di Paolo Berdini
Raffaele Cantone, presidente dell’Anac, aveva più volte definito la legge obiettivo (Berlusconi-Tremonti, 2001) come «criminogena». Quella legge avrebbe dovuto consentire la realizzazione delle grandi opere strategiche ma è servita soltanto a togliere le tutele, i controlli e a cancellare l’azione delle soprintendenze di Stato che operano in armonia con i principi della Costituzione. Cantone portando in approvazione poche settimane fa il nuovo codice degli appalti (dlgs. 50/2016) ha di fatto azzerato i meccanismi corruttivi della legge obiettivo. Un grande risultato che va ascritto a suo merito. Peccato per lui e per l’intero paese che in altre stanze, il governo Renzi con l’aiuto del ministro Madia sta portando in approvazione i decreti attuativi della cosiddetta riforma della Pubblica amministrazione (legge 124/2015) che estende a tutte le Regioni e ai 7.999 comuni italiani le procedure «criminogene» della legge obiettivo appena rottamata.
All’articolo 2 del decreto per l’accelerazione dei procedimenti amministrativi si legge infatti che: «Entro il 31 gennaio di ogni anno ciascun ente territoriale può individuare un elenco di progetti (…) riguardanti rilevanti insediamenti produttivi, opere di rilevante impatto sul territorio o l’avvio di attività imprenditoriali suscettibili di produrre positivi effetti sull’economia o sull’occupazione». È esattamente la stessa dizione contenuta nell’articolo 1 della legge obiettivo, con l’aggravante che in quel caso l’elenco di opere che potevano usufruire delle corsie preferenziali era limitato alle opere strategiche mentre ora la possibilità viene estesa all’universalità dei progetti.
Gli organi dello Stato che hanno il compito di tutelare i beni culturali e ambientali sono come noto sotto organico e già non riescono a smaltire gli attuali carichi di lavoro: se passasse questo folle provvedimento i poteri forti potranno realizzare qualsiasi proposta senza dover fare i conti con le soprintendenze. Anche perché insieme alla nuova riforma del ministro Franceschini, il parlamento ha approvato il meccanismo del «silenzio assenso»: stiamo entrando in pieno far west. Ancora, la coppia Renzi-Madia aggiunge a quello sterminato numero di opere quelle la cui decisione spetta al presidente del Consiglio e con l’articolo 4 lascia la possibilità di esercizio dei poteri sostitutivi da parte della presidenza stessa, prassi già inaugurata con lo «Sbocca Italia» a danno del detestato sindaco di Napoli De Magistris per il progetto Bagnoli. Un uomo solo al comando con la sua ristretta cerchia di yes men.
C’è poi un secondo decreto, quello sulle Conferenze di servizi. Qui si legge (art. 14, terzo comma): «La conferenza di servizi preliminare può essere indetta dall’amministrazione competente per progetti di particolare complessità e di insediamenti produttivi di beni e servizi, su motivata richiesta dell’interessato, corredata in assenza di progetto preliminare da uno studio di fattibilità (…) al fine di verificare quali siano le condizioni per ottenere alla loro presentazione i necessari pareri». Lo studio di fattibilità consiste in una relazione illustrativa di intenti e sulla base di una o due paginette «l’interessato» può chiedere la verifica delle compatibilità ambientali e culturali: lo Stato al servizio della speculazione immobiliare. Con una paginetta si può tentare la fortuna, se va bene si diventa ricchi anche se si distruggono il territorio e l’ambiente. Per inciso e per sottolineare il dilettantismo della compagine di governo, va notato che il citato Codice per gli appalti ha cancellato il livello di progettazione preliminare puntualmente richiamato invece nel provvedimento Madia.
Infine, nel decreto relativo alle autorizzazioni edilizie la monocultura economicista del legislatore arriva all’incostituzionalità. Si afferma (art. 1) che: «Allo scopo di garantire certezza di regimi applicabili alle attività private e di salvaguardare la libertà di iniziativa economica, le attività private non espressamente individuate ai sensi dei medesimi decreti o specificatamente oggetto di disciplina da parte della normativa europea, statale e regionale, non sono soggette a disciplina procedimentale».
Una formulazione simile era stata proposta da Tremonti. Oggi passa con Renzi a cui non interessa evidentemente il dettato costituzionale che, come noto, afferma che l’attività economica è libera ma «non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale» (art. 41).
Sembra insomma che l’ubriacatura economicista iniziata con la legge Obiettivo del 2011 e proseguita senza soste con i molteplici provvedimenti dei governi di centro destra e poi con i vari Salva Italia (2011), Cresci Italia (2012), entrambi del governo Monti; decreto del Fare (2013, governo Letta) e lo Sblocca Italia (2015, governo Renzi) non abbia termine.
Il fallimento di queste ricette è evidente a ogni persona di buon senso. Ma il governo non la pensa così e continua ad operare per distruggere le basi stesse dello Stato ad iniziare dal territorio, dall’ambiente e dalle istituzioni che devono vigilare sulla tutela del patrimonio ambientale e culturale.
Fonte: il manifesto
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