La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

martedì 2 agosto 2016

Trump e gli scambi commerciali internazionali

di Jack Rasmus
Con i congressi per le nomine dei partiti Repubblicano e Democratico a poche ore di distanza, e’ ormai diventato chiaro che le elezioni presidenziali USA del 2016 sono diverse da qualsiasi altra elezione precedente, dei decenni recenti. Tanto per iniziare, larghe percentuali di coloro che si considerano parte di uno dei due partiti principali non approvano del loro candidato presidenziale. E questo include piu’ di un terzo di tutti i votanti sia Repubblicani che Democratici.
D’altra parte, tutti e due i candidati hanno assunto delle posizioni su questioni che nelle elezioni precedenti sarebbero stati considerati anatema per le elite economiche e politiche dominanti. Per esempio, tutti e due i candidati hanno espresso grosse critiche alle politiche degli scambi commerciali degli USA e su quelle del libero scambio-specialmente Trump.
La critica piu’ grossa di Trump delle politiche di scambio degli USA preoccupa particolarmente le elite Americane, per dirla semplicemente. Una descrizione piu’ accurata sarebbe che questa gente e’ quasi isterica per descrivere il loro stato emozionale quando si discute del problema di Trump e degli scambi commerciali.
Le Elites USA sono Nervose Riguardo a Trump e agli Scambi Commerciali
Per esempio, il presidente del gruppo della lobby piu’ grande e con piu’ influenza , John Engler del Business Roundtable, ex governatore del Michigan, in una intervista recente ha affermato che “C’e’ un grande senso di frustrazione”. Le idee di Trump sugli scambi commerciali sono “diametralmente opposte” e “causa di grande preoccupazione” per la Roundtable, i cui membri corporativi rappresentano collettivamente piu’ di 7 trilioni di dollari USA di introiti e impiegano 16 milioni di lavoratori. “Tutto e’ stato capovolto”secondo Engler.
La miliardiaria di Chicago, Penny Pritzker, segretaria attuale delle camere di commercio USA, ha espresso preoccupazioni simili, come ha fatto pure Obama- in particolare, il protege’ di Pritzker dal suo inizio nella legislatura locale dello stato dell’Illinois. Mentre l’Obama candidato nel 2008 promise di riscrivere il trattato di libero scambio NAFTA, se fosse stato eletto, appeno fu eletto si trasformo’ nel piu’ grosso sostenitore presidenziale del libero scambio nella storia degli USA-riandando cosi’ indietro all’idea del clan corporativo della Chicago di Pritzker dei sostenitori del libero scambio. Molti economisti con ottime entrature e megafoni dei mass media dentro e fuori dall’accademia-come Paul Krugman, Thomas Friedman e un numero di altri- difendono tutti il libero scambio e qundi si sono uniti all’esercito crescente di propagandisti che attaccano le posizioni di Trump su questo problema.
Christine Lagarde, il direttore del Fondo Monetario Internazionale -basato a Washington DC e dominato dagli USA, ha contribuito le sue dieci lire recentemente, definendo la proposta di scambio di Trump “disastrosa” per l’economia mondiale. I presidenti delle economie del NAFTA- gli USA, il Canada e il Messico- si sono incontrati recentemente nel loro “incontro dei tre amigos NAFTA a Ottawa, Canada, e hanno riaffermato insieme le loro idee da elite sui benefici del libero scambio, e dei pericoli del protezionismo degli scambi”alla Trump”.
