di Roberto Naccarella
Università del Sud in forte difficoltà, diritto allo studio sempre più svilito, pochi laureati. Senza risparmiarenumerose critiche alla VQR. Nel presentare il suo libro “L'Università in declino” nell'Aula Magna del Dipartimento di Scienze Umane dell'Università degli Studi dell'Aquila, il prof. Gianfranco Viesti (Fondazione RES) ha mostrato in maniera dettagliata molte delle criticità che attanagliano l'Università italiana.
L'incontro ha visto i saluti della rettrice dell'Ateneo, Paola Inverardi, che ha voluto ricordare come il suo sia un ruolo importante e delicato: “Sono ricercatrice, ma sono anche rettrice, ho responsabilità di governo e devo pensare a circa mille famiglie di lavoratori che gravitano intorno all'Univaq”.
Viesti ha iniziato la sua esposizione precisando subito come il sistema universitario italiano abbia visto un recesso del 20% dei fondi dal 2008 al 2015. “Il più pesante d'Europa – ha detto Viesti – non solo non è mai accaduto nella storia dell'Università italiana, ma non è mai successo nemmeno in un settore pubblico”.
Le Università più danneggiate? Quelle del centro-sud, che già presentavano particolari criticità.
“Si è creato un effetto palla di neve: la contrazione non si ferma ma continua. Anche quei rettori che assumono comportamenti virtuosi purtroppo non modificano lo stato generale delle cose. Per veder scomparire un'Università del centro-sud, di questo passo, basterà solo attendere”.
Sempre meno studenti, e sempre meno giovani decidono di intraprendere l'Università una volta conseguito il diploma. Per la prima volta nella storia,l'Italia vede scendere il numero degli studenti iscritti: in tutta Europa, invece, aumentano progressivamente.
Il nostro Paese è ultimo anche nel numero di persone tra i 30 e i 34 anni in possesso di una laurea. “Gli abbandoni sono elevati, i tempi per conseguire la laurea sono lunghi. Molti studenti vanno fuoricorso, e a causa del costo standard per studenti questi diventano un carico per l'Università. Questo principio potrebbe finire per premiare gli Atenei che promuovono tutti, che è controdeduttivo rispetto al concetto della qualità”.
Viesti ha affrontato anche il tema degli idonei non beneficiari, un'anomalia tutta italiana, precisando come la percentuale più alta si trovi al Sud e nelle Isole. E poi le tasse universitarie: “Spesso sentiamo che in Italia ci sono tasse relativamente basse. Questo è assolutamente falso. Siamo il terzo paese d'Europa con le tasse più alte: questo, unitamente alla scarsità di risorse sul diritto allo studio, scatena un effetto dirompente, un combinato che colpisce principalmente le famiglie a basso reddito”.
Viesti ha poi sottolineato che “non è vero che le tasse negli Atenei meridionali siano più basse. L'ISEE è calcolato allo stesso modo per tutti in base al reddito. Sono i redditi delle famiglie del Sud che sono più bassi”.
Il docente ha poi affrontato il crollo di dottorati e docenti, e ha chiarito che “ogni università ha punti di eccellenza e debolezza. Tuttavia il Fondo di Finanziamento Ordinario viene ripartito per Ateneo, e non per area scientifica. Chi viene più colpito da questo sistema? Chiaramente i gruppi migliori negli Atenei più 'deboli' “.
“Il vecchio finanziamento aveva forti falle, penalizzava molto le Università del Sud, ma oggi il costo standard è stato calato dal cielo. E' giusto colpire i primi anni fuoricorso, ad esempio? - dice Viesti - La quota premiale FFO è una delle peggiori politiche pubbliche fatte dal Paese negli ultimi anni – ha aggiunto Viesti – Non è affatto un premio, ma è solo un sistema per far digerire meglio agli Atenei i tagli enormi sull'FFO”.
“E' in atto da tempo una riduzione strutturale dell'Università italiana, ha già effetti di lungo termine sulla competitività dell'Italia, e gli effetti sono gravissimi sullo sviluppo economico e civile. Dobbiamo dire chiaramente che tutto ciò è frutto di una scelta politica, non c'è stata nessuna differenza tra Berlusconi, Monti, Letta e Renzi: prevale una sorta di 'pensiero unico', una rappresentazione sciatta dell'università. Lanciamo un'idea: perchè non fare un'indagine parlamentare? Le domande sono molte. Ad esempio, quanto si spende per l'università? Come sono fatti i costi standard? Come si finanzia, come si premia la ricerca? Serve inoltre una politica fortissima sul diritto allo studio e una riflessione nazionale sulle tasse universitarie".
FANTONI (ANVUR): QUADRO NON COSI' NEGATIVO
Il Presidente dell'ANVUR, Stefano Fantoni, ha detto di condividere molte parti del rapporto di Viesti, ma di non avere la stessa visione catastrofica. “E' evidente che il sistema universitario è sottofinanziato, ma non sarei così pessimista – ha affermato Fantoni – Piuttosto penso che tutte le analisi fatte in questi ultimi anni porteranno ad un miglioramento del sistema. Il nostro rapporto triennale verrà presentato il 24 maggio. Sulla ricerca credo che il nostro Paese non sia messo affatto male, mentre gli immatricolati e gli abbandoni riflettono la debolezza del sistema, a causa di un'offerta formativa poco flessibile”.
