di Rete dei comunisti
I processi di costruzione dell’Unione Europea non sono esclusivamente istituzionali ed economici ma permeano le società dei diversi paesi modificando tutti gli aspetti della vita sociale, culturale, informativa ed ideologica. Quello che si vuole fare è costruire una egemonia della nuova borghesia continentale che accompagni e giustifichi i processi di costruzione autoritaria del nuovo soggetto statuale e dei suoi contenuti economici e finanziari che stanno mostrando il loro carattere antipopolare in modo esplicito. Tra questi strumenti “egemonici” in prima fila sta la riforma del sistema formativo a tutti i suoi livelli, da quello della scuola primaria a quella superiore fino a quella universitaria.
Fuori da questo obiettivo non sta nemmeno lo sviluppo della scienza e della ricerca piegate e distorte ai fini esclusivi della produzione del profitto.
Fuori da questo obiettivo non sta nemmeno lo sviluppo della scienza e della ricerca piegate e distorte ai fini esclusivi della produzione del profitto.
In questo senso la Rete dei Comunisti ha inteso tenere un incontro nazionale di approfondimento su queste tematiche con l’obiettivo di portare alla luce processi che vengono celati dalla pubblica informazione. Quello che emerge è dunque un quadro organico di come si intende formare i “cittadini” della Unione Europea che non è per niente casuale o disorganico ma segue una linea di modificazione dei sistemi formativi ben precisa nei modi e nei tempi. Modifica funzionale alla costruzione di quello che abbiamo sempre definito il Polo Imperialista Europeo.
Il convegno si è tenuto lo scorso 30 aprile a Bologna, seguito anche in streaming e su Radio Città Aperta in diretta, è stato fitto di interventi, otto relazioni e due interventi di compagni stranieri, che si sono avvicendati in tempi marcati stretti per un totale di quasi cinque ore di fronte ad un pubblico numeroso, eterogeneo in età e molto interessato.
I temi del convegno apparentemente al di fuori dell’ordinario ambito di interesse della Rete dei Comunisti, in realtà, come ha ricordato M. Piccolo nella relazione introduttiva, riprendono le fila di un patrimonio comunista lasciato in sospeso per qualche decennio. Si riparte quindi con l’analisi sulla formazione e la ricerca nell’attuale contesto sociale e politico europeo con un’ottica ad ampio raggio che consenta di interpretare gli obiettivi sociali e politici, i cambiamenti e le conseguenze delle controriforme che la logica capitalista ed imperialista dell’Unione Europea impone ai Paesi membri. Inevitabilmente questa analisi porta a interrogarci su quale sia il ruolo assegnato dall’Unione Europea all’Italia in funzione del tipo di classe dirigente che si è deciso di formare.
Nel convegno le questioni inerenti formazione e ricerca sono state affrontate dai diversi relatori considerando diversi aspetti: strutturali, storici, normativi e considerando le ripercussioni in ambito studentesco e lavorativo e più in generale in ambito sociale e politico. La presenza degli ospiti stranieri ha consentito di allargare il campo delle analisi e fare degli utili confronti.
