di Samuel Boscarello
Durante questa campagna referendaria mi sono confrontato più volte con le opinioni di chi ha sostenuto l’astensione. Ho cercato di mettermi nei loro panni e capire le loro ragioni. Così mi sono chiesto come mi comporterei se si andasse al voto per abrogare, per esempio, una legge a tutela dei lavoratori. Ovviamente sarei per il No, ma accetterei di astenermi o addirittura spingere la gente a non votare? Dopo una lunga riflessione, ho capito che non sarei disposto a farlo.
Mi ha fatto male domenica vedere i seggi vuoti e i centri commerciali pieni a Catania, cuore di una delle regioni più interessate dalla materia del referendum. So cosa dicono molti in questi casi. “Votare è un diritto, quindi posso anche decidere di non esercitarlo.” Non prendiamoci in giro, per favore: ogni diritto si accompagna ad un dovere e il voto non fa eccezione. La verità è che oggi esso è considerato al pari di una merce, che si può consumare o meno in base ai propri gusti. Oppure, nel peggiore dei casi, la si può vendere in cambio di favori o denaro.
Normale conseguenza, quando la democrazia è costretta a convivere con la società del mercato senza limiti e controllori.
Normale conseguenza, quando la democrazia è costretta a convivere con la società del mercato senza limiti e controllori.
Da quando il potere economico è diventato più forte di quello politico, il consumo ha acquisito più importanza persino rispetto alla cittadinanza. E così la militanza politica diventa attività di pochi appassionati, l’informazione viene distorta e ciò fa nascere un circolo vizioso: la diffidenza della gente verso i media tradizionali fa sì che ci si affidi al web, senza saperlo però usare (e infatti i social network sono diventati il regno della superficialità). In alternativa, non pochi rinunciano direttamente ad informarsi e scelgono di vivere in una recinti protetti che comprendono solo i piccoli interessi delle loro vite. Il che è una visione alquanto triste della nostra cosiddetta “democrazia”.
Già, perché è ipocrita sostenere che quasi il 70% degli italiani domenica si sia astenuto perché tutti volevano che non si raggiungesse il quorum. Il solito piagnisteo dei perdenti? No, una semplice considerazione razionale: è ovvio che molti lo abbiano fatto per disinformazione, disinteresse o addirittura sdegno. Insomma, la classica argomentazione che va bene per eludere ogni dovere democratico: “tanto non cambia niente”. Bravi, esattamente ciò che vogliono proprio quegli uomini di potere che tanto odiate. Il fatto, ripugnante in sé, che Matteo Renzi abbia esplicitamente invitato a non votare la dice lunga sulla sensibilità democratica di costui.
Dunque possiamo trarre due conclusioni. In primis dovremmo ricordarcene, quando si appellerà alla democrazia in occasione delle prossime amministrative e del referendum costituzionale. In secondo luogo, se proprio vogliamo mettere i bastoni tra le ruote ad individui del genere, dobbiamo partecipare, tallonarli, far sentire loro il nostro fiato sul collo. Che razza di obbrobrio è una politica che fonda la sua legittimità non sul voto, ma sull’astensione? Che diamine di democrazia è quella in cui il capo del governo trasforma ogni questione in un plebiscito su se stesso, al pari del peggior caudillo?
Le ragioni di tutto ciò sono chiare. Chi detiene il potere economico (lobby finanziarie e multinazionali in prima linea) è sempre meno difficilmente controllabile. Può spostare i propri capitali in maniera agevole e tenere sotto scacco i governi, minacciandoli di dirigere gli investimenti altrove. Così premier e ministri devono scegliere. Accontentare le richieste di una potente élite, che può anche mettere in serio pericolo la loro permanenza al governo, oppure fare gli interessi di una massa sempre più debole? In questo contesto la democrazia è una zavorra di cui bisogna liberarsi.
Cosa volete che importi se il Pd ha perso quasi mezzo milione di iscritti tra il 2009 e il 2015? O se alle ultime elezioni regionali in Emilia-Romagna ha votato solo il 37,7% degli elettori? Nulla. L’importante è il 40% delle europee, la vittoria di Bonaccini e chissà cos’altro. Per Renzi e quelli come lui la democrazia è questione di quantità, non di qualità. Il voto è un mezzo per garantire equilibri di potere e il fine giustifica i mezzi (povero Machiavelli, come soffrirebbe oggi). E invece no! Il voto è anche un fine. Lo era per gli antifascisti settant’anni fa, lo è per noi oggi. Per tale motivo non è una giustificazione valida, in questo momento storico, dire che i padri costituenti avrebbero accettato l’esito di questo referendum. È vero, teoricamente il quorum esiste proprio per non rendere la democrazia ostaggio di una minoranza. Ma il contesto di allora era quello di un sistema politico in buona salute, nel quale anche l’astensione referendaria sarebbe stata frutto di un processo critico e informato. Tutto molto lontano dal pressapochismo diffuso di oggi, sul quale il fronte del No ha fatto leva per raggiungere i propri fini.
È questo il motivo che deve spingerci tutti a votare, partecipare, informarci sempre e comunque: salvare la democrazia da un pugno di oligarchi. Esattamente ciò che farebbero quei padri costituenti a cui gli astensionisti si appellano. Oggi il voto è uno strumento fortemente fastidioso per chi sta al potere. Ricordiamocene, quando si riapriranno le urne.
Fonte: Qualcosa di Sinistra
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