di Teodoro Andreadis Synghellakis
Il Consiglio di Stato ellenico ha bocciato la riforma del sistema radiotelevisivo voluta dal governo di Alexis Tsipras. La riforma, che prevedeva quattro concessioni per canali privati a trasmissione nazionale, è stata giudicata anticostituzionale, per la parte che riguarda l’autorità che organizza e controlla l’asta delle frequenze. I giudici hanno ribadito che è prerogativa e diritto esclusivo del Consiglio Nazionale per la Radiotelevisione, a cui non si può sostituire il governo greco, come era invece successo a fine agosto scorso.
La questione è tanto complicata, quanto importante. A conclusione della gara, quattro magnati privati si erano assicurati le licenze di trasmissione, offrendo allo stato greco 255 milioni di euro. Dalle concessioni, tuttavia, erano rimaste escluse televisioni già presenti sul mercato, tra cui Alpha e Star. Il governo Tsipras, per mezzo del ministro alla presidenza Nikos Pappàs, ha sottolineato che la procedura per una «spartizione legale dell’etere» era l’unico modo per porre fine a quasi tre decenni in cui il quadro legislativo era nebuloso. Sino ad ora, infatti, le licenze dei canali privati venivano rinnovate di anno in anno, con un ritorno economico minimo per lo stato. Dall’asta organizzata a fine agosto sino ad oggi, tuttavia, gli imprevisti sono stati molti: l’imprenditore Kalogritsas, ritenuto vicino alla sinistra greca, ha dovuto rinunciare alla frequenza che si era aggiudicato, poiché le garanzie economiche presentate in un primo momento, sono state poi giudicate inadeguate. Le tv rimaste senza concessioni hanno accusato il governo di minare il pluralismo, e gli imprenditori vincitori dall’asta, a settembre hanno versato la prima rata allo stato greco, che ammonta a un terzo del totale.
Ora il governo deve rivedere in parte la sua strategia, ma il ministro Pappàs ha fatto già sapere che non intende fare marcia indietro. Si sta preparando una nuova legge-ponte, in base alla quale i canali tv già esistenti e i magnati che vogliono crearne di nuovi, dovranno rispettare precisi standard e regole: a partire dal numero dei lavoratori, che dovrebbe arrivare almeno a quattrocento, sino alla forte presenza di trasmissioni di informazione nella programmazione. Ma il punto principale a cui il governo di Syriza non vuole rinunciare, è la possibilità di far pagare a tutti i proprietari di tv private, una cifra importante per la concessione delle frequenze. Bisognerà vedere se si arriverà ai 255 milioni di agosto, o se ci si dovrà accontentare di una somma più bassa.
Probabilmente la storia non finisce qui e ci potranno essere altri ricorsi e controricorsi, con lo scopo di bloccare l’entrata in vigore di nuove leggi. I rapporti tra l’esecutivo e il Consiglio di Stato sono piuttosto tesi e la portavoce del governo, Olga Jerovassili, non ha rinunciato a ricordare che «si tratta degli stessi giudici che avevano dichiarato costituzionale la chiusura della tv pubblica Ert nel 2013 e la firma di tutti i memorandum di austerità». Tsipras, ora, dovrà trovare il modo per dimostrare che l’equità sociale passa anche per la questione delle licenze tv, cercando, però, di non esasperare lo scontro. È comunque piuttosto improbabile pensare a elezioni anticipate o a crisi di governo , a causa di mancate, probabili, o future licenze tv.
Fonte: Il manifesto
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