La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

domenica 31 luglio 2016

Pace, civiltà e diritti nel mondo globale

di Laura Nanni
“Esiste o non esiste un mezzo perché gli uomini siano liberati dalla minaccia della guerra?”. È la domanda che Albert Einstein pose a Freud nel 1932, su sollecitazione dell’Istituto Internazionale di Cooperazione intellettuale che invitava a uno scambio d’idee sui massimi problemi dell’esistenza. Il mondo era uscito da una scioccante guerra totale, conclusa da circa quattordici anni, gli stati attraversavano un periodo di profonda crisi e trasformazione economica; Freud nel 1929 aveva scritto Il disagio della civiltà; la Società delle Nazioni [1] da poco aveva cominciato il suo cammino, nello sforzo di trovare un modo per evitare le guerre.
Einstein era cosciente dell’ambizione politica di potenza da parte delle classi dirigenti dei vari Stati, e dell’ambizione di quei gruppi di potere che vedono nella guerra un’occasione per realizzare i loro profitti. Aveva difatti pensato all’avvento di una legge che privasse gli Stati della loro sovranità, per arrivare a un’organizzazione giuridica internazionale, in grado di mettere la pace e la convivenza tra i popoli come Bene comune da perseguire al di sopra degli interessi nazionali.
Un ordinamento giuridico per una Pace in campo internazionale possibile e stabile vide in Emmanuel Kant il suo primo promotore e teorico, quando nel 1795 scrisse un piccolo libro Per la pace perpetua. Un progetto filosofico. Kant pensò a unordinamento giuridico, che, rispettato dalla comunità delle nazioni, potesse garantire la stabilità della pace. È un’opera illuminista, scritta nel tempo dell’ottimismo della Ragione, che si esprime nei suoi concetti essenziali, che troviamo nei sei articoli preliminari. [2]
Fermandoci a questi primi sei articoli, potremmo trovare, nell’esame dei fatti che ci travolgono oggi, una chiave di possibile lettura per comprenderne il non-senso e quanto le premesse stesse vadano in direzioni contrarie alle dichiarazioni rilasciate dai governatori, che dicono di agire per ‘ristabilire la pace o un ordine nelle relazioni internazionali’.
Torniamo ora a Sigmund Freud, alla sua risposta alla domanda di Albert Einstein, perché riflettere sull’animo umano, è essenziale per comprendere l’origine delle azioni che coinvolgono popolazioni intere, e non può essere escluso dalla stesura di un quadro complesso su cui poter ragionare per vedere dove siamo e come sia possibile agire.
Freud era passato attraverso la guerra, aveva sperimentato la sua pratica psicoanalitica su persone che inevitabilmente avevano subito le sofferenze di una tale catastrofe, fu così indotto a modificare la sua teoria delle pulsioni.
Alla pulsione per la vita, Eros che unisce e che ricerca il piacere, affianca come pulsione fondamentale Thanatos, tendenza distruttiva, pulsione di morte, che ciascuno di noi si porta dietro dalla nascita.
Il prevalere dell’una o dell’altra, determinato dalle esperienze personali, dall’interazione con l’ambiente sociale e naturale, influisce sul proprio modus vivendi e sulle proprie scelte.
“Il problema fondamentale del destino della specie umana a me sembra sia questo: se, e fino a che punto, l'evoluzione civile riuscirà a padroneggiare i turbamenti della vita collettiva provocati dalla pulsione aggressiva e autodistruttrice degli uomini. In questo aspetto proprio il tempo presente merita forse particolare interesse. Gli uomini adesso hanno esteso talmente il proprio potere sulle forze naturali, che giovandosi di esse sarebbe facile sterminarsi a vicenda, fino all’ultimo uomo. Lo sanno, donde buona parte della loro presente inquietudine, infelicità, apprensione. E ora c'è da aspettarsi che l'altra delle due “potenze celesti”, l'Eros eterno, farà uno sforzo per affermarsi nella lotta con il suo avversario parimenti immortale. Ma chi può prevedere se avrà successo e quale sarà l'esito?”.
S. Freud, Il disagio della civiltà, 1929
L’evoluzione civile, dunque, lo aveva già scritto Freud nel 1929, dovrebbe avere la funzione di “padroneggiare i turbamenti della vita collettiva provocati dalla pulsione aggressiva e autodistruttrice degli uomini”.
Che cosa inscriviamo in questa idea, quella di evoluzione civile, che possa aiutare il genere umano a liberarsi dalla follia dell’odio e della distruzione? Chi si assume il compito di fare in modo che sia possibile non alimentare la distruttività, a favore di un ascolto e della possibilità di far diminuire l’attitudine alla violenza?
I governi, oltre a tutti quelli che hanno compiti istituzionali, coloro che guidano gli stati hanno una grande responsabilità in tutto ciò, e se un ‘paese civile’ come la Francia di François Hollande, risponde con un bombardamento indiscriminato in Siria ad un atto terroristico, siamo molto lontani da un’affermazione di evoluzione civile.
Prendo questo episodio ad esempio perché è uno degli ultimi, in ordine di tempo, tra i vari episodi.
Nella risposta alla domanda di Einstein, Freud tocca il tema del diritto, un tema centrale nella ricerca di che cosa c’è all’interno dell’espressione evoluzione civile.
