La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

domenica 5 giugno 2016

Comunali, la partita della nazione

di Andrea Colombo
Si vota solo per i sindaci: parola di premier. Solo che non è vero, e non potrebbe esserlo. Nella prova, in realtà, Renzi si gioca parecchio. Una sconfitta secca nelle elezioni di oggi sarebbe il segno che la sua stella si è offuscata e si sa come vanno queste cose in Italia, dove l’adorazione per i vincitori è pari solo alla rapidità con cui li si abbandona quando smettono di essere tali. Essere sconfitto di brutta nelle metropoli a giugno sarebbe un pessimo viatico anche per l’incontro dove Renzi ha deciso di mettere in palio il titolo, quello di ottobre. In compenso gli effetti di una vittoria sarebbero moltiplicati dalle stesse difficoltà di questa tornata elettorale. Renzi ne emergerebbe come leader capace di vincere anche a fronte di condizioni di partenza sfavorevoli. Le sue quotazioni si impennerebbero come dopo le trionfali europee del 2014.
Quel che rende davvero interessante il quadro è che alla vigilia tutti gli esiti sono possibili: dal trionfo al disastro.
La partita più delicata, si sa, è quella di Milano, dove il candidato di centrodestra (che però tra i due principali contendenti è quello più di sinistra) Stefano Parisi ha recuperato lo svantaggio iniziale su Beppe Sala, il papabile di centrosinistra (che, a riprova dell’aspetto delirante di queste elezioni, è quello più di destra). Ma qui l’esito dello scontro dovrà attendere il ballottaggio, praticamente certo.
Le cose stanno diversamente a Roma e Napoli: in entrambe le città l’obiettivo del premier non è la vittoria ma l’arrivo al ballottaggio: mancarlo, soprattutto nella capitale, sarebbe esiziale in termini d’immagine. A Roma, a inizio corsa, il traguardo sembrava quasi irragiungibile. Oggi è a portata di mano, complice anche la scelta della destra di contarsi in un duello rusticano proprio a Roma, con Forza Italia a sostegno di Alfio Marchini, mentre Lega e FdI sono schierati con Giorgia Meloni. Una volta raggiunto il ballottaggio, non c’è limite ai sogni. Tanto più che, dopo una partenza fiacca, Roberto Giachetti sembra aver preso la rincorsa, tanto da legittimare il miraggio di battere allo spareggio la pentastellata Virginia Raggi.
A Napoli non c’è miraggio che tenga. Salvo intervento di san Gennaro, la riconferma di Luigi de Magistris è garantita. La partita è tutta per il secondo posto, quello che avrà riflessi sul quadro nazionale anche perché de Magistris è al momento un outsider locale. Qualche settimane fa il Nazareno paventava addirittura un umiliante quarto posto per Valeria Valente: dietro al candidato unitario della destra Gianni Lettieri e al lombardo-napoletano a 5 stelle Matteo Brambilla. Oggi Valente ha buone possibilità di conquistare il ballottaggio e Renzi ci metterebbe la firma.
Resta Torino, essendo la vittoria del dem Virginio Merola a Bologna certa, forse già al primo turno. Il sindaco uscente Piero Fassino sarà probabilmente costretto al ballottaggio dalla candidata dei 5 Stelle Chiara Appendino e potrebbe essere un guaio, anche se il vantaggio iniziale di Fassino dovrebbe essere netto.
Per capire come sono andate le cose a Renzi bisognerà tenere presente l’intero quadro. Per il partito che lo tallona, l’M5S, basterà guardare i risultati di Roma. Proprio perché nella capitale la vittoria della Raggi è data da mesi per probabilissima, l’eventuale pollice verso delle urne sarebbe devastante. Una vittoria, però, legittimerebbe definitivamente l’ambizione pentastellata di arrivare, dopo il Campidoglio, anche a palazzo Chigi. Il verdetto finale arriverà solo tra due settimane, ma qualcosa si inizierà a capire già stanotte, sulla base dello stacco più o meno ridotto tra lei e lo sfidante.
Silvio Berlusconi e Matteo Salvini, si sa, giocano su due tavoli. Sul primo, quello di Milano e Napoli, fanno squadra: se riuscissero a battere il già favoritissimo Sala la spinta a cercare a tutti i costi un modo per correre insieme alle politiche sarebbe imperiosa. Sul secondo, quello di Roma, si affrontano per decidere chi dovrà guidare un’alleanza che in realtà ancora non esiste e che le dinamiche dell’Italicum rendono, se non impossibile, certo difficile.
Per Berlusconi l’essenziale è impedire a Giorgia Meloni di conquistare il ballottaggio, in modo da provare alla stessa e a Salvini di essere ancora essenziale. Ma chi lo ha sentito nelle ultime ore dice che sia lui che la sua bravissima sondaggista non disperano di vedere Marchini allo spareggio. Se nessuno dei supererà Giachetti o sopravanzerà l’altro di molte misure, il punto, politicamente, se lo aggiudicherà Arcore, ma in modo tale da garantire alla destra nuovi mesi di lacerazioni e tormenti.
La sinistra si gioca il futuro su due piazze: Torino, dove Giorgio Airaudo dispone di un solido insediamento e dovrebbe pertanto arrivare a un buon risultato, e soprattutto Roma, che è in realtà la grande incognita. Stefano Fassina deve dimostrare che c’è spazio politico sufficiente per tentare di dar vita a una forza politica di sinistra, in un Paese dove sembrano ormai presenti solo differenti tonalità di destra. E’ una sfida più impegnativa e difficile di una corsa al ballottaggio.

Fonte: il manifesto 

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