Secondo la teoria accademica del libero scambio, tutti i paesi coinvolti beneficiano dal libero scambio. Ma questo succede davvero? La teoria del libero scambio non dice niente ci come i benefici vengono distribuiti e a chi- per esempio, alle corporazioni, agli investitori e agli azionisti o ai salariati. Se le coporazioni e gli investitori beneficiano a tutti e due i lati degli scambi commerciali, lo stesso non e’ necessariamente vero per le loro rispettive classi lavoratrici. La teoria del libero scambio ignora, di comodo, gli effetti sulla distribuzione dei guadagni. Tuttavia, questo non pone nessun problema per gli economisti del sistema che lo trattano ciononostante come un “santo graal” dell’economia neoliberista
Gli Scambi Commerciali e Remunerazioni della Classe Lavoratrice
I dati relativi agli effetti delle politiche di libero scambio degli USA sulla classe media e lavoratrice Americane rivelano devastazione, non benefici. Per esempio, l’occupazione totale negli USA dall’entrata in vigore dei trattati NAFTA e quello con la Cina nei due decenni passati si e’ ridotta di piu’ di 6 milioni di posti di lavoro nella produzione USA. Forse due terzi dei quali sono stati causati dal solo libero scambio, secondo studi pubblicati. Altri milioni di posti di lavoro sono stati persi nelle comunicazioni, servizi professionali e altre industrie non manifatturiere. Per i posti di lavoro che rimangono, tuttavia, le paghe nelle compagnie USA che esportano di piu’ sono aumentate meno di quanto siano diminuite nelle ditte USA che hanno sofferto dall’aumento delle importazioni. Il risultato netto e’ che sia i posti di lavoro che le paghe- e quindi i salari medi dei lavoratori- sono diminuiti. E questo e’ dovuto all’effetto diretto dell’import-export. C’e’ di piu’.
Il libero scambio riguarda anche flussi di soldi e di investimenti, come pure flussi netti di import-export di beni e servizi. Si veda le provisioni di NAFTA. Si tratta allo stesso tempo dei termini e condiizioni per facilitare gli investimenti con moneta USA da parte delle corporazioni USA in Messico come pure di beni e servizi. Con i soldi e le fuoriuscite di investimenti facilitati dal libero scambio dagli Stati Uniti sono arrivati anche gli investimenti all’estero e quindi il conseguente trasloco dei posti di lavoro USA all’estero. Il trasloco dei posti di lavoro all’estero e’ quindi una conseguenza indiretta, e non meno significativa, del libero scambio. Negli ultimi 15 anni, le paghe medie delle famiglie Americane e i guadagni sono diminuiti di piu’ del 10 percento-la maggior parte di tutto cio’ dovuto agli effetti diretti e indiretti del libero scambio sui posti di lavoro e sui salari.
Negli ultimi due decenni, e specialmente dal 2009, i lavoratoi USA sono piu’ informati e coscienti degli impatti negativi dello scambio sui loro posti di lavoro, sui loro salari e sugli standard di vita. Essi hanno visto l’un percento dei piu’ ricchi impossessarsi del 95 percento di tutte le entrate nette dal 2010, mentre i loro salari e guadagni sono diminuiti. Hanno visto posti di lavoro del settore manufatturiero con buoni salari scomparire verso altri paesi, mentre piu’ della meta’ dei posti di lavoro che sono stati creati negli USA dal 2010 sono lavori che pagano poco, part time, lavori temporanei che fanno guadagnare meno di 36.000 $ all’anno. E questa gente vede ancora meno opportunita’ per i loro figli. Rapporti recenti proiettano che piu’ del 90 percento dei nuovi posti di lavoro creati nel prossimo decennio guadagneranno meno di 36.000 $ all’anno. Per tutto questo, queste persone sono incazzate.
Trump ha identificato e ha giocato con questo discontento. Che Trump sia popolare e in testa nei sondaggi negli stati con un’ alta concentrazione di elettori operai bianchi di mezza eta’ o piu’ anziani, maschi, senza educazione superiore non deve sorprendere, data la sua critica aggressiva delle politiche dello scambio USA e dei loro effetti devastanti. Trump ha abbracciato la questione dello scambio senza termini di incertezza e il suo attacco alle politiche di scambio USA e’ risuonato moltissimo con questo segmento della classe lavoratrice- in particolare, un blocco di votanti in stati chiave indecisi e un gruppo a cui non importa cio’ che Trump dice su altre questioni non economiche, per quanto assurde, si tratti di razza, generi, politica estera o altri problemi. Trump parla alla loro “rabbia” per essere ignorati dalle elites politiche ed economiche USA adesso per decenni, e specialmente dalla recessione del 2008-2009, la cui ripresa e’ praticamente passata sopra le loro teste, come pure per le loro paure per le prospettive future per i loro figli. Piu’ le elites economiche degli USA, in qualsiasi partito, attaccano Trump e piu’ questo blocco della classe lavoratrice si convince che lui, Trump, deve proprio aver ragione, proprio perche’ continuano ad attaccarlo.