Anche sulla VQR, Fantoni sostiene che Viesti fa una critica fin troppo eccessiva. “E' stato un esercizio complesso, forse troppo. L'analisi condotta ha certamente delle imperfezioni, ma ha gettato il sasso nello stagno, ha rappresentato uno strumento estremamente importante”.
FIORINI (CNSU): LA BATTAGLIA VA FATTA INSIEME, RETTORI SMETTANO AMBIGUITA'
“Il Ministero parla di Università poco e male - ha esordito il Presidente del Consiglio Nazionale degli Studenti Universitari, Andrea Fiorini, studente dell'Università dell'Aquila – quindi è importante farlo in dibattiti pubblici come questo. Migliorare la qualità, d'accordo, ma il problema è principalmente concettuale. L'Università non forma lavoratori sulla base di ciò che il datore di lavoro immagina: l'Università forma figure professionali. Noi tendiamo a privilegiare lo studente che si laurea in tempo ed entra subito in azienda, rispetto a chi ci mette due anni più magari assumendo ulteriori competenze: ci ritroviamo a scartare aprioristicamente persone che hanno fatto esperienze ulteriori e potrebbero avere tutti gli strumenti per rinnovare quell'impiego”.
Per Fiorini, la laurea assume un'importanza strategica per il paese, ed è un elemento che può rilanciare l'economia. “Abbiamo bisogno di persone collegate anche al sistema imprenditoriale, ma in grado di poterlo riformare. Diciamolo chiaramente: sarà impossibile raggiungere l'obiettivo del 27% di laureati tra i 30-34 anni, come stabilito da Europa 2020. C'è un pensiero unico non dichiarato, come diceva Viesti: persiste una mancanza culturale di approccio al sistema universitario”.
Fiorini ha trattato anche il tema dei fuoricorso. “Sono continuamente denigrati, si sentono emarginati in un contesto dove sembra che devi essere pronto a immetterti subito in una situazione lavorativa, che mantiene comunque enormi criticità”. “In Italia abbiamo una tassazione altissima e una pressione fiscale alle stelle – ha detto ancora Fiorini – Le famiglie non solo versano molto allo Stato, ma si ritrovano a dover pagare anche tasse universitarie così alte. Se pensiamo che tutto ciò è collegato alla possibilità di assumere docenti, capite bene come sia follia pura”.
Il Presidente del CNSU ha rivolto qualche frecciata anche alla politica locale. “Mi fa piacere siano presenti esponenti politici di questa Regione: gli studenti abruzzesi hanno mandato un appello all'assessore al Diritto allo Studio per innalzare le soglie ISEE. Un appello pubblico a cui non è seguita nessuna risposta”.
“Credo che l'Università e il sistema debbano trovare la forza di condividere battaglie. Dal livello nazionale al livello locale. Si condivide un obiettivo, non si fanno riunioni a porte chiuse. C'è bisogno che i rettori e la CRUI dicano chiaramente che linea si deve portare avanti e si mettano insieme politiche reali che partano dal finanziamento del sistema".
Fiorini conclude con una stilettata all'Univaq: “Se l'Ateneo condivide la denuncia del libro di Viesti sulla spaccatura Nord-Sud, perchè riproduce al suo interno gli stessi meccanismi, penalizzando i Dipartimenti dove c'è stata più adesione alla protesta contro la nuova VQR?”
UNIVERSITA': SERVE UN DIBATTITO PUBBLICO
“Sul destino dell'Università italiana non c'è un dibattito pubblico, ma è tutto segregato in poche stanze”, ha aggiunto Domenico Pantaleo, segretario generale FLC-CGIL. “Una società che non innalza i livelli d'istruzione e conoscenza fa passi indietro. E' doveroso imporre al parlamento la necessità di discutere sull'Università italiana”.
Per Pantaleo i punti organico “sono da eliminare, è un sistema che penalizza fortemente il Mezzogiorno”. E sul diritto allo studio: “Non sono d'accordo che vada all'Università, ma deve essere materia esclusiva dello Stato. Regioni possono mettere risorse aggiuntive”.
Il prof.Mario Ricciardi (Redazione ROARS) ha condiviso la necessità di un un ampio e approfondito dibattito nell'opinione pubblica del paese. “Questo non è mai avvenuto a causa di una precisa scelta politica, e credo sia molto grave.Inoltre non sono mai stati coinvolti esperti qualificati nella valutazione nazionale. Il libro di Viesti è completo, dettagliato e sfata molti miti: su tutti, quello che l'Università italiana di massa sia figlia del '68 e sia caratterizzata da un lassismo generalizzato che ha portato a questa situazione. Sono solo luoghi comuni: nel Regno Unito hanno un sistema molto simile al nostro, ci sono circa 130 Università, e anche loro hanno avuto politiche di riduzione fondi solo parzialmente arrestate dai governi laburisti”.
Fonte: Uninews24
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