di Checchino Antonini
Gli studenti cileni avvertono l’esecutivo (di centrosinistra e travolto anche lì da scandali legati alla corruzione): “Non vi lasceremo governare”. Da settimane in mobilitazione la galassia studentesca del paese sta scontando la repressione preventiva del ministro di polizia contro ogni manifestazione spontanea che contesta la mancata riforma del sistema scolastico. Ancora ieri tre ore di scontri tra i Carabineros e i dimostranti a Valparaiso. L’uso eccessivo della violenza da parte della polizia non è riuscito, finora, ad attenuare la radicalizzazione del movimento. I portavoce denunciano la violazione di un diritto costituzionale e ritengono che l’esibizione muscolare serva a occultare la paura di chi governa. Anche la capitale, Santiago, aveva l’aspetto di una città sotto assedio. La polizia ha agito «con un comportamento bestiale» sui ragazzi costretti a sdraiarsi a terra sotto la minaccia dei fucili mitagliatori, pestaggi con manganelli, uso di idranti e gas urticanti.
“Bachelet Pinochet ci ha derubati”, urlavano i giovani che rivendicano un’istruzione pubblica e gratuita. Il governo lancia blandi appelli sulla propria disponibilità a dialogare ma nega l’autorizzazione alle manifestazioni e il movimento documenta da giorni l’uso di armi, anche improprie, da parte degli sbirri che irrompono in massa nei luoghi di concentramento. Gli studenti cileni vogliono espellere la logica del profitto dal sistema scolastico, sradicare il mercato dell’istruzione, vogliono che l’educazione sia un diritto esigibile da tutti.
“Bachelet Pinochet ci ha derubati”, urlavano i giovani che rivendicano un’istruzione pubblica e gratuita. Il governo lancia blandi appelli sulla propria disponibilità a dialogare ma nega l’autorizzazione alle manifestazioni e il movimento documenta da giorni l’uso di armi, anche improprie, da parte degli sbirri che irrompono in massa nei luoghi di concentramento. Gli studenti cileni vogliono espellere la logica del profitto dal sistema scolastico, sradicare il mercato dell’istruzione, vogliono che l’educazione sia un diritto esigibile da tutti.
Il sistema educativo cileno, eredità di Pinochet e delle modifiche apportate dai governi di centro-sinistra negli ultimi 20 anni, vede la coesistenza di tre tipi di istituti. I colegios (cioè le scuole che vanno dalla media al liceo) interamente privati che rappresentano il 7%, e non sono stati toccati dalla blanda riforma del 2014. Poi ci sono i colegios sovvenzionati (il 50% degli istituti) in parte dallo Stato e in parte da sostenitori privati, la metà dei quali chiede alle famiglie il ‘copago‘, cioè il pagamento di una retta che va dai 26 ai 106 euro mensili, che molti non possono permettersi, e infine i colegios municipali, finanziati solo dallo Stato, laici e senza spese per le famiglie” ma che sono scuole di serie C. Infine i liceos emblematicos, municipali e con una lunga tradizione alle spalle e di ottima qualità, ma che sono solo 10 in tutto il Paese (di cui 8 nella capitale) e selezionano l’accesso per merito. I movimenti chiedono che, da bene di consumo, la scuola sia finalmente un diritto sociale. Per questo la riforma del 2014 avrebbe dovuto eliminare il copago, con la copertura da parte dello Stato della quota pagata dalle famiglie, in modo da consentire anche ai più poveri, eventualmente sorteggiati per il 70% del totale dei posti), di frequentare i colegios sovvenzionati. La selezione attraverso prove d’ingresso è consentita solo nelle scuole private. Tutti gli istituti che ottengono aiuti economici statali non potranno remunerare profitti ma il divieto viene aggirato con vari trucchi contabili, ad esempio società immobiliari di comodo che affittano i locali ai collegi. Diversi punti chiave della riforma sono però stati modificati nel gennaio del 2015 al Senato dove la coalizione di centrosinistra non ha la maggioranza e hanno gioco facle le lobby di potere dei parlamentari di destra proprietari o con interessi nel sistema scolastico, finanziatori degli istituti privati sovvenzionati, la Chiesa, proprietaria di molte scuole e licei, e molte famiglie medio alte che non gradiscono la mescolanza con le classi più povere.
Così, a metà del 2015, gli studenti e gli insegnanti (sottopagati anche in Cile) sono scesi di nuovo in piazza per esigere una vera riforma. Anche in quell’occasione i manganellatori della presidente Michelle Bachelet hanno provato a reprimere il grande movimento di contestazione nato nel 2011. E due studenti sono stati uccisi il 23 maggio 2015 a Valparaíso (l’altroieri la manifestazione per ricordarli), durante un corteo contro le politiche scolastiche del governo. Mentre i ragazzi cercavano di incollare dei manifesti sui muri di un’abitazione, il proprietario dello stabile – che è stato arrestato – ha sparato alcuni colpi ferendoli a morte
La prima parte della riforma scolastica, approvata a gennaio 2015, renderà gratuita la scuola dall’asilo agli studi superiori. Il secondo pacchetto dovrebbe essere presentato al congresso nel secondo semestre di quest’anno e si concentra sull’università. Il progetto di legge permetterà a circa 264.000 studenti di frequentare gratuitamente centri di formazione tecnica, istituti professionali accreditati e università del Consejo de rectores, organismo collegiale che riunisce i rettori di venticinque università cilene, pubbliche e private. Non è ancora chiaro, però, quando il ticket scomparirà del tutto: secondo il governo, entro il 2017 il 93 per cento delle matricole frequenterà la scuola gratuitamente.
Fonte: Popoff Quotidiano
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