di Alfonso Gianni
Nella sua ampia intervista a la Repubblica, Giorgio Napolitano cerca da un lato di difendere la revisione della Costituzione oggetto del prossimo Referendum e dall'altro di suggerire modifiche all'Italicum, ovvero alla nuova legge elettorale. Napolitano nega che ci sia una relazione tra le due cose, ma poi nei fatti la afferma, facendo capire che senza cambiare qualche cosa nella legge elettorale la maggioranza e il governo rischiano la sconfitta nel referendum costituzionale. Nello stesso tempo cerca di fornire un assist-alibi alla titubante sinistra dem per permetterle di votare favorevolmente alla revisione costituzionale senza troppi mal di pancia. Napolitano afferma che la ragione del cambiamento deriverebbe da nuovi elementi che sono intervenuti. "Lo scenario politico risulta mutato in Italia e in Europa" egli afferma. Il presidente emerito dice che il punto che merita un cambiamento sarebbe in particolare quello del ballottaggio connesso al premio di maggioranza: "Si rischia di consegnare il 54% dei seggi a chi al primo turno ha preso molto meno del 40% dei voti". Proprio così, Presidente. Ma questa non è una novità, ma uno dei punti qualificanti di una pessima legge. Un aspetto stranoto che oggi viene revocato in qualche dubbio esclusivamente per ragioni di opportunità politica, se non vogliamo dire di opportunismo. Ovvero preoccupa il fatto che della norma possa fruire il M5stelle - sempre che i disastri romani della Raggi e della sua non giunta non salvino le quotazioni del partito del Presidente del Consiglio - e non il Pd per cui era stata originariamente pensata. Come si vede non si tratta di una preoccupazione dettata dalla evidente torsione antidemocratica che l'Italicum comporta. Eppure Napolitano afferma di essere preoccupato perché nella classe politica attuale "non c'è respiro, non c'è visione ampia, manca lo sguardo lungo e soprattutto scarseggia il senso di responsabilità". Vero, ma alcune di queste considerazioni Napolitano dovrebbe rivolgerle anche verso sé stesso.
Il Presidente poi si lancia in una difesa a spada tratta del comportamento del governo, negando che sia mai esistita una invasione di campo sul tema della riforma costituzionale a scapito del parlamento. Come si ricorderà al tempo della discussione della nostra Costituzione, quella tutt'ora in vigore e che il Referendum con il NO potrà salvare, il governo neppure sedeva sui banchi ad esso destinati e uno statista come Alcide De Gasperi ebbe persino a lamentarsi di dovere essere interamente occupato dalla quotidianità delle questioni di governo, mentre i più fortunati colleghi discutevano dei destini del nostro paese per i decenni a venire. Napolitano quindi ricorda che il 29 maggio 2013 fu il Parlamento a chiedere al governo - allora era Letta Presidente del Consiglio - di farsi promotore di una legge costituzionale. Ma non menziona mai il fatto che la Corte Costituzionale, con la sentenza 1/2014, avrebbe poi giudicato incostituzionale la legge elettorale (il famigerato Porcellum) in base alla quale il Parlamento si è costituito. Un governo rispettoso dei rispettivi ruoli avrebbe non solo dovuto fare presente a suo tempo che la materia di una revisione costituzionale così profonda non avrebbe potuto essere che di competenza esclusiva del parlamento e non prevedere una iniziativa legislativa governativa, ma soprattutto, una volta reso noto il pronunciamento della Consulta - e qui siamo al governo Renzi - non avrebbe dovuto spingere con ogni mezzo un parlamento delegittimato a votare la più grande modifica della Costituzione mai operata.
Ma la data che ci ricorda Napolitano è oltremodo significativa per ben più gravi ragioni. Infatti solo il giorno prima, ovvero il 28 maggio 2013 l'ufficio studi della JP Morgan, il più grande istituto finanziario mondiale, emanava un documento di cui è bene riportare ancora una volta le parti conclusive che direttamente ci riguardano: "i sistemi politici della periferia meridionale sono stati instaurati in seguito alla caduta di dittature, e sono rimasti segnati da quell'esperienza. Le costituzioni mostrano una forte influenza delle idee socialiste, e in ciò riflettono la grande forza politica raggiunta dai partiti di sinistra dopo la sconfitta del fascismo". Per colpa delle idee socialiste insite nelle costituzioni, secondo Jp Morgan, non si riescono ad applicare le necessarie misure di austerity. "I sistemi politici e costituzionali del sud presentano le seguenti caratteristiche: esecutivi deboli nei confronti dei parlamenti; governi centrali deboli nei confronti delle regioni; tutele costituzionali dei diritti dei lavoratori; tecniche di costruzione del consenso fondate sul clientelismo; e la licenza di protestare se sono proposte modifiche sgradite dello status quo. La crisi ha illustrato a quali conseguenze portino queste caratteristiche. I paesi della periferia hanno ottenuto successi solo parziali nel seguire percorsi di riforme economiche e fiscali, e abbiamo visto esecutivi limitati nella loro azione dalle costituzioni (Portogallo), dalle autorità locali (Spagna), e dalla crescita di partiti populisti (Italia e Grecia)".
Non ha del tutto ragione Renzi quando dice che il padre della revisione costituzionale è Giorgio Napolitano, come non ha del tutto torto quest'ultimo a schernirsi. Infatti la matrice della "deforma" costituzionale ora sottoposta a referendum è la finanza internazionale. Cosa del resto ribadita dai pronunciamenti favorevoli dei vari Economist, Financial Times, Wall Street Journal, Confindustria italiana e da ultimo Sergio Marchionne. Infatti al ricatto politico di Renzi - dopo di me il diluvio - si è ormai sostituito quello economico dei poteri finanziari. Lo si vede anche nella vicenda del salvataggio del Monte dei Paschi di Siena, da cui la stessa JP Morgan e altri istituti prendono le distanze. Ma non si può certo accettare di barattare la nostra Costituzione con la salvezza - peraltro questa sì incerta - di una banca. Comunque grazie Presidente Napolitano, Lei ha ulteriormente chiarito le ragioni del NO al referendum costituzionale.
Fonte: Huffington Post - blog dell'Autore
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