di Roberto Ciccarelli
Nella sua vita precedente Carmen Gutiez faceva l’imprenditrice a Madrid. Era quella che si poteva definire una «storia di successo»: un’impresa di consulenza sulla formazione che dava lavoro fino a 300 persone, una casa in centro a Madrid il cui valore è stato calcolato intorno al milione di euro. Oggi ha più di cinquant’anni, è una madre single, e la sua vita è cambiata radicalmente, come mai avrebbe potuto immaginare. Carmen colloca l’ora X nella crisi del 2008. Da quel momento le cose sono andate peggiorando, al punto che ha dovuto chiudere l’impresa, Alla lunga i risparmi sono finiti e Carmen non è riuscita a pagare il mutuo e le bollette.
«In Spagna, come anche voi in Italia, agli imprenditori e ai freelance non viene riconosciuto un sussidio di disoccupazione», ci racconta a Roma dopo un intervento in un workshop sui movimenti antigentrificazione e per il diritto all’abitare.
«In Spagna, come anche voi in Italia, agli imprenditori e ai freelance non viene riconosciuto un sussidio di disoccupazione», ci racconta a Roma dopo un intervento in un workshop sui movimenti antigentrificazione e per il diritto all’abitare.
Questa è la storia comune di molti professionisti del ceto medio alto, e basso, travolti nel paese iberico dall’esplosione della bolla immobiliare e dalla crisi economica. Come loro, milioni di spagnoli in condizioni sociali molto distanti. La crisi è interclassista e non guarda in faccia nessuno. «Ero a casa nel 2015 – ricorda – Cercavo lavoro sul mio pc e qualcuno bussa alla porta. Era la polizia e l’ufficiale giudiziario, dicono che vogliono sfrattarmi. La banca voleva la mia casa dopo avermi preso i risparmi».
Nella concitazione, Carmen riesce a ottenere una settimana di tregua. Il tempo necessario per contattare lo snodo locale della Plataforma de Afectados por la Hipoteca (Pah) di Madrid Centro, snodo del movimento perla casa e contro gli sfratti che in Spagna ha raggiunto una straordinaria ramificazione e partecipazione politica al punto da avere espresso anche la sindaca di Barcellona, Ada Colau. Quello di Carmen è diventato un caso nazionale quando il movimento si è mobilitato. Su twitter viene lanciato l’hashtag: #CarmenSeQueda, Carmen non se ne va, resta qui. Uno slogan usato molte altre volte.
La Pah usa anche un altro slogan, mutuato da quello italiano da una definizione dello storico dell’arte e sindaco della Capitale Giulio Carlo Argan: «Roma è una città di gente senza casa e di case senza gente». Sugli striscioni usati durante i picchetti nella negoziazione tra la Pah di Madrid e la banca «La Caixa» ne è stato mostrato uno con la traduzione in spagnolo: «ni gente sin casa, ni casas sin gente» con il simbolo della Pah e quello internazionale: «Stop evictions», cioè «Stop sfratti», «stop desahucios».
«Adesso vivo con un salario minimo di 426 euro mensili, in Spagna esiste e mi arrangio». La sua nuova vita è quella dell’attivista per il diritto all’abitare. Fa la social media manager del movimento, partecipa ai picchetti anti-sfratto, gira la Spagna e l’Europa e fa politica. «Ogni volte rivivo quel momento dello sfratto, non voglio che altre persone lo vivano. Non è giusto – racconta – I miei genitori sono morti, con la Pah ho scoperto un nuovo modo di creare una famiglia. è come riscoprire l’amicizia con il mondo. Ho scoperto la sensazione che ti dà una forza collettiva, insieme a persone molto diverse».
La Pah, nata nel 2009, è una delle più potenti espressioni di quel movimento di massa che è stato il 15M spagnolo nel 2011. Oggi è impegnata nella campagna per una legge sulla casa nella Madrid governata da Manuela Carmena. Una proposta di legge di iniziativa popolare è stata respinta dal parlamento. «Questa è una nuova opportunità per me – sostiene Carmen – non siamo soli e posso lavorare per gli altri».
Fonte: Il manifesto
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