di Mauro Pompili
Dal profondo della prigione israeliana dove è rinchiuso da 15 anni Marwan Barghouti è tornato prepotentemente a essere un protagonista del conflitto israelo-palestinese. Da una decina di giorni più di mille carcerati palestinesi hanno raccolto il suo appello e aderito a uno sciopero della fame di massa. Un leader mai dimenticato. Barghouti è il più importante tra le migliaia di cittadini della Palestina detenuti nelle prigioni d'Israele e, nonostante i molti anni dietro le sbarre, continua a rappresentare una delle personalità più rilevanti della politica palestinese. Il grande seguito popolare che l’iniziativa sta avendo, fuori e dentro le galere, dimostra come questo leader non sia stato dimenticato.
DAL 1967 850 MILA IMPRIGIONATI. Inoltre la questione dei prigionieri è particolarmente sentita dai palestinesi. Sono 850 mila quelli imprigionati dall’inizio dell’occupazione dei territori palestinesi nel 1967. Ogni famiglia ha o ha avuto almeno un parente detenuto.
Le autorità israeliane per ora si rifiutano di trattare con i prigionieri che chiedono un miglioramento delle condizioni detentive. Il ministro della Sicurezza interna Gilad Erdan ha detto che si tratta di «terroristi e assassini che hanno ciò che meritano e non abbiamo alcuna ragione per negoziare con loro». Il titolare della Difesa Avigdor Lieberman ha dichiarato, nei primi giorni dell’agitazione, di sostenere «l’approccio di Margaret Thatcher». Riferendosi alla posizione dell'ex primo ministro britannico che nel 1981 rifiutò di cedere alle richieste dei prigionieri irlandesi in sciopero della fame. Dieci membri dell’Ira morirono durante quella protesta.
EROE NAZIONALE COME MANDELA. Barghouti per la maggioranza dei palestinesi è un eroe nazionale, spesso paragonato all'ex presidente del Sudafrica Nelson Mandela. Così questo sciopero della fame è stato chiamato La lunga marcia verso la libertà, come il titolo dell’autobiografia in cui Mandela racconta gli anni trascorsi in carcere durante l'apartheid. Qadura Fares, responsabile dell'Associazione dei prigionieri palestinesi, ha spiegato che «Marwan è il miglior candidato per ispirare e guidare la nuova generazione da dietro le sbarre, proprio come ha fatto Mandela. Le prigioni israeliane sono diventate la culla di un movimento duraturo per l’autodeterminazione palestinese».
Nelle carceri di Tel Aviv, secondo fonti palestinesi, ci sono 6.500 detenuti per ragioni di sicurezza. Le accuse vanno dal lancio di pietre all’adesione a gruppi ritenuti terroristici fino alla partecipazione ad attentati. Sono però diverse centinaia i detenuti senza processo o a cui non è mai stata formalizzata un’accusa. Nelle stesse prigioni e nelle stesse condizioni un numero imprecisato di minori e bambini, come a più riprese hanno denunciato Unicef e diverse associazioni peri diritti umani.
CONDANNATO A CINQUE ERGASTOLI. Barghouti è stato arrestato nel 2002, durante la seconda Intifada, e condannato a scontare cinque ergastoli perché ritenuto colpevole di coordinare gli attacchi contro gli israeliani. Al processo non si è difeso perché si è rifiutato di riconoscere l’autorità del tribunale che lo giudicava. Al momento attuale almeno 1.500 prigionieri hanno aderito allo sciopero. Le loro richieste puntano a migliori condizioni in carcere e alla fine della pratica di detenzione senza processo.
Il significato di questo sciopero sembra però andare oltre le rivendicazioni dirette con implicazioni che potrebbero portare alla fine della decennale divisione tra il movimento Fatah di Abbas e il gruppo rivale Hamas. Divisione che ha avuto effetti devastanti per il popolo palestinese.
POSSIBILE SUCCESSORE DI ABBAS. Questo si spiega guardando a cosa rappresenta oggi Barghouti nella politica palestinese. Negli ultimi anni i sondaggi lo hanno sempre indicato a larghissima maggioranza come il successore dell’attuale presidente Mahmoud Abbas con più consenso. Inoltre è considerato l’unica figura del movimento Fatah che godrebbe di un discreto sostegno da parte di Hamas.
Barghouti sembra quindi in grado di diventare il nuovo presidente palestinese, e molti ritengono che Israele sarà costretto a liberarlo. Nel corso degli anni altri detenuti di primo piano sono stati rilasciati in scambi di prigionieri. Attualmente, con i negoziati di pace congelati, il rilascio sembra lontano, ma Barghouti intanto è impegnato a prepararsi per il futuro, anche usando lo sciopero della fame per rafforzare la sua posizione.
TRASFERITO E MESSO IN ISOLAMENTO. Anche le istituzioni israeliane sembrano temere questa eventualità. Secondo le autorità carcerarie Barghouti non ha uno status speciale ed è trattato come un qualsiasi altro prigioniero, ma il giorno dopo l’inizio dello sciopero è stato trasferito in un nuovo carcere e messo in isolamento. Se l’agitazione durerà a lungo la situazione per Israele potrebbe diventare difficile da gestire, e se accadesse qualcosa a Barghouti esploderebbero gravi disordini. La moglie del leader, Fadwa, ha detto di temere per la vita del marito e la salute di tutti i prigionieri. «Si tratta di una questione di vita o di morte. Uno sciopero della fame non è uno scherzo».
Fonte: lettera43.it
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