di Simone Pieranni
La nuova parola da tenere a mente quando si parlerà di Cina sarà he xin, ovvero «cuore», «nucleo». È la nuova «posizione» del leader incontrastato Xi Jinping all’interno del partito. Al termine del sesto Plenum del diciottesimo comitato centrale del partito comunista, nel documento conclusivo, si specifica che «tutti i membri del partito devono unirsi intorno al Comitato centrale con il compagno Xi Jinping come nucleo». Cosa significa dunque? In primo luogo il Plenum ha sancito una vittoria di Xi Jinping che, già plenipotenziario, ottiene anche questo riconoscimento che in passato era toccato solo a Mao, definito he xin da Deng Xiaoping (che riferì l’espressione anche a se stesso e a Jiang Zemin).
Un attestato storico, dato che il predecessore di Xi, Hu Jintao, era stato appellato solo come «compagno segretario», in nome di una guida collegiale che Xi ha sostanzialmente scaraventato nella cantina della storia. Sbaglieremmo però a considerare questo «attestato» come una sorta di vittoria senza alcuna concessione da parte di Xi Jinping. Nella logica di gestione dei rapporti di potere che avviene in Cina – così come la Cina fa con il resto del mondo nell’ambito della sua diplomazia internazionale – a reggere le relazioni è sempre, infatti, il compromesso. Xi Jinping aveva l’intenzione di vincere ma non stravincere.
Tanto che nel documento conclusivo si ribadisce la necessaria «guida collegiale», a ribadire che all’interno del partito l’ala che gravita intorno al numero uno non è l’unica: altri hanno carte da giocarsi e gli viene riservata la possibiltà di muoversi anche all’interno di una strettoia politica voluta con molta forza dall’attuale numero uno. A Xi interessava ottenere questa posizione per arrivare al rush finale per il prossimo congresso con le armi sufficienti a proporre, probabilmente, un quinquennio in più di governo.
I leader del paese infatti solitamente restano in carica per due congressi, per la durata totale di dieci anni. A metà dell’anno prossimo, come stabilito dal Plenum conclusosi ieri a Pechino, dovranno essere rinnovati i vertici dell’ufficio centrale del Politburo e dovrebbe cominciare a delinearsi la «sesta generazione» dei leader, responsabili della guida del paese dal 2022 in avanti. Il concetto di tempo per i cinesi è diverso dal nostro: Xi Jinping sa che in un anno circa possono succedere molte cose, ma intanto ha messo a segno un punto importante. Il suo nuovo ruolo di «nucleo» potrebbe infatti consentirgli approvazioni e veti finali, anche sul possibile prolungamento tanto del suo regno, quanto di quello dei suoi principali collaboratori.
Il Plenum ha approvato due documenti che vanno nella direzione proposta dalla leadership: uno è relativo alle norme «della vita politica all’interno del partito sotto la nuova situazione» e l’altro è invece collegato alla regolamentazione sulla «supervisione intra-partito».
Come riferito dall’agenzia statale Xinhua, il Partito comunista cinese ha varato anche un piano contro la corruzione finalizzata alle promozioni promettendo di «affrontare con risolutezza i fenomeni di elezioni illecite e di mettere fine alla compravendita di incarichi pubblici o di brogli elettorali». Nel comunicato finale del Plenum di specifica che «la richiesta di una posizione ufficiale, di una onorificenza o di un trattamento speciale non è ammessa sotto qualsiasi circostanza».
Le pratiche di negoziati «con le organizzazioni del partito per garantirsi una promozione o per disobbedire a qualsiasi decisione presa da organizzazioni del Partito sono anche proibite», ha riferito l’agenzia Xinhua.La «disciplina» e soprattutto la «corruzione» diventano dunque motivi di valutazione fondamentale nella possibilità di carriera dei funzionari.
Da quando è arrivato al potere Xi ha dato vita a una campagna anti corruzione violenta, che non ha guardato in faccia nessuno. Di contro però, in un sistema che si basava quasi esclusivamente su mazzette e tangenti, questa politica anti corruzione ha finito per «bloccare» numerosi settori economici del paese, in preda al terrore di finire tra gli «indagati» del team messo in piedi da Xi.
Il numero uno, il «nucleo», dovrà quindi adoperarsi perché, pur sempre sotto il suo unico e imprescindibile controllo, il paese possa rimettersi in moto e compiere definitivamente la trasformazione messa nel mirino dalla dirigenza comunista.
Fonte: Il manifesto
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