di Franco Berardi Bifo
L’esplosione post-moderna di razzismo che si sta diffondendo in Europa è uno degli effetti dell’aggressione neoliberista al mercato del lavoro e del massivo impoverimento che il capitalismo finanziario sta causando dappertutto. L’Economist (febbraio 2016) si preoccupa per l‘incapacità dei banchieri centrali di sostenere ulteriormente l’economia, in quanto hanno esaurito le munizioni. Sorprendentemente, il suggerimento che emerge dalla rivista più ortodossa del neoliberismo, è quello di lanciare denaro dall’elicottero. Un quantitative easing per la gente è il solo modo di uscire dalla prospettiva di deflazione, dopo decenni di austeritaria riduzione forzata della domanda.
Per ora quel suggerimento keynesiano, però, è un pio desiderio: la predazione neoliberista accelera man mano che si avvicina l’abisso.
Per ora quel suggerimento keynesiano, però, è un pio desiderio: la predazione neoliberista accelera man mano che si avvicina l’abisso.
“I lavoratori devono aspettare fino a 75 anni per andare in pensione” è il titolo dei giornali popolari il 2 marzo. Il capo della Confederazione delle industrie britanniche dichiara che l’ulteriore rinvio dell’età pensionabile “è necessario per mantenere il sistema sostenibile ed economicamente autosufficiente.” Ok, abbiamo capito: i lavoratori devono morire prima di andare in pensione, così che l’onere di pagare per gli anziani sarà alleggerito.
Il problema è che mentre i governi prolungano il tempo di lavoro, la disoccupazione cresce e la precarietà infuria tra i giovani. Il tempo di lavoro e la disoccupazione stanno ovviamente crescendo insieme e la tecnologia sta riducendo il tempo necessario per la produzione di beni.
Non solo i lavori industriali, ma anche i lavori cognitivi, che erano altamente ricompensati solo dieci o quindici anni fa, vengono sostituiti dall’automazione.
“Stiamo creando un bassisimo numero di lavori altamente pagati in cambio della distruzione di un ampio numero di lavori piuttosto ben pagati” (Nathaniel Popper: The Robots Are Coming for Wall Street, The New York Times, February 25 2016).
Un incubatore di startup che si chiama “Y Combinator” ha recentemente pubblicato un testo intitolato:
Il testo enfatizza la necessità di lanciare un programma di reddito di base come risposta alla disoccupazione tecnologica. In futuro, procede il ragionamento, il lavoro sarà sempre più automatizzato. Di conseguenza ci sarà sempre meno bisogno di lavori qualificati, quindi l’occupazione collasserà in modo diffuso, lasciando un piccolo gruppo di programmatori e capitalisti con tutto il profitto e la maggior parte della gente con nulla.
Il presidente di YC, Sam Altman, ha annuciato un esperimento nel quale Y Combinator “darà un reddito di base ad un gruppo di persone negli Stati Uniti per un periodo di 5 anni. Ad un certo momento nel futuro, mentre la tecnologia continua ad eliminare i lavori tradizionali e viene creata una quantità massiccia di nuova ricchezza, vedremo un qualche tipo di [reddito di base] su scala nazionale, scrive Altman”.
Se si dà denaro alla gente in cambio di nessun lavoro, essi non dormiranno tutto il giorno, al contrario emanciperanno le loro menti dal legame tra sopravvivenza e lavoro: perciò le energie sociali si espanderanno.
La schiavitù salariata poteva essere necessaria nell’era del lavoro industriale basato sulla ripetizione. Ma i robot stanno prendendo il posto degli umani in quel tipo di lavori noiosi e faticosi. Attività come la preparazione del cibo, l’educazione dei bambini, la cultura, la cura di sè e degli altri non possono essere interamente rimpiazzati da automi e non hanno bisogno del ricatto del salario. Le persone non hanno bisogno della mediazione del denaro per cooperare e insegnare cose uno all’altro e per prendersi cura della salute dei loro amici e inventare nuove tecniche e nuove firme estetiche.
Secondo Altman il concetto di utilità sarà completamente ripensato quando la gente non lavoverà più sotto il ricatto della fame. Che cosa faranno le persone quando saranno libere dagli obblighi salariati?
“Le persone si siedono a giocare con i video games o creano nuove cose? Le persone sono felici e soddisfatte? Le persone, senza la paura di non essere in grado di mangiare, creano di più e a maggior beneficio della società? E i beneficiari, nel loro insieme, creano maggior valore economico di quel che ricevono?
Queste sono domande a cui è più difficile rispondere. Se qualcuno conta sul suo reddito di base per creare una splendida scultura, come misuriamo se ciò “beneficia di più la società” di quel che stavano facendo prima? E se la scultura è orribile, ma suscita nella persona che l‘ha fatta un’incredibile quantità di gioia? Trovare un metro di misura attendibile, non raffazzonato, per i criteri che Altman sta proponendo è davvero difficile”. (Y Combinator).
L’idea che uno debba prestare il proprio tempo in cambio della sopravvivenza non è basata su una necessità naturale. Dentro condizioni di scarsità che sono spesso generate artificialmente, le persone sono obbligate a cedere il proprio tempo in cambio di denaro che è necessario per comprare la sopravvivenza minima. Ma oggi il regime di scarsità è inutile, poichè l’evoluzione tecnica ha permesso un’espansione della produttività che si traduce in prodotti abbondanti che dovrebbero essere distribuiti diversamente.
Il salario quindi è ora una supestizione che trasforma l’innovazione tecnica in una tragedia per la società: quando è ridotta a strumento per la competizione e il profitto, la conoscenza diventa causa di disoccupazione.
Le società tecnologiche – Google in primis – stanno massicciamente investendo nel campo della ricerca per la sostituzione di lavoratori con automi intelligenti: in un’intervista pubblicata da “Computer World” ad ottobre 2014, Larry Page ipotizza che i prossimi passi della tecnologia saranno difficilmente compatibili con la settimana lavorativa di 40 ore. La liberazione del tempo è a portata di mano, ma se vogliamo emancipare il tempo, dobbiamo emancipare la sopravvivenza dal ricatto del salario: questo è l’obiettivo delle invenzioni politiche come il reddito di base, che io preferisco chiamare “reddito esistenziale”.
Il reddito esistenziale non deve essere considerato come un sostegno provvisorio per persone marginali. Dovrebbe essere concepito come uno stimolo ad essere liberi e quindi ad offrire il meglio di noi stessi alla comunità.
Mentre il lavoro umano è sostituito dalle macchine, noi potremo finalmente fare quel che realmente ci piace. L’emancipazione della conoscenza dal paradigma economico è la sola chiave che può aprire la porta d’uscita dall’inferno, per quanto noi sembriamo incapaci di vedere questa via d’uscita.
Fonte: diem25.org
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