di Il Simplicissimus
Un ceto politico che nella sua foga di distruggere i diritti del lavoro e allo stesso tempo di rastrellare un po’ di denaro, si è inventato i voucher, dovrebbe essere pagato esso stesso con i buoni lavoro: due ore in Parlamento a schiamazzare o a produrre cazzate e poi in posta a ritirare i 15 euro. Del resto questo non interferisce con il vero lavoro a tempo pieno cioè quello di mantenere vivo e vitale il sistema politico affaristico che è diventato la normalità, laddove l’eccezione è la correttezza. Paghiamo volentieri il taglione alla banca da cui il datore di lavoro, cioè noi cittadini abbiamo comprato il tagliando, paghiamo l’Inps che si prende la propria quota ben sapendo che non fornirà in cambio nessuna prestazione, ma sia ben chiaro che si tratta di lavoro occasionale e che al primo errore non ci sarà più nessuna chiamata.
Una volta questa funzione era delegata alle urne, ma ormai tra leggi elettorali prossenete del peggio, un meccanismo mediatico e informativo che finisce per impedire un dibattito sensato e per determinare i risultati contro la realtà e gli interessi degli elettori, la forza finanziaria della corruzione, la graduale perdita di senso della rappresentanza, la castizzazione della politica, si tratta di uno strumento inefficace. Il voucher politico è invece l’ideale: si voterebbe non per qualche faccia, ma per determinare le quote da attribuire ad ogni singolo partito o movimento, però senza l’obbligo di consegna del buono. Se il lavoro è mal fatto, se si tradisce la volontà dei cittadini, se non si fa ciò che si è promesso o si fa ciò che non si è setto, niente lavoro accessorio, niente aula del Parlamento e dunque niente affari opachi. Un colpo al cuore.
Potrebbe sembrare un assurdo, ma molto meno di quanto non lo sia l’idea in sé del voucher o comunque della sistematizzazione del lavoro episodico che da una parte erode il lavoro strutturato anche precario soprattutto nel comparto del commercio e del turismo, ma che costituisce un comodo alibi legale per incentivare il lavoro nero invece di combatterlo: con un pugno di buoni per circa 2000 euro lordi (l’esempio è fondato su una precisa casistica) si può far lavorare una persona per un’intera stagione senza che nessuno possa dire nulla: ti pago una miseria per 2 ore al giorno, ma te ne faccio fare 9 o 10. Se non ti sta bene prendo un altro. La realtà è che con un voucher non compri solo il lavoro, ma anche una sorta di immunità dai controlli e una goccia di illusione etica, come se quei pochi euro fossero la penitenza per inconfessabili peccati: lo dimostra l’inarrestabile dilagare di questi buoni che segnano il passaggio dalla precarietà a forme vere e proprie di schiavismo. Non credo affatto che questo effetto abbia colto di sorpresa il milieu politico che si è inventato i voucher: era ciò che si aspettava, che voleva in prima persona e che volevano i burattinai che tirano i fili.
Bene se tutto il lavoro dev’essere di questa qualità e di questo tipo è giusto che lo sia anche quello politico. Un voucher per Renzi (comprato da Banca Etruria ) e poi a casa.
Fonte: Il Simplicissimus
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