bilancio di questa impresa militare risulta del tutto negativo anche per la vecchia zia Times.
Ma al di là dei grandi eventi della politica estera, è la qualità della vita quotidiana a fare della società americana una società malata e violenta. Gesine si accorge presto del grado di insicurezza cui sono esposti gli abitanti di New York. Nel campo privato si va dai furti e dalle rapine di piccolo calibro alla presenza sotterranea della mafia, che di tanto in tanto assurge agli onori della cronaca. E anche in campo pubblico, le misure di sicurezza sono tutt’altro che sufficienti in una metropoli di quella dimensione, in cui basta una breve interruzione dell’energia elettrica per gettare nello sgomento i passeggeri della metropolitana.
Il finale del libro cresce in ampiezza e assume un andamento più faticoso. La prospettiva della protagonista si avvicina sempre più a quella dello scrittore. Entrambi devono rendere conto della loro decisione di fuggire dalla Germania comunista. Si tratta, tra l’altro, di descrivere con la massima precisione la nascita della famigerata Staatssicherheit o STASI, che diffonde un clima di sospetto generalizzato e avvelena i rapporti interpersonali: «Nella scuola di Hitler ci avevano messo in guardia dall’ombra di un plutocrate: il nemico ti ascolta. Nella Scuola Nuova imparammo a metterci in guardia l’un l’altro: ti ascolta il Giovane Amico».
E non si tratta solo di giovani, aderenti alla Neue Jugend. Nell’accusa di sabotaggio contro il nuovo Stato e dei più impensati crimini cadono individui di ogni età ed estrazione sociale. Johnson ce ne dà un lungo e circostanziato elenco, con il tipo di accusa e di condanna (anche a morte) relativo a ogni nominativo. Difficile mantenere la coerenza morale in tale contesto. Ogni studente modifica il suo comportamento nei confronti dei docenti e anche dei compagni di classe. Lo scrittore ritrae nel suo insieme un universo di paura, di piccoli accorgimenti, e di qualche disobbedienza, tenuta nascosta nel proprio intimo. Una società lontana un miglio dalle promesse di liberazione connesse col trionfo del socialismo.
Fonte: il manifesto
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