di Gianni Montesano
Ingiunzioni, avvisi di garanzia, avvocati, spese esorbitanti e richieste di risarcimento abnormi. Poi l’attesa del processo con l’incubo di una condanna che può arrivare sino al carcere. Il tunnel che vivono i giornalisti querelati prende forma per la prima volta con il dossier elaborato con i dati ufficiali che il Ministero della Giustizia ha fornito ad Ossigeno informazione, l’Osservatorio sui giornalisti minacciati in Italiapromosso da Fnsi e Ordine dei Giornalisti. Nell’ultimo biennio i tribunali si sono espressi su 6.813 procedimenti l’anno, 5.902 procedimenti penali e 911 cause civili. A cui vanno aggiunti 1.300 carichi pendenti.
Il che significa un ritmo di 567 procedimenti al mese, 19 al giorno.
Il 70% dei procedimenti viene archiviato dal Gip. Il 20% finisce in assoluzione o non luogo a procedere, solo uno su nove produce una condanna; ma nel frattempo il cronista (e, quando c’è, anche il suo editore) viene messo sotto pressione.
Ogni anno su 5.902 pronunciamenti penali si registrano 475 condanne, delle quali 320 al pagamento di multe e 155 a pene detentive. Queste ultime non superano quasi mai un anno di reclusione ma, complessivamente, assommano a oltre 103 anni di carcere l’anno.
Questi dati illustrano la sproporzione fra la necessità di difendere l’onorabilità delle persone e l’utilizzo distorto del reato di diffamazione a mezzo stampa che diventa un vero e proprio bavaglio.
Molte istituzioni internazionali hanno parlato di un «effetto raggelante» per i giornalisti che, o nel timore delle querele, o nel timore di subire altre condanne, si autocensurano, o si occupano di altro. Se ne è discusso a Roma nel corso della «giornata Onu per lo stop ai reati contro i giornalisti» svoltasi al Senato e organizzata da Ossigeno.
Le richieste di risarcimento sono abnormi: una media di 45,6 milioni l’anno. U
na cifra enorme che ha un effetto pesante per le aziende editoriali. Mentre i giornalisti italiani querelati spendono ogni anno almeno 54 milioni di euro per sostenere le spese di difesa legale. Una tassa per dimostrare la propria innocenza che nella maggior parte dei casi si scarica sulle loro spalle vista la crisi del settore e l’aumento di freelance e precari non tutelati.
Per Alberto Spampinato, direttore di Ossigeno, «Bisogna mettere fine a questo e introdurre modifiche legislative: in primo luogo abolire il carcere e depenalizzare il reato di diffamazione a mezzo stampa».
Il rapporto completo su www.ossigenoinformazione.it
Fonte: Il manifesto
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