L’aspetto strutturale, il tema dell’economia della conoscenza è stato affrontato dal prof. Vasapollo e ripreso da diversi relatori. La scuola e la formazione rappresentano nuovi settori produttivi il cui prodotto è la conoscenza. Se la legge del valore sia applicabile alla conoscenza è un tema che occorre definire adeguatamente dal punto di vista marxista per essere efficaci nel lavoro sociale e politico. Si tratta di un tema in elaborazione che richiede un dibattito che è molto vivo nei paesi dell’Alba, soprattutto a Cuba. Dalla conoscenza il capitalismo crea valore. La formazione è divenuto settore centrale del miglioramento della produttività e la necessità della formazione continua e dell’innovazione è funzionale al tentativo all’uscita dalla crisi. Nella sua relazione A. Allegra ha sottolineato come è in questo contesto che l’OCSE ha elaborato dei sistemi di valutazione che consentirebbero di comparare i sistemi educativi di paesi diversi attraverso le prove PISA . Si tratta di sistemi di valutazione che mettono in competizione sistemi educativi e scuole e, sulla base dei risultati, si possono avviare processi di riforma scolastica. È interessante sottolineare come all’OCSE si sia arrivati da un organismo degli industriali (ERT, European Round Table of Industralists) che avevano lamentato la lontananza tra impresa e scuola e auspicato partenariati tra scuola e imprese. I ragionamenti dell’ERT, basati su competenze, flessibilità, apprendimento continuo, sono incorporate nel Trattato di Maastricht in cui è esplicita la necessità di un intervento europeo che scavalchi la competenza degli stati, ciò è messo in atto attraverso le direttive, attraverso l’attuazione di programmi. Il MAC (Metodo di Coordinamento Aperto) irrigidisce ulteriormente la centralizzazione dei processi di riforma in ambito formativo definendo, tra le altre cose, le tabelle di marcia dei tempi per per ottenere gli obiettivi, gli indicatori qualitativi e quantitativi e la valutazione delle politiche nazionali. Si è pertanto innescato il pilota automatico delle riforme che, come ricordato da M. Grandi, in Italia parte da Ruberti e Berlinguer fino ad arrivare alla cosiddetta “buona scuola”. C’è stata un’aziendalizzazione dell’università con un rovesciamento della sua stessa natura. M. Tangocci, in un escursus sulle varie riforme e normative che hanno interessato la scuola, ha sottolineato come le riforme abbiano portato alla competitività tra atenei, alla differenziazione dell’offerta formativa fino ai compensi ai docenti in grado di procacciarsi fondi mentre quelli pubblici sono stati erosi. Il titolo non consente più la mobilità sociale ed ha subito una riduzione di valore. L’obiettivo verso cui si muovono le riforme consistono nella abolizione del titolo con la conseguenza che verranno a galla agenzie private di formazione. A seguito delle politiche di austerity la situazione dell’università italiana non è positiva. Nell’intervento di Noi Restiamo, riportato da V. Maccarrone, è stato specificato che l’università italiana ha subito una riduzione di immatricolati e lavoratori e, per il tasso di laureati, l’Italia è ultima in Unione Europea. C’è una maggiore difficoltà di accesso con l’introduzione del numero chiuso, minori fondi per il diritto allo studio e aumento delle tasse; la Germania ha abolito le tasse universitarie. Le difficoltà maggiori riguardano gli studenti meridionali e gli studenti provenienti dalle famiglie meno abbienti. C’è una migrazione degli studenti dal sud Italia al Nord Italia anche in conseguenza della disparità tra gli atenei del Nord e del Sud, disparità determinata anche tra atenei pubblici e privati. Il tasso di disoccupazione tra i giovani è del 39%, 1 giovane su 4 è un NET e la politica messa in atto rispetto a questo problema è fallimentare. All’interno dei paesi dell’Unione Europea in cui all’area mediterranea è assegnato il ruolo di colonia interna rispetto ai paesi centro-settentrionali. La precarizzazione del lavoro e le nuove configurazioni dei processi produttivi determinano da un lato l’esclusione geografica di persone che sono costrette ad emigrare, e dall’altro un’esclusione dalle ricchezze prodotte dal sistema produttivo. Al disfacimento del sistema produttivo dei paesi del mediterraneo corrisponde un’acquisizione di risorse produttive da parte dei paesi del nord. Chi emigra ha una scolarizzazione superiore rispetto alle precedenti emigrazioni ed ha una minore probabilità di poter tornare, le destinazioni principali sono europee, Germania, Regno Unito, Francia. Tutto ciò è funzionale al ruolo sempre più imperialista dell’Unione Europea.
Cinzia Della Porta, USB ricerca, ha denunciato anche nel settore della ricerca una forte campagna di privatizzazione, una pesante riduzione di investimenti, la mancanza di un un quadro di politiche economiche ed industriali, e la presenza di un forte divario tra i PIIGS e la Germania. La politica attuata a livello europeo nella ricerca è ben comprensibile in Horizon 2010, il più grande progetto di ricerca che ha la chiara direzione politica della commercializzazione della scienza, quindi di portare la ricerca dal laboratorio al mercato. I progetti che non hanno una ricaduta immediata nelle imprese sono tagliati, ciò è confermato dagli accordi degli ultimi anni del CNR con Confindustria, Federchimica, Ministero della difesa. Dal punto di vista lavorativo c’è una forte precarizzazione con tipologie di contratto diversificate e ricattabilità. La lotta è necessaria per unire i lavoratori, ha affermato Cinzia Della Porta reduce dalla contestazione contro le preannunciate presenze di Renzi e della Giannini presso il CNR di Pisa, contestazione in cui i lavoratori hanno protestato per chiedere stabilizzazione contro la riforma che aumenterà la precarizzazione tra i lavoratori della ricerca.
