di Massimiliano Mazzanti
Le relazioni industriali sono rilevanti per la transizione verso una green economy per almeno due ragioni principali. Da un lato il conflitto ambiente-occupazione, che risale agli anni settanta, quando spesso i movimenti ambientalisti si trovavano come avversari i movimenti operai, è ancora attuale, ed esacerbato in fasi di recessione con alta disoccupazione. Le politiche e le strategie diventano ancora più miopi, con il rischio di ‘accettare’ ogni tipo di occupazione, senza attenzione alla qualità del lavoro. L’obiettivo delle imprese e delle politiche deve essere invece quello di generare sempre più ‘decent e green jobs’.
Dall’altro, la transizione verso la green economy non può accadere in un vacuum istituzionale. Le politiche impattano su sistemi di capitalismo tra loro diversi (anglosassone, renano, italiano, etc) con modelli occupazionali differenti. L’efficacia delle politiche ambientali e gli effetti su innovazione ambientale e performance economiche migliori, inclusi i nuovi lavori, passa per i modelli istituzionali. Queste aspetti sono rilevanti sia per il mondo della ricerca sia per quello del policy making. Dentro diversi modelli di capitalismo esistono diversi modelli di gestione delle relazioni industriali, tra loro più o meno partecipative e coinvolgenti per sindacati e lavoratori. Modelli diversi che, soprattutto attraverso la gestione della formazione di nuove skills e l’adozione di nuove tecnologie verdi, possono condurci verso la green economy con modalità anche differenti da paese a paese e da regione a regione [Lam, Alice and Marsden, David (2015) Employment systems, skills and knowledge, in Buchanan, John; Finegold, David; Mayhew, Ken and Warhurst, Chris (Eds) Oxford Handbook of Skills and Training, Oxford University Press, Oxford].
Ad esempio, i fondi interprofessionali sulla formazione sono spesso gestiti da tavoli paritetici imprese-sindacati. Inoltre, in modo sinergico alle innovazioni ambientali, si possono sfruttare gli spazi di contrattazione decentrata sui salari per legare premi di risultato individuali e di team all’adozione di innovazioni che migliorino la produttività delle imprese.
In un lavoro preliminare su imprese manifatturiere emiliano-romagnole, in un contesto altamente sindacalizzato e ancora partecipativo, si nota come diversi modelli di relazioni industriali possono legarsi a un’efficace introduzione di innovazioni verdi. Non basta la presenza del sindacato, ma è rilevante come management e sindacato interagiscono.
Il percorso verso un’economia più verde, durante una stagnazione europea causata da politiche fiscali non corrette, richiede dunque ancora di più il recupero di relazioni industriali finalizzate ad incrementare l’innovazione, gli investimenti in capitale umano e la performance economica ed ambientale delle imprese. Occorre uscire dal pericoloso conflitto ambiente-occupazione che spesso ha danneggiato il benessere sociale e la competitività.
Lo studio Towards a green economy through innovations: The role of trade union involvement apre una strada, mostrando come diverse modalità di interazione tra management e sindacati possano portare all’adozione di innovazioni che riducono la CO2 e aumentano l’efficienza nell’uso delle risorse naturali. Relazioni industriali ‘partecipate’, cioè caratterizzate da una contrattazione tra le parti sui temi delle innovazioni, sembrano infatti essere decisive nel caso di innovazioni più complesse come quelle ambientali.
Fonte: Green report
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