di Giulio Cavalli
Anche se per un oscuro (ma nemmeno troppo) motivo se ne parla poco gli ultimi giorni sono stati contrassegnati da una serie di arresti che hanno sfiorato (ma nemmeno troppo) le “grandi opere” nazionali da cui in molti hanno munto per la propria propaganda elettorale; chi per farsi sindaco, chi per risultare l’ennesimo uomo del fare e insieme a loro anche una pletora di commissioni, sotto commissioni e paracomissioni antimafia che sono state sventolate come soluzione a tutti i mali.
Da Expo alla Salerno-Reggio Calabria l’Italia scopre di essere sempre quel Paese in cui mafie, corrotti e corruttori riescono sempre a ottenere la propria fetta nonostante gli anticorpi che ogni volta vengono messi in campo per rassicurarci. E proprio poichè si parla di corruzione viene immediato pensare all’Autorità Nazionale Anti Corruzione (autoritaria già nel nome) appassionatamente voluta dal governo e muscolosamente presieduta da Raffaele Cantone. A Cantone, appunto, viene da chiedergli cosa abbia da dirci, Raffaele Cantone, sulle risultanze delle indagini di questi ultimi giorni.
Sia chiaro che qui nessuno crede (nè ha mai creduto) alla favola dell’ennesima autorità come panacea di tutti i mali (anzi su queste pagine abbiamo spesso scritto che ci avrebbe fatto bene un sano realismo al di là dei facili proclami) ma poiché lo stesso Cantone sembra avere accettato un ruolo che ogni giorno è apparso sempre più politico, non disdegnandoci pareri su tutto ciò che avesse lontanamente a che fare con il bene che deve vincere sul male, suona strano questo improvviso silenzio proprio ora che i reati toccano in pieno i mali per cui ANAC è stata istituita.
Forse sarebbe il caso rileggere, insieme alle carte giudiziarie, anche le baldanzose interviste in cui si elogiava un Expo “mafia free” (mentre Nando Dalla Chiesa, poco ascoltato, provava a denunciare che qualcosa non stesse funzionando come avrebbe dovuto) o in cui si annunciava un’Italia “finalmente cambiata”. Sia da magistrati che da politici che da presidenti che da giornalisti sarebbe il caso di mantenere un profilo realista quando si ha a che fare con i problemi endemici di un Paese che con le mafie e la corruzione ha un rapporto storico.
Prospettare soluzioni semplici rischia di essere il trampolino per fragorosi tonfi. E non è un problema tanto del protagonista di turno quanto più per la speranza di un Paese. E la speranza è il capitale umano fondamentale per costruire futuro; per questo andrebbe trattata con cura.
Fonte: Left.it
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