La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

giovedì 5 maggio 2016

Industry 4.0: Personalizzazione, flessibilità, velocità. E il contratto nazionale sparisce

di Mario Sai
Il 20 aprile in Italia i metalmeccanici hanno scioperato per il contratto nazionale. Il 25 aprile, inaugurando la fiera di Hannover, la cancelliera Merkel e il presidente Obama hanno dato il loro sostegno politico al programma “Industry 4.0”. Sono due momenti del grande processo di trasformazione del modo di produrre , al cui centro non sono solo le tecnologie, ma il ruolo dei lavoratori , se autonomo o subalterno a questo cambiamento. Superato l’arcigno ammonimento di Taylor “non siete pagati per pensare”, ora nella fase della grande innovazione del Toyota Production System, il TPS, ai lavoratori si dice “la qualità dipende da voi”, perché siete il sistema nevoso di un “ un processo di miglioramento continuo “ dei metodi di lavoro e dei prodotti.
E’ il kaizen , che sta alla base della riorganizzazione di un migliaio di grande e medie imprese italiane, in gran parte manifatturiere. Di esse quella di Fabio Storchi, il presidente di Federmeccanica, è considerata una buona pratica da Masaaki Imai, uno degli ingegneri giapponesi che si sono assunti il compito di diffondere il TPS nel mondo e che opera da più di in decennio in Italia attraverso il “Kaizen Institute” di Bologna.
Avere una produzione con zero sprechi, zero difetti, in tempi certi richiede ai lavoratori energia, inventiva, ma anche tanta fatica. Non a caso, per la loro lunga esperienza, gli operai giapponesi definiscono il kaizen come “ uno strizzare acqua da un asciugamano asciutto”. Questo impegno, per essere sostenibile, deve essere riconosciuto e pagato , ma come parte del processo di costruzione della “comunità aziendale”, di cui i lavoratori devono sentire di appartenere , avendo in cambio una promessa di lavoro stabile e i benefici del welfare aziendale.
L’aziendalismo è la cifra del TPS ,che per questo ritiene un intralcio il contratto nazionale con i suoi diritti e le sue garanzie per tutti. Fabio Storchi ha dietro le spalle questa cultura e questa pratica quando propone come centrali nel rinnovo contrattuale il welfare e il salario contratti in azienda, cioè l’eutanasia del contratto nazionale.
L’obiettivo è un sindacato collaborativo o marginale, senza potere contrattuale sulle concrete condizioni di lavoro lasciate al governo dell’impresa, che interviene attraverso i team leader, lavoratori con competenze specialistiche e trasversali che su mandato dell’azienda coordinano un piccolo gruppo di compagni . E‘ una estesa rete di consenso alle politiche ed ai valori aziendali, rispetto alla quale i rappresentanti sindacali sono in grande svantaggio , anche numerico: in media sono uno contro dieci.
“Industry 4.0” deve essere un ulteriore avanzamento in questa direzione: più internet, più robotica, più stampanti 3D; pianificazione della produzione via rete integrandovi il cliente come partner e governando così la turbolenza dei mercati; logistiche adattabili perché continuerà a crescere la rete della fornitura . Il mercato richiede personalizzazione, flessibilità, velocità. Per questo non basta la tecnologia. Servono figure professionali poliedriche e competenti che sappiano gestire la complessità e risolvere problemi, . I teorici di “ Industry 4.0 “puntano sull’ operaio “aumentato”, più versatile di in robot, nervo della lean production.
Avrà, comunque, sempre il difetto di fare domande sulla sua condizione. Finora il TPS è sembrato avere le risposte, puntando sulle culture aziendali e sulla partecipazione in via gerarchica per i lavoratori al centro del processo produttivo e disperdendo tutti gli altri nel vasto mare del precariato, dagli immigrati che fanno funzionare la logistica ai nuovi lavoratori autonomi iper-laureati dei moderni servizi alle imprese.
Non è detto che sia sempre così e che non sia possibile una ripresa di iniziativa sindacale, di cui i contratti nazionali sono aspetto importante. Occorre, però, aprire una discussione intorno al ruolo dei lavoratori nei processi di innovazione tecnologica e di cambiamento sociale. E’ positivo che nel documento di CGIL-CISL-Uil per un moderno sistema di relazioni industriali si accetti la sfida sulla questione della partecipazione toglendola dal chiuso recinto dell’aziendalismo e della dipendenza gerarchica e riproponendola come “ valore fondamentale per la crescita democratica, politica e sociale dell’ intera collettività nazionale” come è giusta la scelta della contrattazione “inclusiva” come strumento per unire quanto il TPS tiene diviso. Condizione di tutto ciò è un sindacato colto e combattivo, capace di proposta e di conflitto. Con questo si deve cimentare la nuova generazione di quadri sindacali per uscire dalle trappole del “nuovismo “e del burocratismo.

Fonte: il manifesto 

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