di Maria Grazia Ciaccio
L’Italia è un Paese sismico, lo sappiamo, ma quanto siamo realmente consapevoli del rischio sismico che viviamo quotidianamente? In Italia, la Rete sismica nazionale (Rsn), gestita dall’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv), ha registrato negli ultimi 35 anni oltre 70.000 terremoti con Magnitudo M maggiore di 2.0: se guardiamo in particolare l’ampia zona dell’Italia centrale che va da Gubbio (Pg) a Sulmona (Aq), possiamo vedere come, in questo arco temporale, si sono attivate 6 importanti sequenze sismiche con mainshocks aventi Magnitudo M>5.0.
L’ultima di queste sequenze è ancora in atto, la stiamo vivendo in questi giorni, e ha avuto inizio il 24 agosto 2016 alle ore 3.36 con un terremoto di magnitudo M=6.0 localizzato in prossimità del comune di Accumoli (Ri) con un’area epicentrale che si estende tra Norcia e Amatrice, al confine tra le regioni Marche, Lazio, Umbria e Abruzzo. Il mainshock è stato seguito, a circa un’ora di distanza da un terremoto di M=5.4 nei pressi di Norcia e a distanza di due mesi (ieri) si sono verificate due forti scosse (M=5.4 ed M=5.9) in un’area adiacente a quella attiva nelle ultime settimane, nei pressi dei comuni di Visso, Castel Sant’Angelo sul Nera e Ussita (Mc).
L’ultima di queste sequenze è ancora in atto, la stiamo vivendo in questi giorni, e ha avuto inizio il 24 agosto 2016 alle ore 3.36 con un terremoto di magnitudo M=6.0 localizzato in prossimità del comune di Accumoli (Ri) con un’area epicentrale che si estende tra Norcia e Amatrice, al confine tra le regioni Marche, Lazio, Umbria e Abruzzo. Il mainshock è stato seguito, a circa un’ora di distanza da un terremoto di M=5.4 nei pressi di Norcia e a distanza di due mesi (ieri) si sono verificate due forti scosse (M=5.4 ed M=5.9) in un’area adiacente a quella attiva nelle ultime settimane, nei pressi dei comuni di Visso, Castel Sant’Angelo sul Nera e Ussita (Mc).
Tutte queste zone colpite da sequenze rientrano in una fascia ad alta pericolosità sismica (definita come la probabilità di un certo valore dello scuotimento del suolo atteso in un sito a causa di un terremoto), fascia che corre lungo l’asse della catena appenninica. La Mappa che descrive la pericolosità sismica del territorio italiano è uno strumento indispensabile per la pianificazione territoriale dei comuni che ricadono in queste zone a elevata sismicità (e non solo).
L’attuale mappa di riferimento, pubblicata nel 2006 sulla base di un documento elaborato dall’Ingv, indica il valore dell’accelerazione massima del terreno che ci aspettiamo di misurare nell’arco di 50 anni in una determinata località a causa di un terremoto, con il 10% di probabilità che quel valore sia superato. Le Norme Tecniche per le Costruzioni, che indicano come bisogna adeguare gli edifici in modo che resistano al terremoto, si riferiscono infatti alla mappa di pericolosità, a oggi l’unico strumento utilizzabile per la difesa del territorio.
Ma qual è la differenza tra pericolosità e rischio sismico?
La pericolosità è solo uno degli elementi che concorrono alla definizione di rischio sismico che è dato dalla combinazione di tre fattori: la pericolosità, la vulnerabilità e il valore esposto.
Il valore esposto è legato alla densità di popolazione, alle infrastrutture e all’insieme delle attività economiche presenti sul territorio, mentre la vulnerabilità sismica valuta la propensione delle strutture a subire danni al verificarsi di un evento sismico. In una zona colpita dal terremoto è infatti facile vedere case che, pur avendo subito lo stesso scuotimento, risultano danneggiate in modo estremamente diverso. Per capire quindi quale sia il rischio sismico a cui è soggetta una certa area bisogna tenere conto di tutti e tre questi fattori che interagiscono l’uno con l’altro. Alla luce di queste informazioni torniamo a oggi e ragioniamo sul rischio sismico delle zone dove è in atto la sequenza sismica.
L’area epicentrale del 24 agosto ricade nella fascia dove (nella mappa di pericolosità) sono massime le probabilità di scuotimenti più forti con valori delle accelerazioni del suolo superiori a 0.25 g (g = 9,81 m/s2, accelerazione di gravità, il valore massimo è 0.3 g), i comuni hanno prevalentemente un edificato con costruzioni in pietrame, o in mattoni e, in misura minore, costruzioni armate quindi, nella maggioranza dei casi, ad alta vulnerabilità e inoltre, soprattutto in estate, sono zone densamente popolate. Il rischio sismico di aree con queste caratteristiche è elevatissimo.
Quante strade esistono per affrontare e ridurre il rischio sismico?
Oggi le conoscenze sia in campo sismologico che ingegneristico sono sufficienti a ridurre l’impatto del terremoto sulle opere dell’uomo, e l’applicazione corretta delle norme indicate dalle leggi è indubbiamente un modo per non farci cogliere impreparati dal prossimo terremoto prevenendone i danni.
A Norcia, al terremoto del 1979, è seguita la ricostruzione con una grande attenzione posta nel consolidamento degli edifici storici e nell’applicazione ai nuovi edifici delle norme antisismiche. Questo (unito probabilmente anche alle caratteristiche fisiche della sorgente del terremoto) ha permesso alle case di Norcia di resistere al terremoto del 24 agosto. Infatti, le prime elaborazioni hanno mostrato che valori più elevati di accelerazione sono stati registrati in un raggio di circa 15 km dall’epicentro alle stazioni di Amatrice, Norcia e Arquata del Tronto, mentre le massime velocità sono state raggiunte proprio alla stazione di Norcia. Come abbiamo visto, però, la risposta dell’edificato in questi comuni è stata molto diversa.
Purtroppo tendiamo a dimenticare il grave rischio a cui siamo soggetti quotidianamente: terremoti come quello di Amatrice non sono eventi occasionali: in Italia, nel passato, ci sono stati anche eventi sismici più forti, ricordiamo Irpinia 1980, Avezzano 1915 e il più forte di tutti, Messina 1908, con le sue quasi 86000 vittime.
La ricerca scientifica, e quindi l’avanzamento delle conoscenze, rappresenta le fondamenta della prevenzione in quanto, quando trasmessa alle istituzioni, dà un importante apporto all’elaborazione di misure antisismiche e scelte urbanistiche e territoriali rispettose dell’ambiente che ci circonda, mentre, se trasmessa alla collettività tramite campagne di sensibilizzazione, contribuisce a creare quella cultura sismica ancora drammaticamente assente. Le istituzioni devono contribuire a rendere i cittadini consapevoli, devono informare.
Un concetto come il rischio sismico andrebbe studiato a scuola, è la scuola che deve insegnare che il terremoto è un fenomeno naturale con cui dover convivere e da cui imparare a difendersi, è da lì che parte tutto, è dai banchi di scuola che nascono futuri adulti consapevoli.
Fonte: Il manifesto
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