La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

venerdì 28 ottobre 2016

Il Senato e l’Europa

di Andrea Pertici
Sappiamo che la riforma dice quello che ciascuno vuol sentirsi dire. Ad esempio, se vuoi che il Senato rappresenti le autonomie sono infatti queste ad eleggere i senatori, ma se vuoi un Senato eletto dai cittadini ti diranno che la riforma prevede anche questo. Del resto la stessa relazione con cui il Governo aveva presentato la riforma diceva che questo era il Senato delle autonomie, ma anche delle garanzie… Ma in realtà – ce lo dicono sempre più spesso – questo è anche il Senato dell’Europa, nel senso che da qui passeranno d’ora in poi i rapporti tra lo Stato e l’Unione europea. Migliorando, naturalmente. Inutile precisarlo.
Addirittura si legge talvolta che finalmente conteremo di più in Europa. Grazie al Senato, ovviamente.
Ma allora a questo Senato quali strumenti vengono attribuiti per essere la locomotiva dell’Italia in Europa?
Le novità sono contenute in tre articoli.
L’art. 55 prevede che «Il Senato della Repubblica […] concorre […] all’esercizio delle funzioni di raccordo tra lo Stato, gli altri enti costitutivi della Repubblica e l’Unione europea. Partecipa alle decisioni dirette alla formazione e all’attuazione degli atti normativi e delle politiche dell’Unione europea […] Valuta le politiche pubbliche e l’attività delle pubbliche amministrazioni e verifica l’impatto delle politiche dell’Unione europea sui territori».
L’art. 70, tra le leggi che rimangono perfettamente bicamerali (cioè da approvare nello stesso testo da parte della Camera e del Senato), inserisce quella «che stabilisce le norme generali, le forme e i termini della partecipazione dell’Italia alla formazione e all’attuazione della normativa e delle politiche dell’Unione europea».
L’articolo 80, dopo avere affidato alla sola Camera dei deputati il compito di approvare la legge per autorizzare la ratifica dei trattati internazionali, rimette a Camera e Senato quello di approvare leggi che autorizzano la ratifica dei trattati relativi all’appartenenza dell’Italia all’Unione europea.
Ora, il risultato è anzitutto la generica attribuzione di un compito di «raccordo» (termine naturalmente del tutto generico) tra i diversi livelli di governo e l’Unione europea. Come questo dovrebbe essere fatto? E soprattutto in che modo il Senato potrebbe farlo più di ora che esercita tutte le funzioni che in base al diritto dell’Unione europea e alla nostra legge sulla partecipazione dell’Italia alla formazione e all’attuazione della normativa e delle politiche dell’Unione europea (n. 234 del 2012) sono attribuite alle Camere, facendo questo – come noto – in condizioni di parità con la Camera dei deputati, essendoci il bicameralismo perfetto?
Certamente, la legge potrebbe affidare al Senato qualche specifica funzione, ma certamente non potrebbe escludere l’unica Camera che rappresenta la nazione, e cioè la Camera dei deputati, dalla partecipazione alla formazione del diritto dell’Unione e tanto più alla sua attuazione. Anzi, da questo punto di vista, laddove vi fosse bisogno di una legge, sarebbe il Senato a trovarsi in una posizione di svantaggio, in quanto per la generalità delle leggi (e in particolare per quelle non bicamerali) l’ultima parola spetta alla Camera. Nel procedimento legislativo il Senato manterrebbe la posizione attuale soltanto in relazione alla legge «che stabilisce le norme generali, le forme e i termini della partecipazione dell’Italia alla formazione e all’attuazione della normativa e delle politiche dell’Unione europea» (come l’attuale legge 234 del 2012), secondo l’articolo 70, comma 1, e ai Trattati, secondo l’articolo 80.
Come si vede, quindi, al di là delle affermazioni dell’articolo 55 sulla funzione «di raccordo», nella Costituzione non troviamo nulla di concreto. Anzi, il generale indebolimento del Senato si riscontra certamente anche in relazione al ruolo di attuazione del diritto dell’Unione.
D’altronde, come al solito, non hanno nessun riscontro i generici paralleli che vengono fatte con altre “seconde camere” straniere. Anche in questo caso, l’accostamento – come sempre improprio – è fatto spesso con il Bundesrat. Infatti, la Costituzione tedesca fissa attribuzioni e dà strumenti molto più specifici (ad esempio l’obbligo di essere informato dal Governo sugli affari europei; il suo coinvolgimento quando la questione sia di competenza dei Lander; la espressa previsione che la collaborazione dei Lander alla legislazione e all’amministrazione della federazione e negli affari dell’Unione europea avviene attraverso il Bundesrat; e addirittura il fatto che per le questioni relative all’Unione europea il Bundesrat può istituire una camera europea le cui deliberazioni valgono come deliberazioni dello stesso), del tutto assenti – come dimostrato con lo specifico riferimento alle norme sopra riportate – nel testo della riforma italiana, che ancora una volta si caratterizza per la sua genericità e scarsa concretezza.

Fonte: Possibile 

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