Donald Trump: Populista o Ruffiano
La questione importante e’, tuttavia, se Trump e’ onestamente serio riguardo a cambiare le politiche di libero scambio degli USA o se egli si sta’ appropriando abilmente del discontento di questo blocco di votanti della classe lavoratrice. Egli ha dichiarato di voler “stracciare” il trattato di NAFTA; istituendo tariffe sulla importazioni dalla Cina e dal Messico del 45 e del 35 percento rispettivamente; fermando la Cina dalla manipolazione della moneta; e costruendo una barriera per fermare i flussi di immigrazione dall’America Latina e Centrale.
Ma egli non vuole dire che cosa significa “stracciare”, che quindi sembra piu’ un appello retorico che una proposta, se egli lo intende letteralmente, i trattati non possono essere “stracciati” dai presidenti nel sistema USA. Questo potrebbe potenzialmente costituire un terreno per l’impeachment. Ne’ un presidente ha l’autorita’ legale di aumentare unilateralmente le tariffe, eccetto che in maniera temporanea per 150 giorni e per non piu’ del 15 percento, dopodicche’ una legge del Congresso e’ necessaria, secondo la legge sugli scambi del 1974.
Ne’ Trump ha ragione quando afferma che la Cina manipola la sua moneta, dato che per piu’ di un decennio la Cina la legato la propria moneta, lo Yuan, al dollaro con un margine di cambio molto stretto. Lo Yuan e’ salito e sceco in sincronia con il dollaro USA. Se ci sono dei paesi che manipolano le proprie monete, queste sono il Giappone e l’Eurozona- tutti e due hanno reso le proprie monete piu’ competitive del 20-30 percento nei confronti del dollaro attraverso mezzi monetari negli anni passati per ottenere dei vantaggi sulle esportazioni a spese degli Stati Uniti. Tuttavia Trump non dice niente (o le elites USA, a ben vedere) per lamentarsi delle manipolazioni della moneta da parte del Giappone o dell’Eurozona. E Trump non ha detto niente delle politiche cambianti USA sulle tasse che sussidiano le corporazioni multinazionali USA che investono all’estero e che quindi promuovono il trasferimento dei posti di lavoro all’estero. E lui, convenientemente, ignora l’impatto causato dal dare via centinaia di migliaia di posti di lavoro nell’area tecnologica, che pagano buoni salari, ogni anno a lavoratori tecnologici importati negli Stati Uniti con visti H1-B e L-1, molti dei quali vengono dall’Asia e non dall’America Latina. Forse che Trump vuole costruire una muraglia lungo le spiagge della California e lungo la costa del Pacifico?
Certamente Trump e i suoi consiglieri conoscono bene tutto questo. Uno puo’ solo concludere, quindi, che Trump non e’ proprio serio quando attacca il libero scambio.
Egli sta’ cercando di arruffianarsi quelli che sono legittimamente preoccupati e che sono stati fortemente colpiti dalle politiche di scambio degli USA. Trump si situa in quella grande tradizione dei candidati presidenziali USA, che promettono agli elettori cio’ che questi ultimi vogliono udire e poi, quando eletti, fanno cio’ che le elites economiche vogliono che sia fatto. I candidati presidenziali USA di qualsiasi area-Repubblicani o Democratici- del Partito delle Corporazioni dell’America, sono bugiardi abituali e non possono essere creduti.
Abbiamo avuto il nostro pseudo-populista presidente della sinistra. “Barack Obama” eletto otto anni fa’ mentre prometteva di rivedere i trattati di libero scambio. E poi e’ diventato il piu’ grande sostenitore del libero scambio nella storia economica degli USA. In Trump abbiamo il nostro analogo di Obama, uno pseudo-populista questa volta di “destra”, che promette lo stesso. E che quindi fara’ lo stesso. Per parafrasare un antico proverbio che dice, che gli elettori USA che adesso stanno pensando di votare per Trump sulla base delle sue idee contro il libero scambio, farebbero bene a “Stare attenti a quei Miliardari che Portano Regali”.

Z Communications , 215 Atlantic Ave, Hull, MA, USA 02045
Da Z Net Italy- Lo Spirito Della Resistenza E’ Vivo
Traduzione di Francesco D’Alessandro
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