di Pietro Raitano
“Perché mi dovrebbe importare?” ci ha chiesto qualche tempo fa uno studente diciottenne di una scuola lombarda, una delle tante nelle quali Altreconomia si reca per parlare di economia, globalizzazione e diritti. Era un incontro che prendeva spunto dal commercio equo e solidale, e si dibatteva in particolare delle condizioni di lavoro e sfruttamento nei Paesi del Sud del mondo. Un ragionamento classico, forse ormai addirittura banale: la merce a buon prezzo nasconde costi che non riconosciamo, come la salute, i diritti, la tutela dell’ambiente. “Perché mi dovrebbe importare?” ha ribattuto quel ragazzo. La domanda -a pensarci bene- non è affatto banale, tantomeno cinica. Né la risposta non può esserlo: bontà d’animo? Giustizia? Egoismo? Buon senso? Oppure: in effetti non sono problemi tuoi.
A gennaio 2017 il primo -e ultimo- presidente dell’Unione Sovietica Michail Gorbačëv (85 anni, premio Nobel per la pace nel 1990) ha scritto un intervento sul settimanale statunitense Time alla vigilia della prima telefonata tra il neo eletto presidente Donald Trump e il suo omologo russo Vladimir Putin. “Sembra che tutto il mondo si stia preparando alla guerra” sostiene Gorbačëv. “Non c’è problema più urgente oggi che la militarizzazione della politica e la nuova corsa alle armi. Fermare e invertire questa corsa rovinosa deve essere la nostra priorità”. Il quadro dipinto è “troppo pericoloso”: “In Europa vengono dispiegati sempre più soldati e carri armati. Forze e armamenti della Nato e della Russia sono schierati sempre più vicino, come se dovessero spararsi a bruciapelo. Mentre i budget statali lottano per trovare le risorse per i bisogni sociali delle persone, la spesa militare cresce. È facile trovare soldi per armamenti sofisticati, la cui potenza distruttiva è paragonabile a quella di armi di distruzione di massa”.
“Dobbiamo fermare questa situazione. Dobbiamo recuperare il dialogo politico, decisioni comuni e comuni azioni. C’è chi si concentra solo sul combattere il terrorismo. È certamente un obiettivo importante e urgente. Ma non è abbastanza. Il focus dovrebbe essere ancora una volta prevenire (corsivo nostro, ndr) la guerra, rallentare la corsa agli armamenti, ridurre gli arsenali. In un mondo moderno -conclude Michail Gorbačëv- la guerra dovrebbe essere fuorilegge”.
Secondo la FAO, lo Yemen devastato dalla guerra -combattuta anche con armi made in Italy– ha bisogno di assistenza urgente se si vuole evitare la carestia. Haya bint al Hussein, principessa della Giordania e “messaggera di pace” Onu, a inizio aprile ha lanciato un appello: “La ‘mappa della fame’ elaborata dal World Food Programme delle Nazione Unite è di fatto anche una mappa delle aree del mondo dove si combatte. C’è una relazione forte -e simbolica- tra fame e conflitti: i conflitti provocano la fame, la fame spesso è causa di conflitti. I belligeranti la usano come arma di guerra, i terroristi come strumento di proselitismo. I conflitti sono la causa principale dell’insicurezza alimentare in 21 dei 39 Paesi in cui la popolazione non ha accesso sufficiente al cibo”.
Secondo l’Istat in Italia ci sono 4,5 milioni di persone in condizione di povertà assoluta.
Il prodotto interno lordo pro-capite è inferiore del 24% a quello dei tedeschi. L’Italia però ha investito 180 milioni di euro per l’acquisto di droni bellici, secondo quanto riportato dall’istituto di ricerche internazionali Archivio disarmo.
Perché, dunque, mi dovrebbe importare? Forse perché, prima o poi, quel che accade nel mondo -le ingiustizie, le disuguaglianze, i crimini- finisce per accadere anche a casa tua.
E se non hai fatto niente prima, diventa tardi per fare qualcosa ora.
Fonte: altreconomia.it
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.