Ecco una sintesi: “… successivamente con l’evoluzione si è passati dalla violenza al diritto, grazie alla consapevolezza che lo strapotere di un solo padrone può essere combattuto dall’unione dei più deboli: il diritto della maggioranza si oppone alla violenza del singolo…”
Sebbene l’autore scriva che anche il diritto può essere una forma di violenza, ritiene che possa essere affermato senza violenza, solamente da una volontà generale: “La guerra può essere prevenuta solo nel momento in cui gli uomini si uniscono, volontariamente, per costituire un’autorità centrale dotata di una suprema potestà, caratterizzata da un potere autonomo e alla quale tutti gli uomini accettino di obbedire.” Dal carteggio Einstein-Freud, 1932
Il diritto per rispondere al conflitto. Il conflitto, che non può essere espulso dalle nostre vite.
Eraclito (V-VI secolo a.C.) riteneva il conflitto generatore di vita, forza positiva:
“Eraclito biasima il verso del poeta: “possa estinguersi la contesa, via dagli dei e dagli uomini”. Difatti non vi sarebbe armonia se non vi fossero l’acuto e il grave, né vi sarebbero animali senza la femmina e il maschio, che sono contrari.
Aristotele, Etica Eudemia, 1235 a 25-28
Il conflitto, manifestazione delle differenze, non può essere annullato. La stessa funzione della giustizia si basa sulla capacità di saper rispondere a situazioni, che includono relazioni tra cose e persone diverse tra loro, altrimenti non sarebbe giustizia. Così come non ci sarebbe il dilemma della scelta, se non ci fossero differenze tra vite e azioni possibili. Che funzione ha la politica oggi?
Fino a che il monopolio dei conflitti è nelle mani dei guerrafondai, non potremo recuperarne una visione positiva e vitale.
La società e la politica sono complesse, non possono essere rese per forza omogenee. E solo dove sussiste la possibilità di scelta, con tutte le opportunità, esiste una società civile.
Questa realtà plurale e contraddittoria, complessa e interconnessa, non può essere affrontata in maniera semplificata e unitaria. Non ci sarebbe libertà se non ci fosse la possibilità di scegliere, tra le differenze, all’interno dei conflitti, dei quali possiamo determinare la risoluzione in un senso o in un altro. Eros o Thanatos ritornano come polarità.
Si dovrebbe applicare in politica ciò che Eraclito ci aveva suggerito con i suoi aforismi, cioè che: i conflitti, servono anche a crescere. Mentre sembra che stiamo ricominciando sempre da capo, dimenticando quanto è accaduto, e quanto, chi ha sofferto e pensato e agito prima di noi, ci ha lasciato in patrimonio. La politica torni a fare Politica.
Mi rivolgo ancora alla Ragione, quella ragione capace di comprendere le molteplicità del mondo insieme alla possibilità della loro convivenza dinamica, perché da lì nasce la possibilità di convivenza pacifica… ma solo quando ci sia il rispetto dei Diritti umani, quelli universalmente riconosciuti nel 1948. C’è un organismo che più di ogni altro deve tenere alta questa Dichiarazione, al di sopra di ogni disputa.
Che cosa ne è stato dell’ONU? Magnifiche idee, grandi speranze, nella costituzione di un organismo sovranazionale che pensasse e operasse per il Bene comune della Pace, in un mondo globale. Mi chiedo: com’è possibile che, transitando da uno stato a un altro, io perda i diritti che hanno caratterizzato la mia vita e la mia educazione, facendomi piombare in una condizione di totale sudditanza e oppressione, o tale che mi porti alla morte per tortura?
Per ricordare uno degli avvenimenti scioccanti degli ultimi mesi, quanto accaduto aGiulio Regeni, ricercatore in Egitto.
“Una sola è la sapienza: conoscere la ragione, in quanto governa tutte le coseattraverso tutte le cose”.
Eraclito
E l’ingiustizia è quella che vuole dividere o unificare le cose in una sola, senza lasciare la libertà delle differenze, le differenziazioni tra persone e culture e cose, che chiedono solo rispetto e possibilità di una vita dignitosa.

Note

[1] Fondata nell'ambito della conferenza di pace di Parigi del 1919-1920, termina dopo la II GM, fallimento del suo operato. Nasce infatti nel 1945 l’organizzazione delle Nazioni Unite, di cui Wilson fu il maggiore promotore.

[2] 1. Nessuna conclusione di pace, che sia stata fatta con la riserva segreta della materia di una guerra futura, deve passare per tale.

2. Nessuno stato che sussiste in modo indipendente (piccolo o grande, qui è indifferente) deve poter essere acquistato da un altro per eredità, permuta, compravendita o donazione.

3. Gli eserciti permanenti (miles perpetuus) devono col tempo del tutto cessare.

4. Non si devono fare debiti pubblici in relazione a conflitti esterni dello stato.

5. Nessuno stato deve interferire con la forza nella costituzione e nel governo di un altro stato.

6. Nessuno stato in guerra con un altro deve permettersi ostilità tali da rendere impossibile la fiducia reciproca nella pace futura: come per esempio l'impiego di sicari (percussores), di avvelenatori (venefici), l'infrazione della resa, l'istigazione al tradimento (perduellio) nello stato con cui si è in guerra etc.
Per la pace perpetua, E. Kant 1795

Fonte: La Città futura 

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