di Giampiero Obiso
Uno degli aspetti di maggiore preoccupazione in merito al TTIP(Transatlantic Trade Investment Partnership), l'accordo commerciale in fase avanzata di definizione tra le delegazioni UE ed USA, deriva dalmeccanismo previsto per la risoluzione delle controversie tra gli "investitori" da un lato, cioè le grandi compagnie multinazionali, quando queste ritengano di aver subito una lesione dei propri legittimi interessi al conseguimento di un profitto, e gli stati o le istituzioni dall'altro, quando adottano provvedimenti regolatori in contrasto con tali interessi.
La prima previsione del TTIP era costituita da un meccanismo definito"Investor-State Dispute Settlement", o ISDS. In sintesi, si riservava ad un collegio arbitrale il compito di decidere sui ricorsi presentati dalle grandi compagnie. Il sistema - abbastanza frequentemente utilizzato nei trattati commerciali bilaterali o multilaterali - consentiva agli investitori stranieri di rivolgersi a collegi arbitrali privati ove ritenessero di aver subito un trattamento ingiusto presso paesi in cui avessero avviato delle attività imprenditoriali di qualche tipo.
I ricorsi - in questo tipo di collegi - sono spesso decisi in segreto da collegi di avvocati specializzati in diritto commerciale. La maggior parte dei casi vengono risolti ricorrendo alle regole stabilite dalla Commissione delle Nazioni Unite sul diritto commerciale internazionale, dalla Banca Mondiale, o dalla Camera Internazionale di Commercio.
Mentre i sostenitori di questo tipo di meccanismo di risoluzione delle controversie affermano che questo tipo di "giustizia privata" è necessario per tutelare gli investitori dal pregiudizio che, nei loro confronti, tradizionalmente orienterebbe a loro sfavore le decisioni prese nelle aule di giustizia della magistratura ordinaria, il punto di maggiore emergenza è costituito dal proprio fatto che i trattati che introducono clausole di questo tipo finiscono per alterare l'assetto giuridico istituzionale degli stati aderenti, introducendo un nuovo sistema para-giudiziario che è, per sua natura, squilibrato e orientato a favore delle grandi compagnie multinazionali. Ad esse, vengono riconosciuti in via esclusiva poteri e facoltà che arrivano al punto di poter ricorrere contro provvedimenti legislativi o addirittura contro le costituzioni di uno stato, e che hanno come immediata conseguenza quella di costituire un serio deterrente verso qualunque azione legislativa o regolatoria tesa a definire limiti alla libertà di iniziativa economica nel campo della tutela ambientale o della salute pubblica.
Art. 41 della Costituzione della Repubblica Italiana
"L'iniziativa economica privata è libera.
Non può svolgersi in contrasto con la utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.
La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l'attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali."
Non a caso, quindi, le previsioni relative all'ISDS sono state tra quelle che maggiormente hanno provocato preoccupazione e opposizione al TTIP, fino al punto da spingere la stessa Commissione UE ad una riformulazione del meccanismo che, secondo quanto affermato dalla Commissaria UE al commercio Cecilia Malmström [1], aveva registrato "una completa mancanza di fiducia nei meccanismi tradizionali di risoluzione delle controversie".
Si arriva così ad una nuova proposta, definita ICS - Investment Court System.
Vediamo cosa ci dice la Commissione UE a proposito del nuovo modello: secondo il primo Vicepresidente della Commissione Frans Timmermans,
"La proposta relativa a un nuovo sistema giudiziario per la protezione degli investimenti rappresenta una reale innovazione. Questo nuovo sistema sarà composto da giudici pienamente qualificati, i procedimenti saranno trasparenti e le cause saranno giudicate in base a regole chiare. Il tribunale sarà inoltre soggetto al riesame di un nuovo organo d'appello. Con questo nuovo sistema tuteliamo il diritto dei governi di legiferare e garantiamo che le controversie in materia di investimenti siano risolte nel pieno rispetto dello stato di diritto."
La novità, apparentemente, è rilevante. Stando a quanto affermano i documenti della Commissione UE, viene istituito, al posto del collegio arbitrale, un vero "sistema giudiziario per la protezione degli investimenti" (sic) composto da "un tribunale di primo grado e una corte d'appello". Addirittura, non senza una involontaria ironia, si conferma il "diritto dei governi di legiferare", posto che esso è "sancito dalle disposizioni degli accordi commerciali e di investimento". L'obiettivo a lungo termine della Commissione, comunque, è quello di vedere il TTIP e i suoi meccanismi come un passaggio intermedio verso la creazione futura di una vera "Corte Internazionale degli Investimenti", il cui solo nome mette ansia già oggi.
Si tratta quindi di capire se e quanto la "riforma" della Commissione UE abbia davvero risolto i problemi dell'ISDS e abbia consentito di cancellare i peggiori aspetti - sotto questo profilo - della prima stesura del TTIP.
A questo scopo, un recentissimo studio è stato co-prodotto da un team i cui membri appartengono a organizzazioni quali Canadian Centre for Policy Alternatives, Corporate Europe Observatory, Friends of the Earth Europe, German Forum on Environment & Development, Transnational Institute.
