La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

lunedì 12 settembre 2016

In difesa della “posizione” di Colin Kaepernick

di Ron Daniels
Continua la protesta per la decisione del centromediano della squadra di football americano dei San Francisco 49ers, Colin Kaepernick, di restare seduto, invece che in piedi, durante l’esecuzione dell’Inno Nazionale. Kaepernick ha detto che la sua decisione era intesa come protesta verso le continue ingiustizie che vengono inflitte alla gente di colore, comprese la brutalità e le uccisioni. Anche se questa tendenza negativa in qualche modo è cambiata, la sua protesta all’inizio è stata accolta da un torrente di critiche da vari ambienti.
Lo hanno definito in qualsiasi modo tranne che figlio di Dio, per essersi rifiutato di “onorare l’America” e i nostri uomini e donne appartenenti alle forze armate. Il sentimento “amala o lasciala” è stato molto forte.
Francamente, mi sono infuriato per queste reazioni che mi hanno fatto ribollire il sangue. Ero già sconvolto dal fatto che i media sociali esplodessero per le critiche alla ginnasta afro-americana Gabby Douglas quando inavvertitamente si era dimenticata di mettersi la mano sul cuore quando si suonava l’Inno Nazionale durante la cerimonia della consegna delle medaglie alle Olimpiadi di Rio alla squadra statunitense di ginnastica. E così, quando sono andato in onda con il mio programma radio settimanaleVantage Point su WBAI, 99,5 FM sulla Rete Pacifica a New York, ho scatenato un commento che ha trattato i seguenti punti (ascoltate il commento su www.ibw21.org):
Non c’è alcuna legge che dichiari che chiunque debba stare in piedi durante l’esecuzione dell’Inno Nazionale o del Giuramento di fedeltà alla bandiera. E’ una “abitudine” fortemente mantenuta ed è un’aspettativa della società che si stia in piedi, ma non c’è nessuna legge che obblighi a farlo. Al contrario, Colin Kaepernick ha il diritto costituzionale di esprimere le sue opinioni per mezzo della protesta. La libertà di parola è uno dei più importanti fondamenti di questa unione imperfetta. E’ una delle strade tramite la quale si può stimolare al cambiamento, e Colin Kaepernick ha coraggiosamente scelto di esercitare il suo Diritto al Primo Emendamento per far notare le ingiustizie di lunga data, ripetute, “atti intollerabili” che si sono accumulati sugli afro-americani che si suppone siano cittadini effettivi di questa nazione.
Soprattutto, generazioni di afro-americani hanno pagato sulla propria pelle il diritto di Colin Kaepernick e di qualsiasi persona di colore di stare seduto durante l’esecuzione di un Inno imperfetto, pieno di ipocrisia. Ogni volta che ascolto le parole dell’Inno, “che la nostra bandiera era ancora là” sono pieno di rabbia e di sdegno. Quando fu combattuta la Guerra del 1812*, circa 3,5 milioni di africani erano ancora in schiavitù e i circa 500.000 neri “liberi” non potevano votare ed erano soggetti a discriminazione razziale e a violenza. “La nostra Bandiera?” Non avevamo una bandiera. Per le persone di colore, cantare quel verso e la maggior parte dell’Inno, è ridicolo!
Malgrado questo, i Neri hanno versato il sangue per proteggere e difendere l’Ameica, anche quando essa si rifiutava di proteggere e difendere la gente di colore. Da Crispus Attucks, che morì nelle scaramucce iniziali della Rivoluzione Americana, alle centinaia di “schiavi liberati” che George Washington armò con riluttanza per farli combattere nelle battaglie di Bunker Hill e di Breed Hill, alle migliaia che imbracciarono le armi per combattere per la nostra libertà nella Guerra civile, la gente di colore ha combattuto, sanguinato ed è morta aspirando ad essere libera in una nazione che ripetutamente ricompensava il nostro servizio militare con il non riuscire a proteggerci e a difenderci come cittadini. Siamo stati (noi, persone di colore), tra i patrioti più pazienti d’America.
Migliaia di soldati americani erano partiti per combattere l’Imperatore Guglielmo durante la Prima guerra mondiale per salvare la democrazia, soltanto per tornare negli Stati Uniti a farsi uccidere nelle strade con addosso le loro uniformi militari nella “maledetta estate rossa del 1919”. ( Si svolsero moti razziali dei neri). Abbiamo combattuto contro Hitler e [il generale giapponese] Tojo, nella Seconda guerra mondiale per tornare ancora una volta in un’America dove non eravamo liberi. I soldati appena tornati dai campi di battaglia hanno affrontato umiliazioni, intimidazioni, linciaggio/uccisioni e la violenza della polizia nel Sud dove vigeva la segregazione razziale e nei “ghetti scuri” del Nord. In effetti, l’ipocrisia di combattere per la libertà e la democrazia all’estero, mentre in patria vengono negati “libertà e giustizia per tutti”, ha contribuito ad alimentare i movimenti per i diritti civili, i diritti umani, il Black Power, e i movimenti nazionalisti/Pan africani che hanno spinto accuratamente una nazione riluttante verso un’unione più perfetta.In tutti i conflitti – in Corea, nelle guerre del Vietnam, dell’Iraq e dell’Afghanistan i soldati neri hanno versato il sangue e sono morti in ogni guerra americana.
Abbiamo pagato un prezzo perché Colin Kaepernick ora possa stare in piedi o sedersi, o in ginocchio, riconoscere o ignorare un falso Inno e un giuramento, particolarmente quando la sua protesta continua a illuminare l’uccisione di uomini e donne di colore da parte della polizia nelle strade di questo paese. In effetti Frederick Douglass ** avrebbe ben potuto sussurrare all’orecchio di Colin Kaepernick: Giusto, fratello. Che cosa importano il vostro inno e la vostra bandiera alla gente di colore!” Oppure Kaepernick è forse stato influenzato dalla “icona americana,” Jackie Robinson che nella sua autobiografia rifletteva sul fatto di stare in piedi per onorare la bandiera mentre portava sulle sue spalle il peso della razza in quanto primo afro-americano che giocava nella serie A di baseball: “Dato che scrivo questo 20 anni dopo, non posso stare in piedi e cantare l’inno. Non posso fare il saluto alla bandiera: so di essere un uomo di colore in un mondo di bianchi.”
In molti sensi Jackie Robinson, un reduce della II Guerra mondiale, ha simboleggiato/simboleggia tutti gli uomini e le donne, i pazienti patrioti che hanno pagato il prezzo per cui Colin Kaepernick è stato seduto o inginocchiato durante l’esecuzione dell’Inno Nazionale e del saluto alla bandiera. Gli africani in America e le persone di coscienza e di buona volontà dovrebbero decidere di stare dalla parte di Colin e di difenderlo nel suo legittimo perseguimento di porre fine all’oppressione e all’ingiustizia nei riguardi degli africani in America. Nessuna lotta, nessun progresso!

Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo
Originale: non indicato
Traduzione di Maria Chiara Starace
Traduzione © 2016 ZNET Italy – Licenza Creative Commons CC BY – NC-SA 3.0

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