di Paolo Berdini
Comprendo che la polemica politica abbia la capacità di accentuare fino alla caricatura le posizioni altrui e giustifico dunque l’impostazione del ragionamento scelta dall’onorevole Roberto Giachetti . Ma se si passa al merito la musica cambia e si deve dissentire con forza ad iniziare da una questione che considero centrale e che invece occupa il primo degli argomenti di critica che egli utilizza per contestarne l’impianto. Giachetti chiede retoricamente quale sia l’importanza del ripristino della legalità che ho posto al primo punto del programma urbanistico e che la sindaca Raggi ha pienamente condiviso anche perché si è battuta contro la mala urbanistica nei tre anni della sua esperienza di opposizione consiliare.
Non so cos’altro avrebbe dovuto succedere a Roma per convincerci tutti a chiudere per sempre la fase delle varianti urbanistiche approvate senza un quadro d’insieme ma soltanto per favorire questa o quella cordata di finanzieri e imprenditori. Con tutti gli istituti della deroga urbanistica che il Parlamento di cui Giachetti è autorevole membro sforna a ripetizione si può costruire dappertutto qualsiasi insediamento residenziale o produttivo con la conseguenza che gli interessi pubblici sono stati subordinati sempre alla più completa libertà del privato.
Negli anni, nei lunghi anni, del centrosinistra romano, e cioè a partire dal lontano 1993 sono state approvate tali e tante deroghe urbanistiche alla nostra città che è oggi difficile recuperarne perfino l’elenco. Roma è stata insomma il battistrada della cultura nazionale della deroga urbanistica. Interi quartieri nati in aree che non lo consentivano; enormi e onnivori centri commerciali nati al posto di indispensabili servizi pubblici; aree agricole vaste e preziose sacrificate per consentire la costruzione di sempre nuove, grandi, desolate, anonime periferie. Si è addirittura consentito di aprire fast food in aree verdi di proprietà comunale.
La gravità di questo uso disinvolto dell’urbanistica ha portato principalmente a due gravi conseguenze. Dal punto di vista della vivibilità urbana è evidente – e Giachetti stesso lo sottolinea nel suo discorso – che abbiamo lasciato che si realizzassero brandelli di periferia senza quel minimo di struttura pubblica che sola definisce la città. Ma c’è un secondo aspetto che mi interessa ancora di più. L’inchiesta Mafia capitale ha finora scoperchiato il vaso di Pandora dell’accaparramento di finanziamenti pubblici attraverso procedure discrezionali: in questo modo sono prosperate come noto cooperative e imprese di servizi legate alla mala politica. Ma rendere edificabile un terreno agricolo o a basso valore economico, questo è il punto, comporta un arricchimento ancora più elevato di un appalto o di un finanziamento per gestire un servizio pubblico.
Si è in altri termini consentito di privilegiare alcuni proprietari fondiari e sono convinto che i riflettori della Procura della Repubblica si apriranno anche su questo settore. Anzi, dovrebbe essere noto a Giachetti che esistono già numerosissimi fascicoli di indagine in corso. Attraverso deroghe e mancanza di rigore non sono state infatti rispettate le convenzioni urbanistiche che prevedevano la realizzazione di opere pubbliche mentre le parti private sono state da tempo concluse. Nei piani di edilizia economica è mancata la vigilanza e si è consentito a imprese e cooperative di guadagnare sulle spalle di famiglie che cercavano soltanto di realizzare il sogno di una casa. E così via, gli esempi sono innumerevoli, ma la sostanza di questo malgoverno è sempre la stessa.
E arrivo così al punto decisivo. Afferma Giachetti che se c’è il sospetto della mancanza di legalità bisogna andare in Procura. Non mancheremo di farlo come lo abbiamo fatto negli scorsi anni in altri ruoli. Ma il problema fondamentale è che magistratura e forze di polizia sono indispensabili e sono messe in grado di operare al meglio se ci sono regole chiare. Ma non sarà così fino a che le regole urbanistiche possono essere contraddette dalle deroghe, e dunque non riusciremo nel compito di costruire città umane e vivibili. E qui mi sembra che possa aprirsi uno spazio di dialogo fecondo: è la questione delle periferie a rappresentare infatti il nodo centrale da affrontare.
Una città che si presenta con un centro antico meraviglioso ed ha la periferia più estesa disordinata e priva di servizi d’Europa non può competere con le altre città e non può rivendicare il ruolo di capitale che pure è scritto nel suo logo. Questo tema, ammetterà Giachetti, è presente eccome nel programma urbanistico del sindaco Raggi anche se non abbiamo seguito la liturgia di elencare a casaccio tutti i luoghi del degrado. Ed allora quando a settembre ci sarà lo spazio per iniziare a ragionare come fare uscire Roma dal tunnel in cui l’ha cacciata la cultura della deroga e della trasgressione, ci saranno tutti gli spazi culturali e disciplinari per avviare la gigantesca opera di recupero della periferia, come la definisce Papa Francesco, esistenziale e fisica.
Fonte: il manifesto
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.