Lorenzo Giustolisi, USB scuola, ha considerato l’importanza dei temi trattati nel convegno anche rispetto all’opportunità di portare i lavoratori su un terreno elevato per un lavoro sindacale di più ampio respiro. L’attività del lavoro sindacale deve entrare nel merito del lavoro svolto a scuola e quindi intervenire su due livelli di: condizione del lavoro, trasmissione del sapere. Infatti, i processi di riforma limitano la libertà di insegnamento dell’insegnante vanificando il lavoro nei contenuti. Ciò è stato amplificato dalla legge 107/2015 che oltre alla chiamata diretta degli insegnati dai presidi (Francia e Germania non hanno la chiamata diretta) e a numerosi altri cambiamenti peggiorativi ha reso obbligatoria l’alternanza scuola-lavoro: ciò comporta 1milione e mezzo circa di studenti ogni triennio in alternanza. Questo condiziona pesantemente l’attività didattica ma modifica anche il mondo del lavoro in quanto una cospicua parte di giovani comincia il percorso lavorativo a 16 anni: qualcuno se ne deve occupare!
Rosa Cañadell, ex portavoce del sindacato catalano degli insegnanti, Ustec-Sts, ha descritto la situazione riguardante il suo paese non dissimile da quella italiana a dimostrazione della rigidità e della attuazione inesorabile delle direttive europee da parte dei paesi dell’UE. Quanto riportato dalla relatrice catalana è coincidente con il quadro ormai avviato in Italia e ulteriormente peggiorato dalla legge 107/2015, “buona scuola”. La privatizzazione nel sistema scolastico è pesante, il 40% degli studenti frequenta scuola private finanziate dallo stato e nelle scuole pubbliche i servizi di mensa, trasporto e pulizia sono esternalizzati.
In contrapposizione a quanto avviene nei paesi dell’Unione Europea, il compagno cubano, Efrain Echevarria, ha riportato quanto discusso nell’ultimo congresso del partito comunista cubano a proposito di formazione e di scienza e ricerca. Il VII congresso ha ratificato le politiche per rendere operativa l’indicazione di José Martì “essere colti vuol dire essere liberi” e “la scienza è importante per portare pace tra la gente”. A Cuba l’istruzione, in quanto diritto umano, universale e gratuito, è statale e laica e la privatizzazione e la competizione non sono assolutamente contemplate. La scuola è il centro più importante della formazione anche in considerazione del fatto che il sistema formativo fa parte degli apparati ideologici della classe dominante. Cuba è il paese sottosviluppato che più investe nella formazione, nella ricerca e nella scienza per lo sviluppo della società cubana e in maniera compatibile con la sostenibilità ambientale.
Tutti i relatori hanno fornito elementi importanti e chiavi di lettura che consentiranno approfondimenti e sviluppi successivi che potranno coinvolgere, non solo i militanti politici, ma più settori sociali in vario modo coinvolti quali, studenti e lavoratori della formazione della ricerca. Ciò anche con la finalità di individuare strumenti di intervento politico, sindacale e sociale. Prossime occasioni di approfondimento e confronto saranno le presentazioni del numero di Contropiano nel quale, a breve, verranno pubblicati gli atti del convegno. Inoltre, proprio dal giorno del convengo, 30 aprile, è ufficialmente attivo il Centro di Iniziativa e Documentazione dedicato ad Alessandro Mazzone, filosofo e compagno ricordato più volte nel corso del convegno. Il Centro di Iniziativa e Documentazione “A. Mazzone” è ospitato sul sito web della Rete dei Comunisti e si auspica che possa divenire virtuale luogo di incontro di compagni, per confronto, approfondimento e promozione di ulteriori convegni o altre iniziative. Infine è stato dato un appuntamento per la fine dell’anno per un nuovo incontro più mirato sulla questione della scienza, della ricerca e della tecnologia come elementi centrali, assieme alle nuove caratteristiche della forza lavoro, dell’attuale sviluppo delle forze produttive anche in relazione alle trasformazioni sociali possibili.
Fonte: Contropiano
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