di Paolo Andreozzi
La scena è questa. Giorno, sulla porta di un bar all'estrema periferia romana. Un uomo imbolsito e tuttavia tronfio in canotta, capezza, basettoni e onda tinta del capello, risponde alle domande dell'intervistatore sui fattacci xenofobi della notte prima. “Io non sono razzista. Io rispetto tutti e vojo esse rispettato. Punto! Poi se c'ho un tatuaggio de più o un tatuaggio de meno nun cambia un cazzo!” dice l'uomo, al giornalista che indica alla telecamera il credo ideologico inciso sul suo corpo e ben in vista: la celtica, un gladiatore, una frase di Mussolini, il profilo di Hitler. Domanda: “Ma lei perché se l'è presa con quei ragazzi di colore solo perché riempivano l'autobus?” Risposta: “Perché so' pezzi de merda! Se una persona così va a rompe er cazzo a una ragazzina che passa, io l'ammazzo! E nun so' razzista.”
Era settembre 2014.
Aprile 2016. Stessa periferia, suglia soglia di un bar. Probabilmente il medesimo. Un uomo spara quattro colpi di pistola contro una donna: uno alla mano, uno all'addome e i due mortali al petto. L'ammazza.
La donna era sua moglie. Italiana lei, italiano lui. Avevano due figli. Poi corre via, butta l'arma nel prato poco distante e prova ad allontanarsi ancora chiedendo all'autobus che passa, paradosso estremo, di aprire le porte fuori fermata. Ma l'autista tira dritto.
Intanto qualcuno ha chiamato la polizia, che raggiunge l'assassino e lo arresta. L'uomo ha confessato poco fa.
Lo saprete già, o l'avete capito: è lo stesso di quell'intervista. Quello che voleva ammazzare i 'negri' non per razzismo ma per difendere le 'nostre donne'. Il fascista orgoglioso dei propri tatuaggi, vanesio, alienato. Che la prima persona su cui scarica la propria violenza non è l'uomo nero che viene dal mondo 'a rubare' e 'a rompe er cazzo', ma è la donna che dorme con lui da una vita.
Il fascismo è questo: un mix formidabile di stupidità, ignoranza, aggressività e vigliaccheria. E a dirla così sembra un fenomeno che si tiene a bada da sé, notevole al limite per la cronaca nera come in quest'ultimo orrido femminicidio.
Eppure divenne Storia, contagio di massa, istituzione, abito mentale e comportamentale per milioni di persone per un ventennio in Italia, e per altri milioni e milioni per anni o decenni in Germania, in Spagna, in Romania, in Ungheria, solo per restare all'Europa e soltanto alle forme del fascismo statualizzate. Poi c'è il fascismo tollerato entro istituzioni formalmente democratiche, come tanta dell'America profonda, razzista, segregazionista, la pistola in tasca e il fucile in casa. Poi c'è il fascismo dei regimi, dei colpi di Stato in Sud America che tanto appoggio di popolo pure trovarono. Poi c'è il fascismo mascherato da rivoluzione, che invece è corruzione pura e semplice, negazione di diritti, abbrutimento di coscienze.
E' una cosa grossa, il fascismo. Da non sottovalutare mai. Perché è un'arma che il Potere di classe manovra con grande esperienza e profitto, contro le classi dominate facendo sì che esse stesse adottandolo si usino violenza da sé, si neghino la libertà e l'emancipazione mentre il Potere fa affari.
Ed è una cosa mostruosa, perché la facilità con cui quella mescola infernale di stupidità, ignoranza, aggressività e vigliaccheria prende a dominare il cuore e la mente di milioni e milioni di esseri umani, autolesionisti inconsapevoli, necessariamente interpella ogni uomo e ogni donna che fascista non è né sarà mai in quanto ha fede nell'individuo e nelle masse, e nella direzione di marcia del umanizzazione.
Gli anniversari antifascisti, per questo motivo, non sono mai rituali.
Antifascismo è sempre, Resistenza è ovunque, Liberazione sia in ciascuno e in tutti.
Fonte: controlacrisi.org
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