Ecco il documento:
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Lo studio ha inteso mettere alla prova le nuove clausole per verificare se effettivamente il nuovo modello possa dare garanzie di un riequilibrio nei rapporti di forza tra investitori ed entità istituzionali. A tal fine, sono stati analizzati cinque dei più controversi casi in cui, negli anni recenti, e in vari trattati o accordi commerciali, gli investitori avevano attivato il meccanismo ISDS.
Secondo lo studio,
«la Commissione UE aveva promesso che questo suo nuovo approccio al tema della protezione degli investimenti - così come definito nella proposta di adozione dell'Investment Court System (ICS) portata avanti nelle negoziazioni in corso per il TTIP - avrebbe "protetto il diritto dei governi di regolamentare ed avrebbe assicurato che eventuali dispute con investitori internazionali sarebbero state risolte in piena aderenza ai principi fondamentali dello stato di diritto". I membri della Commissione avevano garantito che alcuni dei casi giudiziari più eclatanti, che avevano finito per diventare il simbolo stesso della palese ingiustizia dell'ISDS, non si sarebbero più potuti verificare con la riforma di tale sistema.»
Vediamo innanzi tutto quali sono i cinque casi esaminati nel rapporto:
Philip Morris contro lo stato dell'Uruguay
Nel Febbraio del 2010, la multinazionale del tabacco Philip Morris International ha avviato una procedura internazionale di arbitrato contro l'Uruguay, nel quadro dell'accordo bilaterale di investimento tra la Svizzera e l'Uruguay "Bilateral Investment Treaty". La compagnia ha sostenuto che la legislazione anti-tabagismo adottata dal governo dell'Uruguay, e in particolare il divieto di vendita di più di un unico tipo di sigarette con lo stesso marchio, nonché la decisione di rendere obbligatorio l'uso di immagini dal forte contenuto grafico sulle confezioni di sigarette "è andata ben oltre qualunque legittimo obiettivo di difesa della salute pubblica", e ha privato il marchio della Philip Morris International del proprio valore commerciale. La compagnia ha chiesto un risarcimento pari a 25 milioni di dollari USA.
TransCanada contro gli Stati Uniti d'America
Nel gennaio di quest'anno, la compagnia TransCanada ha annunciato di voler far causa contro l'amministrazione degli Stati Uniti sulla base delle disposizioni del trattato NAFTA (North American Free Trade Agreement), a seguito della decisione del Presidente Barack Obama di respingere la proposta di costruzione dell'oleodotto che avrebbe dovuto collegare i giacimenti di sabbie bituminose del Canada alle raffinerie degli USA. Il progetto, che, secondo i suoi critici, avrebbe comportato un aumento delle emissioni di CO2 e un'accelerazione del ritmo del cambiamento climatico in atto, aveva già dovuto affrontare una vasta opposizione da parte dell'opinione pubblica. TransCanadaha annunciato di voler chiedere un risarcimento pari a 15 miliardi di dollari USA;
Lone Pine contro lo stato del Canada
Nel settembre del 2013, la compagnia petrolifera canadeseLone Pine Resources ha avviato una disputa contro il governo canadese nel quadro delle disposizioni del NAFTA. Il caso ha preso vita a seguito della introduzione di un provvedimento (Bill 18) adottato dalla provincia del Québec. Con tale atto si revocavano tutti i permessi di perforazione per ricerca di olio e gas sotto il letto del fiume San Lorenzo, e si proibivano ulteriori prospezioni da parte delle compagnie petrolifere. Il provvedimento inoltre estendeva l'efficacia temporale di una precedente moratoria adottata in materia di utilizzo delle tecniche di fratturazione idraulica ("fracking"), almeno finché non fossero completate le procedure di valutazione di impatto ambientale. Lone Pine ha sostenuto che il provvedimento "Bill 18" aveva costituito una "arbitraria, capricciosa ed illegale revoca" dei suoi "diritti tangibili di esecuzione della propria attività di estrazione di petrolio e gas" al di sotto del corso del fiume San Lorenzo, benché essa, al momento della proposizione del ricorso, non disponesse nemmeno, ancora, di tutte le autorizzazioni necessarie per effettuare tali perforazioni. La richiesta della Lone Pine ammonta a 109,8 milioni di dollari USA, al netto di interessi e spese.
Vattenfall contro lo stato della Germania
Nel 2009, il gigante svedese dell'energia Vattenfall ha avviato una procedura arbitrale contro il governo tedesco in forza dell'Energy Charter Treaty, un trattato multilaterale siglato dopo la fine della Guerra Fredda per integrare nei mercati occidentali i settori energetici dell'ex blocco sovietico. La disputa si riferiva al provvedimento di autorizzazione all'utilizzo dell'acqua dell'Elba, per il raffreddamento della centrale a carbone posta lungo il suo corso, emanato dal Ministro per l'ambiente e lo sviluppo urbano della municipalità di Amburgo. La compagnia affermava, nel suo ricorso, che gli standard di protezione ambientale richiesti per la concessione del permesso di utilizzo dell'acqua dell'Elba fossero talmente rigidi da rendere l'investimento economicamente non conveniente, e richiedeva un risarcimento pari a 1,4 miliardi di euro. Il caso fu poi chiuso nel 2011, quando la Municipalità di Amburgo accettò di adottare misure meno stringenti.
