di Marc Tibaldi
Un laboratorio innovativo di comunicazione e connessioni di importanza internazionale, questa è Radio Onda d’Urto. Un propulsore di conflitto sociale, una macchina immaginativa non omologata che riesce a fare movimento, che nasce in uno dei distretti industriali italiani più difficili da analizzare – quello bresciano e lombardo in generale – caratterizzato da una trasformazione capitalista incessante che mette a dura prova le lotte delle soggettività ribelli.
Trent’anni fa a Brescia iniziavano le trasmissioni della radio libera che accompagnò i pochi fermenti antagonisti oltre la cappa repressiva di quei tempi. Intorno a Onda d’Urto si formò una comunità che sarà presenza attiva in ogni lotta sociale, che ha saputo rinnovarsi muovendosi con singolare intelligenza collettiva, che ha fatto della partecipazione orizzontale una forza di relazione. Ora le caratteristiche di questa esperienza vengono raccontate in L’onda d’urto. Autobiografia di una radio in movimento (AgenziaX, pp. 224, euro 15). È un libro ricco di spunti culturali, politici, teorici, sempre accompagnati da una messa alla prova nella prassi delle lotte, una delle peculiarità più significative dell’esperienza bresciana. Il metodo operaista del «dentro e contro» le contraddizioni del capitalismo, viene affrontato, vissuto e comunicato stando «sulla strada», dando voce ai conflitti e tessendone le connessioni. La capacità di fare rete ha arricchito questa comunità di numerose adesioni, come dimostra anche la festa di Onda d’Urto che, iniziata nel 1992, è diventata un appuntamento estivo imperdibile per decine di migliaia di persone.
Onda d’Urto nasce in un momento difficile, a metà degli anni ’80, gli anni del riflusso e del post-fordismo, da un gruppo di attivisti provenienti dall’area autonoma, dalle lotte studentesche, antinucleari e delle occupazioni di centri sociali. La presenza della Radio «in mezzo» al reale ha dimostrato l’efficacia della controinformazione e aumentato gli ascolti con risultati straordinari. Emblematico è stato il caso del «presidio della gru», nel 2010, quando Onda d’Urto ha svolto il ruolo di informazione e di rete solidale con i migranti che per 17 giorni occuparono una gru «35 metri sopra il cielo» per rivendicare che nessuna persona è illegale. Ma non si deve dimenticare che quell’evento molto mediatizzato è stato la continuazione di vent’anni di lotte bresciane a fianco dei migranti, iniziate con l’esperienza di condivisione del quartiere storico del Carmine (che ha impedito in parte la gentrificazione) e continuate con mobilitazioni e occupazioni periodiche.
Nel libro si raccontano altri esempi a proposito della relazione tra rete informativa e solidale che caratterizza la progettualità della Radio, dai giorni del G8 di Genova (dove Onda d’Urto è stata fondamentale per la costituzione del network RadioGap), alla manifestazione antifascista di Cremona, in solidarietà a Emilio Visigalli e al centro sociale Dordoni, alla forte attenzione ai movimenti alternativi internazionali (dall’Europa al Medio Oriente, a Cuba, al Chiapas, al Rojava). Il rafforzamento dei mezzi a disposizione (sito, frequenze, streaming, satellite) ha permesso alla Radio – da sempre autonoma da partiti e spot pubblicitari – di essere seguita ben oltre la Lombardia.
«Sono sicuro che questo libro avrebbe fatto felice Primo Moroni – sostiene Marco Philopat, che ha intessuto il lavoro redazionale – è stata una conricerca e un lavoro di elaborazione delle testimonianze di molti tra coloro che hanno partecipato al progetto della radio. È una miniera di idee e riflessioni per tutte le realtà controculturali che lavorano in territori specifici, ma aperte a un respiro di sovversione globale».
Aggiunge Umberto Gobbi della redazione: «Fin dalla sua nascita la radio si è considerata come un granello di sabbia nell’ingranaggio della costruzione del consenso, una voce per le realtà in conflitto (…) Nel libro la radio si muove come fosse un personaggio reale, creato grazie a un complesso lavoro redazionale, con numerose testimonianze, trasformate dal personale al collettivo, dall’io al noi, fino ad arrivare alla terza persona».
Come scrivono i redattori che hanno raccolto le testimonianze, «L’onda d’urto è un racconto corale: flash, memorie, aneddoti, ricordi sfuocati, tessuti su un telaio di contaminazioni, che riguardano tutti coloro che ambiscono alla trasformazione dell’esistente. Negli anni Ottanta, chi fondò Onda d’Urto aveva chiara la centralità che stava assumendo – con la discesa in campo di Berlusconi – l’informazione, aveva la consapevolezza che fosse ormai diventata uno dei gangli principali del capitale e che porsi su questo piano volesse dire scontrarsi in termini di classe. Oggi più che mai ci sembra importante il dibattito sulla capacità di costruire media antagonisti, in grado di incepparne la riproduzione infinita che oggi viviamo. La radio è uno strumento di aggregazione in grado di rilanciare il conflitto sociale».
Un celebre concetto deleuze-guattariano ci consiglia di non fare la storia ma la geografia, non il punto della situazione ma le linea di fuga che ci permettono la creatività, per non creare dei blocchi che favoriscono il sistema di controllo, per non fissare la territorializzazione che impedisce i divenire. La storia e la geografia dell’avventura di Onda d’Urto e questo libro dimostrano che questo timore non ha ragione d’essere se il sapere è frutto dell’esperienza delle lotte.
Fonte: Il manifesto
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