di Susanna Turco
È cambiato il sindaco, si è rivoluzionata la maggioranza al Campidoglio ma, per la seconda estate consecutiva – e sempre regnando Renzi – Roma che annaspa nell’emergenza rifiuti (e non solo) è il cuore del romanzone politico dell’estate. Ne parla anche Le Monde. Come con Ignazio Marino, anzi molto di più: adesso c’è pure una giovane donna al comando, madre persino, e il suo bravo possibile “Raggio magico” di fedelissimi, con tutto il coté di congetture che si possono applicare a una donna, dal presunto (e smentito) fidanzato al classico, gettonatissimo, “si è fatta condizionare”.
E poi non è più il Pd contro se stesso, o l’uno contro tutti: adesso la Capitale è il punto in cui si incrociano le lance delle prossime politiche, si scontrano le aspirazioni ascensionali dei Cinque stelle – lato Luigi Di Maio anzitutto – e le aspirazioni non discensionali di Matteo Renzi. Altrimenti detto: se attraverso Roma i grillini aspirano a conquistare il governo del Paese, è sempre attraverso Roma che Renzi cerca di non perdere (ancora) quota. Per gli uni la Capitale è una spada, una scala. Per l’altro è uno scudo, un drappo rosso che serve a concentrare i furori su un luogo diverso da se stesso e Palazzo Chigi. Fino al referendum, almeno.
E poi non è più il Pd contro se stesso, o l’uno contro tutti: adesso la Capitale è il punto in cui si incrociano le lance delle prossime politiche, si scontrano le aspirazioni ascensionali dei Cinque stelle – lato Luigi Di Maio anzitutto – e le aspirazioni non discensionali di Matteo Renzi. Altrimenti detto: se attraverso Roma i grillini aspirano a conquistare il governo del Paese, è sempre attraverso Roma che Renzi cerca di non perdere (ancora) quota. Per gli uni la Capitale è una spada, una scala. Per l’altro è uno scudo, un drappo rosso che serve a concentrare i furori su un luogo diverso da se stesso e Palazzo Chigi. Fino al referendum, almeno.
La risultante è una guerra talmente guerreggiata che tutto fa rumore, un fragore di inferno: fa grande scandalo il fatto, per dire, che l’assessora che si occupa dei rifiuti abbia fatto la consulente per la società che gestisce i rifiuti (configurando una teoria da “conflitto di interesse” che è tuttavia in pratica ancora tutta da dimostrare); ma non basta, ci si accapiglia persino sul calcolo di quanto abbia preso al giorno, e per quanti giorni, nei dodici anni da consulente. Acribia la cui rilevanza ricorda quella degli scontrini di Marino: tanto scandalosi prima, quanto poi dimenticati. E i segnali sono continui. Rari quelli diretti. Da ultimo, l’intervento di Raffaele Cantone, grandissimo interprete di questi anni: dopo giorni di guerra a colpi di dossier tra il dimissionario presidente Ama Fortini e la neo assessora Muraro, il presidente dell’Anac ha infatti deciso di aprire giusto ora una istruttoria sull’Ama, ossia esaminerà appalti e procedure di affidamento dei rifiuti a Roma. Negli anni e mesi scorsi non c’erano sufficienti elementi, si vede. Ieri invece il ministro dell’Ambiente Gianluca Galletti – l’unico Udc al governo, praticamente un panda – ha strigliato la sindaca definendo la situazione rifiuti “francamente preoccupante” e “al limite” dell’emergenza. “Fa piacere che Galletti abbia scoperto che a Roma ci sia un problema con i rifiuti”, è la replica pentastellata.
In effetti, dal punto di vista cognitivo, sembra in generale di stare poco sopra la scoperta dell’acqua calda. E da questo punto di vista ha buon gioco Di Maio a giocare all’anti-partiti: “La nostra colpa a Roma è non avere risolto in venti giorni le emergenze create dai partiti in venti anni”, twitta.
Certo poi nemmeno i Cinque stelle se la passano bene. Sempre su Roma, si gioca al loro interno la partita decisiva sulla guida del movimento: se Virginia Raggi deve dimostrare di saper governare Roma, Di Maio deve dimostrare di saper governare bene la sindaca e chi la circonda. E’ una prova di leadership. Di qui, il moltiplicarsi di tensioni tra le varie fazioni, incontri bilaterali, “processi” a casa di Di Battista, che certo non rendono più splendente l’immagine di un movimento che in questa prima fase di governo romano zoppicchia. Al contrario, si segnala per vivacità un Pd romano che – avendo dimostrato dopo la sconfitta una capacità di rinnovarsi tale da proporre tutt’ora Matteo Orfini come sua figura apicale – si sta dimostrando invece abilissimo nella funzione di scudo, anti-grillina e pro renziana. Anche grazie a una compagine comunale che, a partire da Michaela De Biase, capogruppo Pd in Campidoglio e moglie del ministro della Cultura Dario Franceschini, è tutt’altro che slegata dal vertice del Pd, anzi.
Fonte: L'Espresso
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