di Alberto Zoratti
Le 248 pagine desecretate da Greenpeace non sono solo un'ulteriore occasione per confermare le preoccupazioni e le denunce della società civile sul negoziato TTIP, sono anche un colpo ferale alla retorica della Commissione Europea sulla presunta difesa delle prerogative e degli standard dell'Unione davanti a un rischio di deregolamentazione pesante.
Nei capitoli diffusi, che rappresentano i due terzi del testo discusso all'ultimo round negoziale di New York, a fine aprile, non c'è il minimo accenno al Principio di Precauzione, concetto peraltro rimasto assente anche dalle pagine dei documenti precedenti a cominciare dal Mandato negoziale del giugno 2013. L'approccio è quello "basato sulla scienza", classico degli Stati Uniti, che basano buona parte della loro politica sulla gestione del rischio, e non sulla prevenzione, in caso di incertezza scientifica.
Tutto questo rimette in discussione la volontà della Commissione Europea di non derogare sugli standard alimentari, ad esempio.
Del resto, è la stessa Unione nelle sue proposte nel capitolo SPS (le misure sanitarie e fitosanitarie) in cui vengono esplicitati gli standard, ad esempio, dei residui massimi di pesticida nei nostri piatti o l'accesso o meno al mercato europeo di organismi geneticamente modificati, che indica come organismo internazionale di riferimento il Codex Alimentarius, che ha notoriamente standard meno stringenti della stessa Agenzia per la sicurezza alimentare europea (che peraltro ha sede a Parma).
Tutto questo rimette in discussione la volontà della Commissione Europea di non derogare sugli standard alimentari, ad esempio.
Del resto, è la stessa Unione nelle sue proposte nel capitolo SPS (le misure sanitarie e fitosanitarie) in cui vengono esplicitati gli standard, ad esempio, dei residui massimi di pesticida nei nostri piatti o l'accesso o meno al mercato europeo di organismi geneticamente modificati, che indica come organismo internazionale di riferimento il Codex Alimentarius, che ha notoriamente standard meno stringenti della stessa Agenzia per la sicurezza alimentare europea (che peraltro ha sede a Parma).
Il rischio? È che ogni normativa più rigida di quelle previste dal Codex possa essere considerata come distorsiva del mercato e per questo punibile secondo i meccanismi del trattato. Abbiamo avuto già alcuni precedenti per questioni simili: l'Unione Europea dalla fine degli anni novanta dovette subire ritorsioni commerciali per centinaia di milioni di dollari dagli Stati Uniti, a causa della scelta di non importare carne agli ormoni USA. Scelta considerata distorsiva del mercato (in quel caso dal tribunale dell'Organizzazione Mondiale del Commercio, che si è riferita alle indicazioni del Codex che non considerano la carne agli ormoni così dannosa per i consumatori), una fattispecie di reato che non esiste nel codice penale e civile, ma che diventa coercitiva e quindi causa di sanzioni se inserita in un accordo commerciale.
C'è il rischio che verremo invasi dalla carne alla chimica? Può essere, o almeno c'è il rischio che verremo sanzionati con ritorsioni proprio perché rifiuteremo quell'invasione. Del resto, anche per l'ambito Organismi geneticamente modificati lo scenario è simile: sarà un organismo tecnico a verificare la coerenza delle normative sul tema, esautorando almeno in parte le prerogative delle istituzioni democraticamente elette.
Perchè è questo, alla fine, uno degli obiettivi del TTIP. Mettere in piedi un sistema di cooperazione regolatoria capace di coinvolgere solamente strutture tecniche (le agenzie federali USA) o non elette (la Commissione Europea) nell'armonizzazione delle normative e degli standard, riducendo il più possibile la possibilità di parlamenti e dei singoli cittadini di esercitare un controllo. È il ritorno della Lex Mercatoria a discapito della democrazia. È uno dei principali motivi per cui, il 7 maggio, la società civile scenderà in piazza a Roma.
Fonte: Huntington post - blog della Campagna Stop TTIP
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