Bilcon contro lo stato del Canada
Nel marzo del 2015, un collegio arbitrale, costituito nel quadro delle previsioni del NAFTA, ha adottato un lodo le cui conclusioni stabilivano che un procedimento di valutazione di impatto ambientale, avviato dal governo canadese, aveva violato le regole del trattato previste per la protezione degli investimenti. La compagnia americana Bilconintendeva procedere alla realizzazione di una grande infrastruttura portuale in un'area costiera, nel Canada orientale, particolarmente sensibile dal punto di vista ambientale. Il piano prevedeva l'estrazione e la lavorazione del basalto e il successivo invio via mare verso gli Stati Uniti. Nel 2007, dopo molteplici studi e un lungo processo di pubbliche consultazioni, una commissione nominata dal governo aveva emesso un parere contrario al progetto, in considerazione del suo potenziale impatto ambientale. Il governo della Nuova Scozia e del Canada avevano poi fatto proprio il parere della commissione e negato l'approvazione del progetto. Bilconprocedette quindi ad aprire la procedura di arbitrato, chiusa con una pronuncia a suo favore. La compagnia sta cercando di ottenere una somma pari a più di300 milioni di dollari USA a titolo di risarcimento del danno.
Per ognuno dei casi di cui sopra, il rapporto ha quindi presentato una accurata analisi, tesa alla verifica della possibilità che simili richieste siano in qualche modo impedite o ostacolate dalle nuove previsioni dell'ICS.
Rimandando per i dettagli alla lettura del documento, le conclusioni sono completamente di segno negativo. Secondo il documento, infatti,
«Un'attenta analisi di ognuno di questi casi ha mostrato che tutte queste cause potrebbero ancora essere intentate da parte degli investitori, e potrebbero addirittura godere di maggiori possibilità di successo con il nuovo meccanismo dell'ICS. Non c'è alcuna previsione, nelle nuove regole proposte dalla Commissione UE, che possa impedire alle grandi società investitrici di intentare causa contro una decisione di un governo finalizzata alla protezione della salute pubblica e dell'ambiente. E non c'è nessun meccanismo di garanzia che possa prevenire il rischio di decisioni adottate a favore degli investitori, e che prevedano risarcimenti miliardari a carico degli Stati per il solo fatto di aver adottato misure a tutela del pubblico interesse.»
Quanto poi alle garanzie offerte da un sistema articolato su due gradi di giudizio ed in cui il collegio sia composto non più da avvocati specializzati in diritto internazionale commerciale, ma da veri e propri giudici, le riserve sono enormi. Infatti, prosegue il rapporto,
«Con il meccanismo dell'InvestmentCourt System, l'interpretazione dei diritti garantiti alle grandi compagnie, così come delle mal formulate previsioni che dovrebbero limitarne in teoria l'estensione, continuerà a dipendere da "arbitri" specificamente pagati per assolvere a questo compito, e non da giudici indipendenti appartenenti alla magistratura ordinaria. Tali soggetti saranno pagati per ogni singola decisione, e le gravi carenze in termini di garanzie da possibili conflitti di interesse presenti nella proposta della Commissione renderanno possibile che la stessa casta di arbitri professionali pagati dalle compagnie possa costituire l'ambito di provenienza delle persone che dovranno decidere questo tipo di dispute. L'associazione dei Magistrati Europei ha recentemente concluso, in un documento del 2015 [2], che la proposta della Commissione UE non rispetta gli standard minimi previsti per ogni ufficio di una funzione giudiziaria affermati dalla Magna Carta Europea dei Giudici, e da ogni importante dottrina giuridica in tema di indipendenza dei magistrati».
Il punto centrale, quindi, non cambia. Che si parli di ISDS o di ICS, non cambiano le regole del gioco. E tali regole consentono che sia ancora in piedi un meccanismo antidemocratico, pericoloso, e che tutela solo gli interessi dei grandi gruppi.
Ancora oggi, un investitore estero potrà sostenere che un qualunque provvedimento ha leso i propri "legittimi interessi ai profitti futuri", e si pone in carico agli Stati l'onere di dimostrare che le misure adottate siano "necessarie", "non discriminatorie", e mirate al conseguimento di obiettivi "legittimi".
Valgano le conclusioni del rapporto:
«È tempo che la Commissione Europea metta fine a questo modo di procedere, fatto di esercizi di "rebranding" da ufficio pubbliche relazioni, e intraprenda finalmente un percorso verso una giustizia "vera", sbarazzandosi una volta per tutte di qualunque meccanismo arbitrale o para-arbitrale nel TTIP, nel CETA, ed in ogni trattato commerciale stipulato dall'Unione Europea».
NOTE
(1) Vedi dichiarazione inhttp://europa.eu/rapid/press-release_IP-15-5651_it.htm
Fonte: Megachip Globalist
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