di Vindice Levis
Il clima è infame. E’ vero. Ma ha un responsabile. E’ Matteo Renzi con i numerosi sostenitori a prescindere che stanno lavorando, incoscienti o come volenterosi complici, a devastare le basi fondamentali del comune sentimento democratico. Ma con qualsiasi risultato che uscirà dalle urne del 4 dicembre, Renzi sarà ricordato come un uomo pericoloso. Come il simbolo della divisione più odiosa, becera, infame del popolo italiano. Come colui che ha tentato di manomettere la Costituzione repubblicana nata dalla Resistenza in modo profondo (eliminando elettività, centralizzando lo Stato, massacrando le prerogative parlamentari).
Non il garrulo statista che pretende di essere, ma il personaggio ispirato, nella pratica, dal Piano di Rinascita nazionale della P2 di Licio Gelli. Forse infine lo ricorderemo come l’uomo che ha chiesto al popolo italiano di votare contro se stesso, i suoi principi, i suoi diritti. Il presidente del consiglio più legato alle imprese e ai loro interessi, alle mire delle banche d’affari che si ricordi.
Non il garrulo statista che pretende di essere, ma il personaggio ispirato, nella pratica, dal Piano di Rinascita nazionale della P2 di Licio Gelli. Forse infine lo ricorderemo come l’uomo che ha chiesto al popolo italiano di votare contro se stesso, i suoi principi, i suoi diritti. Il presidente del consiglio più legato alle imprese e ai loro interessi, alle mire delle banche d’affari che si ricordi.
Renzi è un bugiardo matricolato. Ed è abituato a mentire sempre, ovunque. Ha persino sventolato in tv una scheda elettorale di un Senato elettivo che lui vuole cancellare. Armi di distrazioni di massa perché il suo governo è il protagonista della stagione più buia della Repubblica grazie ai fedelissimi e mediocri parlamentari nominati. In attesa che venga ricordato dai posteri, rinfreschiamoci la memoria su questo devastante triennio, sulle azioni e opere dell’esecutivo Pd-Alfano-Verdini.
E’ il governo che ha manomesso la scuola pubblica, minando le stesse basi della formazione libera ed eguale per favorire un sistema formativo simil azienda che, ora, sta miseramente crollando. Renzi stesso è il tenace e feroce propugnatore del jobs act, cioè della peggiore riforma del diritto del lavoro approvata in settanta anni di vita repubblicana. Una legge che ha eliminato l’architrave del diritto, l’articolo 18, che garantiva il reintegro dai licenziamenti sostituendo un diritto con un misero risarcimento. Il jobs act ha partorito dieci miliardi di euro di sgravi agli amici imprenditori che hanno intascato il malloppo per poi attuare licenziamenti di massa. E le tutele crescenti sono un miserabile imbroglio che ha garantito il precariato e reso i lavoratori deboli, impauriti, ricattabili. Con questa legge perniciosa Renzi si è dimostrato l’uomo dell’aggressione al ruolo del sindacato al quale non riconosce diritto di contrattazione (e il sindacato, Cgil compresa, poco ha fatto per contrastare l’arroganza del premier). D’altra parte la sua vicinanza affettiva e d’interessi con industriali di varia tacca è sotto gli occhi di tutti. Sempre dalla parte dei loro desideri, completamente distante da chi lavora, soffre o non ha occupazione. Con il suo governo e con le giunte regionali del Pd, inoltre la sanità è sempre più privatizzata a scapito di quella pubblica.
Il cambio di decine di articoli della Costituzione rientra in questo disegno. Manomettere l’elettività del Senato e farne una ridicola camera dei lord regionali non significa abolire il bicameralismo. Ma plasma una creatura deforme che determinerà enormi problemi. Così come la torsione autoritaria nei confronti del Parlamento da parte del governo che si arrogherà il diritto, quando ci saranno interessi corposi e magari personali, di imporre tempi certi. Dopo la seconda parte della Costituzione, la bulimia autoritaria del Partito della Nazione prenderà di mira la prima, quella che definisce la biografia democratica dell’Italia repubblicana. Lo chiedono le banche d’affari e le agenzie di rating che ritengono la nostra una Costituzione troppo socialista.E per non sbagliare votano sì.
La posta in gioco è, dunque, altissima. Renzi, la maggioranza del Pd, gli ascari alfaniani, qualche sindaco o ex sindaco “arancione” che gode nella subalternità, i sindacati gialli e le organizzazioni padronali dell’industria e dell’agricoltura sono con lui. E lo appoggiano con un chiaro disegno politico i leader europei un tempo paladini del rigore e dell’austerità a senso unico contro i poveri e i lavoratori. Vogliono schiacciare ciò che resta della resistenza degli italiani, desiderano un popolo di sudditi, prono ai desideri di banche, finanzieri, tecnocrazie.
Renzi è il vero, unico, inimitabile rappresentante della casta, della razza padrona, dei potenti. Per questo bisogna votare NO per difendere senza indugio la Costituzione, i diritti, la possibilità di attuarla seriamente questa nostra Carta boicottata da decenni. Perché dietro il disegno renziano c’è una voglia di autoritarismo che svuota gli istituti rappresentativi. E se aggiungiamo l’Italicum,potremmo entrare nell’incubo della non-democrazia. Il No a questa “riforma” è un dovere civico e morale, oltre che politico. Loro hanno montagne di soldi, hanno il potere, i mezzi di informazione. Per questo non un voto deve andare sprecato. Casa per casa come ai vecchi tempi. Perché se vince il Sì sarà tutto più difficile per i cittadini italiani. E il pericolo è davvero dietro l’angolo.
Fonte: fuoripagina.it
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.