Intervista a Maurizio Acerbo di Blasting News
Maurizio Acerbo, nuovo segretario nazionale di Rifondazione Comunista parla degli obiettivi del partito e di futuro della sinistra. In occasione del corteo organizzato dall’ANPI a Roma lo scorso 25 aprile per il 72° anniversario della Liberazione, abbiamo intervistato in esclusiva Maurizio Acerbo. 51 anni, abruzzese, ex deputato e da meno di un mese nuovo segretario nazionale di Rifondazione Comunista, prendendo il posto di Paolo Ferrero che lascia la guida del partito dopo quasi nove anni. Ecco cosa ci ha detto.
“Il nostro obiettivo è quello di far uscire dallo stato di marginalità quel poco di sinistra che è rimasto in Italia. Abbiamo fatto una traversata nel deserto come Rifondazione, in direzione ostinata e contraria dal 2008 quando scegliemmo di non allearci col PD. Fin dall’inizio avevamo capito che tale partito aveva nel codice genetico il neoliberismo e la fine del rapporto con l’eredità della storia della sinistra, tutto ciò ben prima dell’arrivo di Renzi, il quale è il risultato e l’esito di un processo, che ha molti responsabili, compresi tanti di quelli che oggi lo criticano. Le nostre scelte di questi anni ci sono costate l’uscita dal Parlamento, dove saremmo potuti rientrare comodamente come hanno fatto altri con meno voti di noi, ci è costato l’uscita da gran parte delle Regioni e dei Comuni, ma era indispensabile per ridare un profilo di credibilità a una sinistra che ha perso il radicamento popolare e il capitale di fiducia che aveva in ampi settori, perché è apparsa come l’ala sinistra dei politicanti e della casta. Noi vogliamo uscire da questa frantumazione che ci vede deboli non solo nella rappresentanza politica ma anche nelle lotte sociali: fino a quando Rifondazione ha avuto una sua forza di massa, una sua visibilità e una presenza parlamentare, pur magari criticando il partito c’erano giganteschi movimenti: non vi era un weekend in cui Roma non fosse attraversata da una grande manifestazione; mi pare evidente che questo indebolimento della sinistra politica si è tradotto anche in un drammatico indebolimento della sinistra sociale”..
Questa frammentazione a sinistra sembra però non essersi conclusa, c’è la possibilità di una ricomposizione anche in vista delle Elezioni politiche che sono sempre più vicine?
"Io penso che non dobbiamo lavorare per una semplice alleanza elettorale, noi proponiamo da anni che nasca in Italia un soggetto unitario della sinistra antiliberista alternativo al PD. Non ha senso un discorso del ‘volemose bene’ perché quando ci sono divergenze politiche enormi è ovvio e giusto che ci sia divisione, ma oggi c’è uno schieramento possibile di forze (o peggio di debolezze) politiche e sociali che possono ritrovarsi sugli obiettivi concreti: la critica all’Unione Europea per come è stata costruita sulla base dei Trattati, la difesa della Costituzione, la lotta dei beni comuni e dell’ambiente, nelle battaglie per il lavoro, contro la precarietà e per un reddito minimo garantito (che noi proponiamo da tanti anni prima del M5S), sulla richiesta della riduzione dell’orario di lavoro (lavorare meno, lavorare tutti è l’unica soluzione in questo contesto).
Quelli che sono d’accordo con questo, e pertanto sono alternativi al PD, possono costruire insieme un soggetto politico senza sciogliersi, nella massima pluralità delle culture e insieme fare una soggettività nuova che coinvolga la gran maggioranza dei comunisti e delle persone di sinistra, degli ecologisti e dei libertari, che oggi sono senza la tessera di alcun partito. Si guardi alla Spagna dove le più grandi città sono governate dalla sinistra radicale. A Barcellona pochi giorni fa ho partecipato all’assemblea fondativa del nuovo soggetto politico catalano, che è un passo ulteriore rispetto alle liste unitarie di Podemos e Izquierda Unida: un nuovo soggetto fatto di tanti partiti ma anche di persone e attivisti sociali. Perché non si può fare anche in Italia? Perché qui l’opposizione deve essere delegata a un movimento virtuale fatto da gente che non è mai stata nelle lotte e invece non ci può essere un movimento di quelli che le lotte le fanno davvero?”
A proposito di esperienze estere, pochi giorni fa il voto in Francia. Voi appoggiavate Melenchon che è andato molto bene, ma adesso non ha dato indicazione di voto al ballottaggio. Cosa pensa di quanto sta accadendo oltralpe?
“Ovviamente sia i compagni del PCF che Melenchon fanno parte come noi del Partito della Sinistra Europea, quello che decidono di fare in Francia lo scelgono loro e noi rispettiamo le loro scelte. Ma quello che hanno fatto tutti insieme è storico, il 20% è il più alto risultato della storia per chi sta alla sinistra dei socialisti; mi pare che Melenchon abbia voluto dare un segno, ovvero che noi non abbiamo più niente da sparire con chi rappresenta il grande capitale finanziario come Macron. Poi magari i compagni della sinistra francese andranno a votare per impedire che vinca la Le Pen, ma senza più l’idea che ci possa essere un centrosinistra perché Macron è uno dei responsabili delle politiche di governo di Hollande, contro la quale in Francia ci sono stati vari scioperi generali. L’importante è che la Francia, dopo la Grecia, la Spagna e il Portogallo, dimostra come una sinistra che sia molto radicale e di rottura, non compromessa con le classi dirigenti responsabili della crisi sociale, che trovi il linguaggio giusto e il coraggio di innovare mantenendo i propri principi, può riaggregare il suo popolo disperso e conquistare dentro la crisi tanta altra gente. Il 20% di Melenchon è un segnale di speranza per l’Europa e mostra che non dobbiamo rifugiarci in formule da politicanti ma scegliere la strada del rapporto diretto con le persone. Come è stato scritto da qualcuno in Francia al ballottaggio dovranno scegliere fra la peste e il colera, ecco in Italia la sinistra deve dare l’idea di essere un’alternativa sia alla peste che al colera”.
Fonte: Blasting News
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