di Lorenzo Carchini
Linguadoca-Rossiglione, villaggio di Saint-Bauzille-de-Putois, in Hérault. Le prime testimonianze di questo ridente paesino risalgono al 999, alla fine dell’epoca carolingia, sotto il nome di Villa Pedoxinis, il nome attuale deriva dalla costruzione di una chiesa dedicata al santo, intorno al 1218. Fu intorno ad essa che si creò un sagrato e una serie di casette che costituirono il centro del borgo. Durante le guerre di religione, il paesino fu un rifugio per protestanti e sacerdoti nelle vicine grotte di Thaurac e Mount Saint Mécisse.
Con la rivoluzione, il grido anticlericale arrivò fin qui, a Sud, ed il nome del santo venne cancellato in favore di Bel-Hérault; nell’anno II, i cittadini si riunirono nella “Società degli Amici della Costituzione”. Il resto della sua storia ha molto in comune con le nostre realtà rurali: l’esodo verso la vicina Montpellier e la progressiva perdita della cultura contadina locale.
Un paese lontano dalle cronache nazionali, dalla modernità e certamente dai grandi circuiti migratori. Eppure, dopo una settimana di polemiche, nella cittadina di Sant-Bauzille-de-Putois, il sindaco Michel Issert (LR) ha annunciato le dimissioni, venerdì scorso, dopo che era stato chiamato ad ospitare 87 migranti dalla Giungla di Calais, a partire da Novembre.
Dal momento in cui nell’ufficio del sindaco è arrivata a Settembre una chiamata del sottoprefetto di Lodeve, per avvertire di questo imminente arrivo, il sindaco di questa cittadina di 1.861 abitanti, situato a circa 30 km da Montpellier, era furioso: “Siamo indignati di apprendere queste notizie senza previa consultazione”.
Il sindaco ha chiesto al prefetto di rivedere la sua decisione. “Siamo una terra di accoglienza e accettiamo di discutere con i servizi di prefettura a condizione che il prefetto non ci imponga un diktat; 87 migranti, è una cifra esorbitante per una città come la nostra”.
La risposta del gruppo SOS, incaricato di trovare strutture d’accoglienza per i clandestini, la situazione era stata regolarmente valutata da tutti gli attori mobilitati, al fine d’individuare i siti più adatti “per la creazione dei centri di accoglienza ed orientamento (CAO)”.
Saint-Bauzielle-de-Putois è soltanto uno dei paesi della provincia francese che ospiteranno i migranti sgomberati dalla Giunga di Calais. E non è l’unico caso in cui il provvedimento ha suscitato pesanti polemiche. Allex, Saint-Denis-de Cabanne, Saint Brevin. In tutto quell’universo a sé stante, in cui spesso il tempo sembra si sia fermato ad un secolo fa, i residenti hanno protestato contro la distribuzione dei migranti nel loro comuni.
Richieste referendarie, proteste, violenza: la distribuzione programmata di migranti ha provocato un’impennata di malcontento verso un piano giudicato arbitrario ed imposto senza il consenso degli abitanti.
Allex, Auvergne-Rhone-Alpes, 20 km da Valence, paese montano di circa 2.500 abitanti; tra X e XV secolo centro del priorato dell’Ordine di S. Agostino e nel luglio del ’44 eroicamente accolse un paracadutista. Piuttosto lontano da Allex, si situa il catello Pergaud, costruito agli inizio dell’800, appartenuto alla famiglia Thomé, legata alla città anche politicamente (un sindaco nel 1837). Nel 1997, il Comitato d’Igiene Sociale approvò la nascita del progetto “Regain”, trasformando il castello in un centro per la sistemazione ed il reinserimento sociale per alcolisti. Dopodiché ha ospitato l’Associazione diaconale protestante, con alloggi sociali per adulti e famiglie in difficoltà.
Intorno a Settembre, con la notizia dell’arrivo di 50 persone da Calais, il sindaco aveva indetto un referendum locale circa l’attuazione del piano di accoglienza nel suo comune. Ad inizio Ottobre, il tribunale amministrativo di Grenoble ha giudicato la consultazione “illegale”, perché il rifugio di emergenza non è prerogativa comunale, ma statale, ed l’Hotel de Ville non può rivendicare il diritto di un referendum sul tema. I rifugiati troveranno così albergo proprio nel castello Pergaud, che già ha le strutture preposte all’accoglienza.
Saint-Denis-de-Cabanne è un piccolo paese di 1.284 anime situato nella Loira. Una mera locuzione geografica, Grand Vie e Hotel de Ville, un bar alla vecchia maniera, un panettiere e un macellaio. Là vicino si trova il Castello Gatelier, di un privato, risalente al XVI secolo ma recuperato nel XIX, con un mulino ed un ponte sul Sornin. Da Novembre, questo paese ospiterà in un villaggio vacanze decine di migranti dalla “bidonville calaiseien”. Una situazione che ha scatenato le ire del segretario locale del Fronte Nazionale, Nicolas Bay che ha denunciato “queste accoglienze forzate a danno dei contribuenti”.
Leggermente diversa la storia di Louveciennes, nell’Ile-deFrance, 7.260 abitanti. Parigi è vicina, e con essa il richiamo della modernità e la “morsa” dello stato centrale. La città la conosciamo soprattutto grazie al Castello vicino, il Palazzo delle Acque, di Madame du Barry. Costruito alla fine del XVII secolo, un capolavoro architettonico ripreso in più epoche. Ordinato da Luigi XIV nel 1684, in prossimità della Senna, deve il suo nome proprio alla vicinanza al famoso fiume. Il palazzo passo dal barone Arnold de Ville alla favorita Madame du Barry nel 1769, per mano di Luigi XV e la struttura fu ingrandita ad opera di Ange-Jacques Gabriel. Finito in mano alla società nipponica Sangyoo, nel 1980, il palazzo tornò in mano francesi nel 1994.
In questi giorni anche Louveciennes è tornata al centro del dibattito, la cittadina sarà l’unica del già traboccante Ile-de-France ad ospitare migranti, con la protesta da parte dei repubblicani locali, che hanno sfilato con 3.000 persone contro l’arrivo di un centinaio di migranti provenienti da Calais. Il centro preposto all’accoglienza è stato dato alle fiamme in una notte di Settembre.
Un altro centro bruciato si trovava a Forges-les-Bains nell’Essonne, in un paese di 3.800 abitanti, oppostisi all’arrivo di 91 migranti. Champtercier, Alpes du Sud, aveva invece proposto il referendum, per sentire il parere dei suoi 820 abitanti circa la creazione di un CAO per un centinaio di ospiti. Altri pasi hanno avuto storie simili, come Sant-Honoré-les-Bains, Ares, Saint-Brevin. Questo è il cosmo della provincia francese e proprio qui, dove il tempo si ferma, le giornate non passano mai, la notte si vedono le stelle ed i castelli hanno proprietari, che l’Europa affronta l’esame pratico dell’accoglienza. Qui dove l’autostrada non passa e devi attraversare le vie del centro, perfetti scenari da film di guerra in bianco e nero, che passa la più grande sfida del XXI secolo: i prossimi cinquant’anni di correnti migratorie.
Fonte: sinistraineuropa.it
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