di Giulio Cavalli
Ho pensato che forse sarebbe stato il caso di aspettare almeno un giorno per giudicare, così dopo i deliri del senatore D’Anna (ALA, la misconosciuta schiera di servetti al comando di Verdini e quindi nuova maggioranza di governo) che ha insistito in un’intervista per dirci che Saviano è “un’icona farlocca” e che lui e la Capacchione (giornalista sotto scorta e parlamentare PD) “vivono di rendita”. Ho aspettato per sentire almeno un cenno minimo di solidarietà, un segnale di disgusto e, perché no, una censura vera contro chi si permette di pensare che la tranquillità della propria vita si un dazio ragionevole da pagare in cambio del successo. Poi ho ascoltato Verdini scusarsi (per quanto possano valere le scuse di un bugiardo naturale come stabilito dalle Procure) e ho scorto la Valente prendere le distanze dalle affermazioni di D’Anna.
E poi il silenzio. Buio. Netto. Perché? Perché Saviano (e la Capacchione e tutti quelli che sono stati cannibalizzati per una minaccia di una mafia a caso) sono allo stesso tempo i simboli della delega vigliacca di chi pensa che non sia affar suo e allo stesso tempo la dimostrazione dell’inerzia di tutti gli altri. Può un libro smuovere le coscienze? In un Paese di membri del governo corrotti e classe dirigente svenduta alla mafia certo che sì, eccome. Può Saviano avere sbagliato qualcosa? Certo, sicuro, probabilmente moltissimo ma ogni suo errore riconosciuto rischia di essere una tacca di vigliaccheria in più a tutti quelli che stanno zitti.
Il problema non è che un senatore in cerca d’autore sganci la bomba radiofonica per avere un giorno di titoli sui giornali: il problema vero è questa sensazione che Verdini (e chi per lui) sia diventato il portavoce del percolato che il governo vorrebbe dire ma non può. Basterebbe poco, davvero: un “sì scusate abbiamo esagerato ma Saviano ci sta sul cazzo e cercavamo un imbecille che si facesse sintesi della nostra antipatia”. Sarebbe bastato anche così. Pace con tutti. E va bene comunque.
Invece niente. Scuse raffazzonate e qualche piccolo bisbiglio solidale: oggi ancora una volta è il silenzio dei codardi che stupisce. O forse davvero non stupisce più. Così anche chi (secondo le proprie ragioni) è critico con Saviano decide di salire in groppa dell’asino di turno.
Fonte: Left
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