La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

giovedì 5 maggio 2016

La Riforma Renzi/Boschi produrrà il caos. Intervista a Ugo De Siervo

Intervista a Ugo De Siervo di Dino Martirano
«Al mio ex sindaco faccio i migliori auguri come capo del governo ma non posso certo incitarlo come riformatore della Costituzione...». Il professore fiorentino Ugo De Siervo — giudice costituzionale dal 2002 al 2011, eletto presidente della Consulta prima di terminare il mandato — è uno dei 56 «dotti professori», per usare un’espressione cara al premier, che hanno firmato l’appello del «No» in vista del referendum confermativo di ottobre sulla riforma costituzionale del bicameralismo paritario: «Non odio Renzi. Sono un riformatore e penso che anche rinnovare la Costituzione sia cosa buona. Ma bisogna rinnovare migliorando. Invece, questo testo è scritto male». Il presidente emerito della Repubblica, Giorgio Napolitano, sostiene che il No è animato anche da voi professori «perfezionisti», incapaci di essere «d’accordo su come si sarebbe dovuta cambiare la Costituzione». 
«Non siamo perfezionisti. Siamo realisti. E non possiamo farci prendere in giro da false promesse. Vari di noi sono stati giudici costituzionali abituati a valutare gli effetti, oggi non rappresentati all’opinione pubblica, derivanti dall’applicazione delle norme costituzionali».
Napolitano, sempre nell’intervista al «Corriere della Sera» di Aldo Cazzullo, sostiene che il No comporterebbe «la paralisi definitiva, la sepoltura della revisione della Costituzione». È così?
«Dal ‘48 a oggi la Costituzione è stata modificata 35 volte. Tutti i cambiamenti andati a buon fine erano leggeri, compatti, omogenei. Poi è arrivata la stagione degli interventi pesanti. Il Titolo V nel 2001, letteralmente disastroso nei suoi effetti, e la riforma proposta da Berlusconi nel 2005 poi bocciata al referendum. Due interventi fatti a maggioranza come questo proposto ora, eterogeneo, che modifica oltre 40 articoli della Costituzione».
È possibile uno spacchettamento del quesito referendario per separare i temi da sottoporre all’elettore?
«La materia non è disciplinata. L’articolo 138, che disegna il percorso della revisione costituzionale, funziona per le riforme medio piccole».
Cosa teme di più della riforma che cancella il Senato?
«Il caos che si cela dietro nove diversi procedimenti legislativi e il fatto che si riporta indietro, a prima degli anni 70, il livello di potestà legislativa delle Regioni».
Faccia un esempio di iter legislativo che finirà davanti alla Consulta.
«Mentre dobbiamo ancora chiarire bene a cosa servirà il nuovo Senato, la riforma prevede che la Camera si occupi di tutto tranne di quello che non è “espressamente” attribuito alla competenza dello Stato. Bene, tra le materie non disciplinate ci sono l’industria, l’agricoltura, l’artigianato, le miniere, la pesca. Cosa succederà se una Regione interverrà? Finirà che la Corte dovrà continuare a fare il vigile urbano».
Il premier Renzi farà la sua campagna sul contenimento dei costi della politica. Come farete a controbattere un tema così popolare?
«C’è molta demagogia sul punto. È vero che si risparmia in modo considerevole tagliando 200 senatori ma si poteva ottenere un risultato analogo decurtando del 10% l’indennità dei parlamentari. E poi bisogna spiegare agli italiani perché sono stati mantenuti i privilegi delle Regioni a statuto speciale. Restano spese enormi che potranno essere modificate solo con il consenso delle Regioni speciali interessate. Mentre le Regioni ordinarie sono ridotte a mega Province».
Il «Sì» ha arruolato Jim Messina, il guru di Obama, e prepara il «kit» per i comitati territoriali. E voi?
«Tutto questo è estraneo alla mia sensibilità. Non vorrei che tanta gente in buona fede venisse indotta in errore».
Il fronte del «No» è politicamente molto eterogeneo.
«Ciascuno ha le sue contraddizioni. Il Pd deve vedersela con Verdini e con gli ex di FI confluiti nel Ncd».
Renzi ha smorzato i toni?
«Ha corretto il tiro ma è bene che lo faccia di più. L’impressione che rimane è quella di un plebiscito su se stesso».
Come finirà a ottobre?
«Deciderà il corpo elettorale. E speriamo che non passi il principio secondo cui il referendum deve essere per forza una rissa».

Fonte: corriere.it

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